Cinque anni dopo

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Il sole filtrava pallido dalla finestra, avevo ancora sonno ma non potevo battere la fiacca. Negli ultimi giorni avevo perso un po' troppo tempo senza far niente andando di bar in bar, o meglio, di taverna in taverna a bere birra fatta in casa e ad ascoltare storie strampalate su come fosse iniziata l'Era del Nuovo Mondo o "Rinascita", così veniva chiamata dalla Chiesa della Luce Viola. Per quanto mi riguardava un nome valeva l'altro, non era importante come veniva chiamata l'epoca in cui stavamo vivendo, l'unica cosa per la quale valeva la pena preoccuparsi era come sopravvivere.


Mi voltai verso il comodino con gli occhi semichiusi e notai le tre monete che mi erano rimaste e lo schermo rotto di uno di quei telefoni che una volta dovevano essere di ultima generazione. Non mi sarebbe valso molto, gli schermi erano una di quelle cose per la quale pagavano una ricettatrice elettronica una vera miseria. Sbuffai coprendomi la testa con il cuscino, la federa profumava di lavanda così intensamente che sembrava avessi in testa un mazzo di fiori invece che un cuscino. Le lavandaie della pensione erano veramente brave a lavare la biancheria e la signora Julie ci teneva veramente tanto che i clienti si sentissero coccolati, per quanto fosse possibile in un rudere di campagna vecchio di duecento anni.

Guardai la meridiana sulla scrivania, quasi l'ora di pranzo. Era già tardi, avrei dovuto lavorare tutta la giornata per recuperare la mattinata di lavoro persa e avrei dovuto continuare almeno per una settimana, data la quantità di monete spese in birra.

Mi alzai e mi diressi verso la stanza da bagno, che ormai era diventata una stanza come un'altra data la mancanza d'acqua in tutti i sanitari, era giovedì quindi niente bacinella d'acqua calda con cui farmi una doccia, mi guardai nel pezzo di specchio che era rimasto attaccato al muro e notai con rammarico mezzo centimetro di ricrescita bionda sulla mia chioma corvina, alzai gli occhi al cielo, chissà quando avrei avuto di nuovo la possibilità di mettere le mani su una di quelle tinte nere che smerciava Louise. Avrei dovuto fare un giro nei mercati di nuova Delt e sperare di incontrarla. Louise non si tratteneva in città per più di una settimana al mese per paura che l'esercito potesse riconoscerla come segnata di classe C e catturarla per esiliarla poi in una delle baraccopoli create appositamente per i segnati come lei.

Alcuni mesi dopo l'esplosione di luce che segnò la fine dell'elettricità e della tecnologia per come la conoscevamo allora, alcune persone svilupparono determinate capacità relative ad uno dei quattro elementi: fuoco, terra, acqua e aria. All'inizio sembrava di vivere in una storia di fantascienza, nessuno si riuscì a spiegare come fosse umanamente possibile che esistessero certi poteri e il mondo entrò nel caos, tutto quello che stavamo vivendo era così surreale che molte persone decisero di farla finita non riuscendo ad affrontare quella che sembrava la fine dell'essere umano per come lo conoscevano. L'anno delle farfalle, perché la gente si buttava in massa dai due palazzi sopravvissuti alla catastrofe nel centro della città, e guardando da lontano si potevano intravedere soltanto i vestiti che cadevano verso il suolo, colorati e svolazzanti come ali di farfalla.


I segnati, così chiamavamo quelli che avevano sviluppato dei poteri, non erano però tutti sullo stesso piano: la maggior parte aveva un accesso piuttosto leggero ed involontario al proprio potere, una parte aveva un controllo pressoché normale del proprio elemento mentre altri, una piccola elité di persone, poteva vantare un controllo totale e una padronanza al limite dell'inimmaginabile. La classe C, la classe B e la classe A.

Poi c'eravamo noi, noi non segnati, gli unici ad avere il diritto a vivere la nostra vita come volevamo noi, gli unici ad avere il diritto di poter fare la nostre scelte.

Mi legai i capelli che ormai arrivavano in fondo alla schiena, mi misi un paio di jeans nero slavato, la prima maglietta pulita nel mucchio ai piedi del letto e un paio di stivali al ginocchio.

Presi la mia borsa di tela e ci infilai dentro le monete e il pezzo di schermo, alzai il materasso ed estrassi il coltello in dotazione all'esercito che avevo rubato ad un militare un po' troppo alticcio per essere in servizio. Mi diressi verso l'angolo cottura, presi il mazzo di chiavi che lasciavo ogni sera nel lavandino e aprii gli otto lucchetti che avevo montato come protezione aggiuntiva all'interno della mia porta. Uno schermo rotto valeva poche monete, ma poche monete erano abbastanza per non risvegliarsi il giorno dopo.

Chiusi la porta alle mie spalle -Eva! — Sentii urlare infondo al corridoio — Ma lo sai che ore sono? Non avevi detto che oggi ti saresti data da fare?

-Lascia stare Jas, avevo sonno, mi dovrò procurare una sveglia la prossima volta che faccio un giro in città.

Jasmine mi guardò un po' accigliata. -Beh penso che per un po' di tempo per quelli come noi sia meglio non avvicinarsi a Nuova Delt.

Corrucciai la fronte. -Cosa intendi? Siamo delle non segnate che problema dovremmo mai avere...

-No non intendo per quello — abbassò la voce — intendo per chi fa dei mestieri non propriamente autorizzati, tipo me e te, sai cosa intendo.

Mi poggiai alla parete con noncuranza. -Jasmine, sei sempre stata troppo ansiosa, abbiamo dei documenti falsi e poi quelli dell'esercito non stanno a preoccuparsi troppo dei non segnati.

Jasmine si guardò intorno, quasi temendo che qualcuno potesse ascoltarla.

-Infatti non mi preoccupo dell'esercito, ma dei censitori, quelli un documento falso lo sanno riconoscere col naso, mica con lo sguardo.

Strabuzzai gli occhi -I censitori sono in città? E perché non ne sapevo nulla?

-E' una notizia fresca fresca di mattinata, me lo ha fatto sapere la Signora Julie in privato.

Iniziai a sudare freddo -E come mai lo so solo adesso? Non potevi dirmelo prima?

-Rilassati Ev, adesso sei tu che sei un po' troppo ansiosa, l'importante è non avvicinarsi alla città, lo sai.

-Lo so, ma so anche cosa fanno a chi ha cambiato identità dopo il primo censimento della popolazione.

Jasmine sospirò -E' vero, ma dobbiamo restare calme, non ha senso farsi prendere dal panico, l'importante è non dare troppo nell'occhio e mantenere un profilo basso.

-Hai ragione — dissi con poca convinzione — devo stare calma.

Jasmine sorrise -Esatto, adesso vatti a guadagnare la pagnotta che da quello ricordo non sei messa molto bene.

-Fatti gli affari tuoi — dissi tirandole una manata sulla spalla — e pensa alla tua di pagnotta, da quello che so c'è molta concorrenza nella vendita di tabacco.

Jasmine mi fece un gestaccio e andò verso la sua stanza.


Non ero per niente tranquilla, quella notizia non ci voleva. I censitori erano capaci di cose orribili a chi aveva osato cambiare identità dopo "Il primo censimento per il regolare controllo della popolazione" e io non avevo nessuna intenzione di capitare fra le loro mani, tanto meno di tornare ad essere la vecchia Anna, studentessa al primo anno di medicina e orfana di entrambi i genitori a causa dell'esplosione di luce viola.


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Non so ancora bene come funziona wattpad, ma se a qualcuno fosse arrivata la notifica che ho modificato il capitolo chiarisco, ho solo aggiustato leggermente la punteggiatura nei dialoghi :) Essendo un po' arrugginita mi ero scordata un paio di regole ^^""

La luce violaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora