Capitolo 2

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22 Febbraio

-La penisola è in vista, signore!- riferì il Guardiamarina Ruggeri, un sedicenne incredibilmente alto, coi capelli biondi rasati a spazzola e il sottile volto coperto dall'acne, al suo superiore: il Capitano Tancredi. -Saremo a Porto Ipatzia entro poche ore.-

-Benissimo, allora preparate la nave all'ormeggio. Non vedo l'ora di liberarmi di quelle stupide cavallette.-

Il Capitano Gianluca Tancredi mal sopportava la presenza delle truppe sulla sua nave. Col termine "cavallette" egli si riferiva proprio a loro, soprannominandole così a causa del colore verde chiaro delle loro uniformi. Era salpato dall'Esfalia con quattrocento soldati a bordo della sua nave, il vascello da sessantaquattro cannoni Caradonna, mentre al suo fianco procedeva la Bellabarba, un cinquanta cannoni che ne portava altri trecento.

Erano due belle navi, dipinte nella classica livrea rossa e bruna della flotta Esfala, con due ponti di batteria ciascuna. La più piccola delle due, la Bellabarba, aveva un aspetto leggermente fuori dall'ordinario: essa infatti aveva uno scafo molto più "panciuto" della Caradonna, tanto che il baglio massimo (larghezza) di ogni ordinata superava di almeno un terzo quello della coperta, rendendo l'aspetto di quel vascello quasi buffo per certi versi, come se fosse stata una nave in sovrappeso. Eppure, questa forma sperimentale le era stata data allo scopo di inserire, nella batteria inferiore, dei pezzi particolarmente pesanti. Una sua bordata, infatti, pur contando su meno pezzi, avrebbe scagliato un peso in palle di metallo anche superiore a quello di una della Caradonna.

Quest'ultima invece, era una nave piuttosto corta per la sua classe: il suo scafo era lungo appena quarantadue metri, per un baglio massimo di tredici, e aveva una poppa particolarmente piatta, dalla forma squadrata con la parte superiore arrotondata, tanto che molti marinai avrebbero soprannominato lo specchio di poppa "la Lapide", se non fosse stato per l'abbondanza di decorazioni raffiguranti dei nudi femminili che la ornavano.

Due navi abbastanza potenti insomma, anche se molto diverse tra di loro. Esse, fatta eccezione per la Mietitrice, ammiraglia della flotta Esfala, erano i soli due vascelli di linea rimasti a galla dopo l'uragano, cosa che rendeva ancora più grande l'onore di esservi messi al comando, seppur Tancredi non la pensasse sempre a questo modo. Una nave simile era ottima in combattimento, ma non particolarmente adatta a mettersi in caccia di navi nemiche.

L'alba era sorta da poco, e ad ovest si sarebbe ancora dovuta vedere la luce del faro di Faro Minore, eppure stranamente nessuno aveva visto nulla. Che avessero finito le scorte di olio di balena? Possibile in effetti: la sola baleniera che partiva da Porto Ipatzia se ne era andata non più di tre mesi prima: era difficile che le scorte fossero già finite, ma non certo insolito.

Tancredi scosse la testa: non era un suo problema. Lui doveva solo fare la consegna e poi tornare con le truppe prelevate verso casa, dove le avrebbe sbarcate e se ne sarebbe finalmente tornato a fare il corsaro. Congedò Ruggeri con un gesto della mano e, indossata la giubba verde scuro, con risvolti scarlatti ricchi di alamari dorati e il tricorno nero, si osservò allo specchio, sospirando per l'incredibile incanutimento della sua chioma: solo due anni prima non aveva nemmeno un capello bianco, ma ora quel colore aveva invaso il suo capo come una pestilenza, soprattutto dopo l'uragano. Si sforzò di non pensarci più. Scosse la testa e uscì dalla cabina, arrivando in coperta. Il ponte, come era prevedibile, era decisamente affollato, quindi il Capitano optò per salire sul casseretto.

Salita la scala, oltre ai timonieri, trovò ad attenderlo due persone: uno dei due era un ragazzotto secco e di media statura, coi biondi capelli ricci cortissimi e il pizzetto, mentre l'altro era assai più maturo ed allampanato, anche se aveva il ventre leggermente ubertoso. Essi erano rispettivamente il suo primo ufficiale e il comandante delle truppe imbarcate. E se il primo si stava rivelando promettente e capace, il secondo, ossia il Colonnello Biscardi, poteva essere definito con un solo, semplice aggettivo: seccante.

LA GUERRA DELLE IPATZIEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora