CAPITOLO 12: LIBERO?

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Mentre si incamminavano per la raggiungere la tomba dei genitori, Gilberto studiò Aurelio cercando di non farsi notare, poi chiese: "Cosa ti tormenta?".

Aurelio non si radeva da un paio di giorni, invece del solito completo perfetto indossava dei vecchi jeans ed un maglione stinto.

"Ti ricordi che sono stato investito meno di un mese fa?" fece Aurelio, senza fermarsi. "Non ci provare, ti conosco da anni e non ti ho mai visto così" gli disse l'amico: "In qualunque situazione sei sempre controllato, preciso e non vuoi mai mostrare le tue debolezze".

"Diciamo che mi sto prendendo una pausa" sussurrò Aurelio, fermandosi di fronte alla lapide di marmo bianco che conosceva a memoria. Non aveva portato fiori quel giorno, solo se stesso. "Vuoi che ti lasci solo?" chiese sottovoce Gilberto, con aria comprensiva. Aurelio scosse la testa: "Essere solo è l'ultima cosa che mi serve, adesso.". Dopo una breve pausa, iniziò a parlare rivolto verso la lapide anche se l'unico che poteva sentirlo era l'amico accanto a lui: "Mi sono reso conto di quanto la mia vita non sia davvero mia, non mi appartenga. Faccio un lavoro per sopravvivere, ma che non mi appassiona. Mi comporto sempre nel modo più consono, perché voglio che la famiglia che mi ha cresciuto ed anche quella che non ho conosciuto siano fiere di me. Sono sempre cortese ed educato, ma spesso mi sento come un attore che recita una parte".

Gilberto fece un lungo sospiro: "Ti ha preso proprio male, eh?".

Aurelio si voltò a guardarlo con aria confusa. "Sei innamorato, mio caro." Moroni gli fece un sorriso di compatimento: "Capita a tutti di perdere la testa, ti starci male per giorni, anche mesi. Ma credimi, andrà meglio. Il tempo passerà ed un giorno tutto sarà solo un dolce ricordo. Vuoi dirmi ora chi ti ha spezzato il cuore? Perché sono certo che non è Lianna che ti fa questo effetto.".

Aurelio lo fissò sorpreso, poi scosse la testa: "Nessuno, non è questo. Ho solo conosciuto una persona che non scende a patti, quando si tratta della propria libertà. E mi ha fatto capire quanto poca libertà ci concediamo effettivamente, nella nostra vita. Non ci chiediamo mai: io cosa voglio, ma sempre cosa si aspettano gli altri da noi".

Parlando, avevano lasciato il cimitero ed erano ormai tornati in auto, Gil lo fissò con aria di scherno, mentre si sedeva al volante: "E non ci sei mica andato a letto con questa persona così libera, vero?".

"Questo non c'entra niente" borbottò Aurelio. "Continua a ripetertelo" concluse Gilberto: "Io ti scarico a casa e poi vado a fare quel lavoro così poco appassionante".

Tornato a casa, Aurelio guardò con aria mesta il computer sul tavolo, si diresse verso il bagno per farsi una doccia e radersi. Poi, indossò una camicia celeste e dei pantaloni grigi, si sedette di fronte al computer per controllare i rendimenti, con un sospiro prese il telefono per fissare con il cugino l'appuntamento con gli zii.

"Domani sera potrebbe andare bene?" chiese in tono gentile: "Certo, dopo cena, verso le 21,30? A domani sera, ti saluto".

Era quasi ora di cena, quando lo chiamò Cinthia per sapere come stava. "Gil mi ha detto che ti ha visto giù, così ho pensato di sentire come va" la voce calda e sincera dell'amica lo fece sorridere. "Meglio, grazie" rispose Aurelio: "Devo solo riprendere il ritmo, credo. Presto tornerò in ufficio ed andrà meglio".

"Certo, ti farà impazzire stare sempre in casa." Concordò Cinthia: "Per qualunque cosa puoi contare su di noi, lo sai. Se ti serve un posto dove stare, una spalla su cui piangere o vuoi controllare le offerte di lavoro per trovare altro".

"Cosa ti ha detto esattamente tuo marito?" chiese Aurelio con aria sospettosa. Cinthia rise: "Non deve dirmi molto, so leggere tra le righe, sai. Chiamalo intuito. Ora devo andare, Gil sta per tornare.". "Tranquilla, va già meglio. In un lampo tornerò il solito noioso Aurelio che tutti conoscono". "Non dire sciocchezze, non sei noioso e noi ti vogliamo bene, passa una buona serata, ci sentiamo domani".

"Grazie, Cinthia, buonanotte". Aurelio si stiracchiò sulla sedia e spense il computer.

Dopo poco, sentì bussare alla porta e si avviò subito ad aprire.

"Eccomi qua" annunciò Lianna, portava un vassoio incartato e sorrideva incerta. "Non dovevi disturbarti, Lianna. Sto meglio, posso cucinarmi qualcosa", la giovane sorrise al tono gentile e lo studiò molto attentamente.

"Ti vedo molto meglio, caro" osservò praticamente scagliando sul piano della cucina il vassoio. Avvicinandosi con aria quasi minacciosa, aggiunse: "Se ora stai bene, possiamo passare un pò di tempo insieme? Un weekend dai miei sarebbe perfetto, chiedono sempre di te".

"Lianna" esordì con aria seria l'uomo: "Non fraintendere quello che ti dico, ma non dovresti forzare le cose in questo modo.". La giovane lo fissò come se fosse un alieno, Aurelio si sforzò di sorridere come incoraggiamento: "Ci conosciamo da poco, apprezzo la tua compagnia e non voglio offenderti ma non penso che siamo fatti per stare insieme e soprattutto non ho nessuna intenzione di fidanzarmi o sposarmi, almeno per il momento".

"Ho fatto qualcosa di sbagliato?" chiese Lianna con l'aria di una ragazzina. "No, solo che certe cose non dipendono dalla nostra volontà, mia cara" la consolò Aurelio.

"Non capisco" ribatté lei: "Ho fatto le cose per bene, voglio dire sono sempre stata allegra e disponibile, carina ma composta, giusto?". Aurelio annuì, senza realmente capire.

"Non ho occasione di conoscere molti single, soprattutto non attraenti e gentili. Quindi" fece una pausa, come se stesse riepilogando qualcosa nella mente: "ho fatto del mio meglio appena ti ho conosciuto, per poter fare ciò che ci si aspetta da me".

"Cosa vuoi dire?" chiese l'uomo sempre più confuso.

Lianna lo fissò con un grande sorriso: "Non potresti almeno fingere per un pò fino a che non trovo un altro?". "Cosa?" Aurelio era più che mai sorpreso.

La ragazza sospirò: "Non sei il massimo, questo lo sai, ma accettabile ed io non voglio che i miei siano delusi da me e comincino a chiedersi cosa ci sia di sbagliato".

"Ma sei ancora così giovane, Lianna, incontrerai l'uomo giusto".

"No! Tu non capisci" esclamò la giovane trattenendo a stento le lacrime: "Ho studiato, ho trovato un buon lavoro, niente di troppo impegnativo. Ora devo trovare qualcuno, voglio che siano fieri di me, io sono brava. Io devo essere brava".

"Calmati, Lianna" gli sussurrò Aurelio facendola sedere sul divano: "Vuoi un bicchiere d'acqua?".

Bevuta l'acqua, Lianna abbassò la testa a guardare il pavimento: "Io credo che mio padre lo odi.", Aurelio attese in silenzio, poi la giovane riprese: "Malic, credo che mio padre lo odi. E non potrei sopportare se odiasse anche me". Aurelio la prese tra le braccia, consolandola mentre al tempo stesso rifletteva su quelle parole.

"Come posso dimenticarlo, se tutto continua a parlarmi di lui" pensò mentre offriva a Lianna di dormire sul divano letto.

Quando Aurelio gli portò le lenzuola pulite e le coperte, Lianna gli confessò: "Non è successo niente, sai". "Cosa vuoi dire?" chiese l'uomo.

"Quella sera che hai bevuto troppo, ti sei solo addormentato. Ho voluto farti credere altro per convincerti a stare insieme, ma non è stata una bella cosa.".

Aurelio la fissò, poi le sorrise: "Grazie per avermelo detto, è importante per me".

Il mattino dopo, quando Aurelio si alzò per fare colazione, Lianna era già andata via lasciando il salotto in relativo disordine. Una volta vestito, chiamò in ufficio per avvisare che dal giorno dopo sarebbe rientrato.

"Stasera devo andare dai cari zii" sorrise tristemente, poi alzò le spalle e si preparò a lavorare al computer.

"Non sarò mai uno spirito libero" si disse mentre lavorava: "Ma posso amare qualcuno abbastanza da lasciare che sia esattamente ciò che vuole essere.".

Sorrise soddisfatto, poi aggiunse a bassa voce: "Anche se mi manca".

Io non esistoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora