CAPITOLO 9: IL MOSTRO

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"Che fai, esci prima del solito perché è venerdì?" la voce scherzosa di Gilberto lo fece voltare sulla soglia dell'ingresso principale del palazzo della Proxime. Era una serata di pioggia e Aurelio guardava sconsolato la sua auto parcheggiata dall'altro lato della strada. "Sono quasi le 18,30, Gil. Mi sembra un orario normale per tornare a casa".

Gilberto annuì, osservandolo di sottecchi. Aurelio rientrò nell'androne: "Vogliamo aspettare che spiova?" e sorrise all'amico. "La vedo difficile, le previsioni sono pioggia per tutta la notte. Dovrai rassegnarti a bagnare il tuo bel completo.".

Moroni vestiva in modo più sportivo di lui e indossava una giacca impermeabile, quindi si divertiva a prenderlo in giro.

"Sai" riprese Gilberto con aria volutamente indifferente: "Lianna e Cinthia si sono sentite al telefono, dopo la cena di qualche giorno fa. Mia moglie non vede l'ora che tu smetta di essere il caro amico single per organizzare delle belle uscite in doppia coppia.". "Lo immaginavo" si mantenne vago Aurelio, sbirciando con aria mesta il cielo sempre più scuro.

"Io non ci tengo affatto, invece. Mi piace passare le serate con mia moglie e vorrei che fossimo soli per", il tono di Gilberto si fece più basso e sollevò un sopracciglio: "concentrarci sulla nostra decisione di avere un bambino".

"Ok, non voglio sentirlo, Gil." Aurelio si allontanò con aria infastidita. L'amico rise, poi riprese: "Comunque, da quello che mi dice Cinthia la tua cara Lianna è molto presa da te ma ti vede distante, beh più del solito". "Non capisco, io sono sempre lo stesso" Aurelio alzò le spalle, ma Gilberto si avvicinò e lo fissò in viso: "Ascolta, io ti sono amico e ti capisco, credimi. Prima di legarti ad una donna per la vita, hai bisogno di, diciamo, divertirti un pò, fare esperienze.".

Aurelio cercò di dire qualcosa, ma Gil lo zittì deciso: "Non vuoi dirmi con chi vai a letto e ci sta". "Gil, davvero, basta ora" Aurelio si sentiva in imbarazzo a trattare quell'argomento nel mezzo di un luogo pubblico.

"Non negherò di essere curioso ed un pochino offeso, dal fatto che non ti fidi di me abbastanza", Gilberto fece qualche passo in giro, poi tornò verso l'altro: "Ma la cosa importante che devo dirti è che devi stare attento. Attento a non rovinarti la vita, ma soprattutto a non ferire delle brave persone. A non ferire Lianna o Cinthia o questo amico di cui non ti fidi".

"Io mi fido di te, Gil. Credimi" Aurelio disse con aria seria: "Non voglio coinvolgerti, solo questo. Non farei mai del male a Lianna.": "Mi fa piacere sentirlo" sorrise Gilberto, imboccando l'uscita in un momento di pausa nella pioggia.

"Ma ci sono cose, dentro ognuno di noi" Aurelio sussurrò, sapendo che l'altro non poteva sentirlo: "Cose che non possiamo controllare, cambiare o ignorare.".

Aurelio fermò l'auto prima di arrivare a casa, la pioggia battente picchiava sul tettuccio e si fermò in un parcheggio, spense il motore sospirando. "Ho bisogno di vederti" ripeteva tra sé: "Ho bisogno di vederti", prese il telefono. Malic rispose al terzo squillo: "Dimmi". "Ho bisogno di vederti", quando non ottenne risposta aggiunse: "Veramente, ho bisogno di vederti". Un respiro profondo, Malic sembrava indeciso: "Sto lavorando, raggiungimi qui, sono al piano di sotto a destra del montacarichi" e riagganciò.

Aurelio tirò un sospiro di sollievo, poi sorrise al pensiero di vederlo.

La pioggia cadeva incessante quando l'uomo parcheggiò, ma non gli importava. Scese dall'auto ed entrò dalla porta laterale del fabbricato, si scrollò la pioggia dall'abito e si guardò intorno, alla ricerca della porta di cui aveva parlato Malic. Notò una piccola porta con un vetro nella parte superiore e si avvicinò. Anche se era chiusa, attraverso il vetro vide degli strumenti: tastiere, chitarre, dei microfoni. Bussò alla porta e ci volle un po' prima che venisse aperta. Aurelio sorrise a Malic che gli aprì con al collo delle pesanti cuffie professionali. "Sei un musicista?" gli chiese interessato, l'altro scosse la testa con un sorriso triste: "Non sono abbastanza bravo. Lavoro solo agli arrangiamenti di brani di altri". Riponendo le cuffie, Malic chiuse a chiave la porta e si diresse verso il montacarichi, Aurelio lo seguì cullato dal suono ormai familiare che faceva quando camminava. Quel leggero fruscio della gamba sinistra, in leggero ritardo rispetto all'altra. Era come se ostentasse volutamente ogni suo difetto, invece di nasconderlo. Come se sfidasse gli altri a dire qualcosa, sbattendogli in faccia quello che era senza nascondersi, quasi fiero di mostrare come fosse differente.

Quando giunsero all'appartamento di sopra, Malic si voltò verso Aurelio con aria interrogativa. "Mi manchi, non ci vediamo da giorni" disse semplicemente l'uomo, lo sguardo a cercare gli occhi scuri dell'altro. "Ti sei bagnato i vestiti" osservò Malic, indifferente alle parole: "Vai nel bagno ad asciugarti o ti ammalerai.".

Con un cenno del capo ed un sorriso, Aurelio si diresse verso il bagno.

Quando ne uscì, poco tempo dopo, trovò Malic seduto sul divano, indossava solo un'ampia camicia blu notte e sedeva con le gambe sollevate. Sorseggiava un liquido ambrato, in un grosso bicchiere di vetro. "Whisky?" chiese Aurelio fermandosi di fronte al divano e sorridendo con dolcezza al giovane.

Malic fece cenno di offrirglielo, ma Aurelio scosse la testa e si sedette su una sedia, il più vicino possibile al divano. Finito di bere, Malic poggiò a terra il bicchiere e si sporse verso l'uomo, catturando le sue labbra in un bacio lungo e profondo, che lasciò Aurelio senza fiato. "Ti amo così tanto" sussurrò Aurelio quasi disperato.

Malic lo guardò con aria infastidita, un sorriso quasi derisorio: "L'amore? E' come il mostro di Loch Ness, non illuderti. Tanti ne parlano, ognuno ha le sue teorie. Ma nessuno, in fondo, crede veramente che esista".

"Non puoi pensare che l'amore sia un mostro mitologico" obiettò Aurelio sedendosi vicino a lui, Malic spostò leggermente le gambe per fargli posto, coprendo quasi automaticamente una cicatrice sulla gamba sinistra, che sbucava dalla lunga camicia.

Aurelio si avvicinò lentamente, studiando il volto pallido e delicato ma dallo sguardo così tagliente, le labbra che recavano ancora tracce del lucidalabbra argentato che doveva aver messo ore prima, quasi con deferenza gli sfiorò il lungo collo con un bacio. "Quello che provo per te, non esiste? Come puoi dirlo?"

Malic fece un sorriso amaro, trattenendolo contro il suo collo: "Quello che provi è desiderio, Aurelio. Chiamiamo le cose con il loro nome".

Aurelio, lo fissò confuso, sollevandosi leggermente, ma rimanendogli vicino.

"Il desiderio, la passione, la voglia di possedere l'altro, non sono certo un nobile sentimento. Solo una scusa, per avere potere sull'altro. Ti amo quindi sei mio: il mio ragazzo, la mia ragazza. Se stiamo insieme dormiamo insieme, mangiamo insieme ed usciamo sempre insieme. Cosa ti sembra?".

Parlava in tono calmo, tranquillo, gli occhi fissi in quelli dell'altro: "Io ho scelto di essere libero, fare ed essere ciò che voglio. Questo tuo desiderio, equivale troppo spesso a pretendere di possedere una persona, di controllarla".

"Io non ti chiedo di essere nulla di diverso" sussurrò Aurelio, sfiorando con aria assorta i bottoni della camicia dell'altro: "Io amo ciò che sei, come sei. Così libero, diretto, senza ipocrisie e senza finzioni. Solo quando sono qui con te, anche io sento di essere veramente me stesso".

"Ma noi non stiamo insieme, Aurelio" lo rimproverò Malic, alzandosi dal divano lentamente. I piedi nudi bianchi e magri, spiccavano sul pavimento scuro. Cercando sul tavolo il suo accendino d'argento, il giovane continuò: "Se stessimo insieme, certo avresti da ridire su dove vado e con chi mi vedo. E mi porteresti a cena dai tuoi amici, vestito e truccato come voglio? O mi chiederesti di cambiare qualcosa solo per amor tuo?".

Mentre Malic fumava, seduto su una sedia che aveva trascinato vicino alla finestra, Aurelio lo fissava incantato e rifletteva. "Posso essere me stesso, solo se non stiamo insieme?" chiese con aria assorta.

Malic fece un sorriso comprensivo: "Io non ti chiedo nulla, non pretendo nulla, sei tu che vuoi qualcosa da me, no? Come sei con gli altri? Sii sincero.".

"Capisco cosa vuoi dire, solo non mi piace molto" confessò Aurelio. "Sul lavoro cerco sempre di essere professionale, con i miei amici tendo a non mostrare quando sono triste o preoccupato, con Lianna" esitò, Malic annuì: "Come sei con lei? Pensi le piacerebbe il vero te stesso così impulsivo e passionale?" sembrava sapere già la risposta.

Aurelio scosse la testa: "Le piaccio perché le infondo sicurezza.". "Già l'uomo forte, misterioso e sempre impeccabile" sorrise Malic, finendo la sigaretta.

Senza alcun preavviso, il più giovane gettò le braccia al collo dell'altro ancora seduto per sussurrargli nell'orecchio: "Vuoi provare una cosa?". Aurelio lo fissò, curioso e nervoso al tempo stesso. Malic inclinò la testa di lato con aria invitante, poi si sedette sulle sue lunghe gambe con naturalezza, allo stesso tempo azionando il telecomando per spegnere le luci. "Vedrai, ti piacerà.". Il buio era quasi completo. 

Io non esistoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora