Capitolo diciasette

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William's Pov

Stavo parlando con alcuni conoscimenti, quando vedo Anastasia dirigersi verso il bar e mettersi a parlare con un omino, non proprio in forma che riconoscono come, Orlando Pitt. Un giornalista di mezza età che ci provava con le ragazzine che hanno metà dei suoi anni... E che io avevo chiesto espressamente di non far più entrare dentro. Al. Mio. Locale.
Mi avvicino a Lorelay, una delle coproprietarie.
<<Perché Pitt è al nostro locale?>>
Lorelay lo guarda dispiaciuta, poggiandoli una mano sulla spalla.
<<Lo sai, non possiamo mandarlo via, senza un mandato di restrizione, se non abbiamo un motivo serio>>, sento la rabbia cresce, anche se sapevo che Lorelay aveva ragione.
<<Qualcosa di serio, del tipo?>>
La vedo immediatamente scattare verso il bar, gridando <<Tipo questo, cazzo!>>
Spostando gli occhi, cerco impaurito Anastasia al bar, sapendo che si trovava vicino al quel verme, e le mie paure più nascoste, che gli possa mai capitare qualcosa per colpa mia, si avverano sotto ai miei occhi: la mia Anastasia, la mia dolce, piccola e innocente Ana è semi svenuta a terra, con quel lurido ciccione addosso, mentre cerca di bloccarla sotto di se, per farle solo Dio sa cosa. E in quel momento sento la rabbia montare come un vulcano, che instancabilmente erutta.
Mi lancio su di lui, iniziando a capirlo; volevo massacralo.
<<Maledetto! Come hai osato toccarla! Anche solo sfiorarla! Stronzo! Io ti uccido!>>
Frasi sconnesse uscivano freneticamente dalle mie labbra, mentre i miei pugni si abbattevano sulla sua carne flaccida.
<<Basta! Per favore! Basta!
Perdono!>>
Ma in quel momento io non sapevo nemmeno cosa significasse la parola 'perdono' ero in un mondo a luci rosse, dove il mio unico scopo e inclinazione era uccidere quell'uomo.
Per fortuna, arriva James; il ragazzo di Lorelay e terzo proprietario del locale che afferrandomi da sotto le ascelle mi blocca gli avranbracci, impedendomi di continuare a menare il bastardo sotto di me.
<<Lasciami! Lo voglio uccidere questo bastardo! Lasciami!>>
James mi trascina letteralmente via dal corpo tremante del giornalista.
<< Shh, calmo. Non hai bisogno di questo, adesso. Anastasia ha bisogno di te.>>
Mi stacco dal corpo caldo di James cercando Anastasia freneticamente intorno a me.
<<Dov'è? James dov'è?>>grido incominciando nuovamente ad andare nel panico.
<<Calmati è in ufficio. Vai, vai da lei.>>

Non mi volto nemmeno una volta indietro, per scoprire cosa ne sarà di Pitt, la mia salvezza, il mio amore, la mia amica, la mia àncora aveva bisogno di me, e io dovevo assolutamente esserci.
Poi la punirò per bene, per avermi fatto prendere un simile spavento.

Busso piano alla porta dell'ufficio, sentendo attraverso la porta un chiacchiericcio stentato.
<< Lorelay?>>
Immediatamente viene aperta da una Lorelay sorridente e al col tempo preoccupata.
<< Ehi, entra. Anastasia si è svegliata>>, mi dice prendendomi con un mano la manica della camicia per spingermi dentro.

Mi guardo intorno, scoprendo la mia Anastasia raggomitolata, come un gatto, sopra le coperte.
Aveva gli occhi socchiusi, appesantiti per la stanchezza, anche se ancora rossi e pieni di lacrime.
Appena mi vede le inizia a tremare il metto e le labbra, spingendomi a inginocchiarmi davanti a tale perfezione.
<< Tesoro>>
<< Will, quel-quell'uomo voleva farmi del male, i-io non mi sono ac-corta che mi ha messo qualcosa nel
B-bicchiere!>>
Mi avvicino per prenderla tra le braccia, cullandola piano.
<< Lo so, Shh, lo so. È tutta colpa mia, tu non ne hai nemmeno un po'.>>
La dolce Anastasia si stacca dal mio petto, con un cipiglio deciso, anche se ancora le labbra tremanti, era così dannatamente forte.
<< Non è stata colpa tua William, non sentirti colpevole solo perché il locale è tuo...>>
Io scuoto la testa testardo, consapevole che avevo ragione e che era tutta colpa mia.
<< Invece è colpa mia, maledizione, il locale è mio! A prescindere che sia tu, se fosse capitato a qualche altro cliente? Non ci posso nemmeno pensare...>>
Questa volta è Anastasia che mi culla tra le sue braccia, consolandomi.
<< Lo so, fa paura essere ricoperti da tante responsabilità, ma tu te la cavi benissimo.>>
Credo di averla guardata con gratitudine, in quel momento.
<< Puoi passare un po' di tempo con Lorelay? Devo parlare con la polizia per un mandato di restrizione...>>
Anastasia che non mi da tempo di finire a parlare che mi si stringe ancora di più addosso.
<< No, ti prego non mi lasciare, ho bisogno di te>>, e senza volere sento il cuore gonfiarsi di gioia.
<< Non ti lascerò mai.>>
Rimaniamo abbracciati per un tempo che mi pare infinito, fino a quando non sento Anastasia addormentarsi dolcemente sulla mia spalla.
Comprenda con una coperta, contro l'aria fredda newyorkese, la porto oltre la soglia del locale.
Probabilmente con il notevole sbalzo di temperatura Ana si sveglia, stringendosi a me, portandosi le ginocchia al petto.
<< Dove stiamo andando?>>
Le passò una mano fra i capelli rossi.
<< In macchina, fra poco ti riporto a casa.>>
<< No, no!>>, mi blocco, perché no?
<< N-non voglio che mi vedendo così, ti prego portami da qualsiasi altra parte ma... Non a casa mia.>>
Incomincio a ricamminare, tirando le chiavi della macchina fuori dal taschino della giacca.
<< Allora andiamo a casa mia>> dico, poggiando Anastasia nel sedile affianco al mio.
<< A casa tua? Davvero?>>
Mi chiede ancora la mia dolce Ana, con gli occhi pieni di speranza e le guance rosse, in preda al l'entusiasmo.
Avrei tanto voluto dare un bacio a quelle labbra carnose, ma ancora pallide per lo spavento; le avrei morse tutte, fino a farle diventare di un rosso scuro.
<< Si, ora però smettila di guardami in quel modo.>>
Gli occhi verdi si spalancano.
<< In quale modo?>>
<< In un modo che mi fa salire la voglia di baciarti tutta, smettila.>>
Vedo lo shock cambiarle i lineamenti del voto, seguito a ruota dall'imbarazzo che le imporpora ancora di più le gote.
<< Io...mi dispiace, ma sei davvero uno schianto con quel completo, stasera.>>
Le lancio un'occhiata, mordendomi il labbro inferiore: un brutto vizio che avevo fin da piccolo quando, che avveniva particolarmente quando ero inquieto, o impaurito; ricordo che una volta lo avevo mordicchiato fino a far uscire il sangue.
<< Grazie mille, conta tanto per me il tuo pensiero, Anastasia.>> gli rispondo, finalmente; mentre allungo la mano per accendere la radio. Della musica classica si diffonde per l'auto, rilassando l'atmosfera.
<< William, e se Dylan scoprisse di questa cosa?>> mi chiede un Anastasia impaurita e atterrita.
<< Non lo scoprirà, non ti preoccupare di questo, tu ne devi solo godere. Lascia la parte pesante a me.>>
Sento un suo sospiro, appannare il finestrino.
<< Grazie Will, mi sento in paradiso senza tutte queste preoccupazioni.>>
Prima che possa risponderli, parcheggio la macchina nello spazio a me riservato.
<< Abiti qui?>> mi chiede Anastasia, indicando il grattacielo brillante sotto le luci della città.
<< Si, ho l'attico.>>
Ride divertita. << Non me ne stupisco>>
Le appoggio la mano sulla parte bassa della schiena sospingendola.
<< Buonasera signore, signora.>>
<< Buonasera a lei, George.>> rispondo all'addetto del grattacielo.
<< Carino quel George.>> mi bisbiglia Ana nell'orecchio dentro l'ascensore.
Ringhio, premendola contro la parete dell'ascensore.
<< Sei mia.>> inizio a baciarlo, facendo scorrere la bocca sul suo collo.
<< Anche tu, anche tu sei mio.>>
Si ero suo, lo ero sempre stato.
La stavo per baciare in bocca, quando le porte dell'ascensore si aprono suo salotto di casa mia.
Anastasia si stacca da me un po' barcollante.
<< Questa è casa tua?>>
<< Sì.>>
La prendo per mano, intrecciando le dita, iniziando a condurla verso la mia camera.
<< Questa è la tua camera?>>
<< Si...>> le rispondo mostrandole la mia camera da letto, sui toni del legno scuro e del rosso bordeaux.
Attendo che Anastasia si sia seduta sul letto prima di aprire un anta scorrevole dietro l'armadio.
<< Che cazz-?>> inizia Anastasia, ma io non la faccio finire.

<< Benvenuta nel mio mondo piccola.>>

~Autrice:
Ecco il capitolo nuovo, spero che vi piaccia.
Aspetto i vostri commenti e le vostre stelline.⭐️💬
Al prossimo capitolo!:)

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