Capitolo 6

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24 Febbraio

Oltre cento miglia a sud di Porto Ipatzia, tre montagne innevate, alte oltre tremila metri l'una, formavano un'ampia vallata, dove le innumerevoli cascate che sgorgavano dai rispettivi ghiacciai avevano formato, nel corso degli anni, un pittoresco lago di acqua dolce, sito alla metà della loro altitudine, largo oltre cinque miglia ed enormemente profondo. Al centro del singolare specchio d'acqua, spiccava un singolo isolotto, di forma vagamente circolare, dal diametro di quasi mezzo miglio, sopra il quale era sorta la capitale dell'Esfalia.

Castello delle Cascate, chiamato così proprio a causa del suggestivo paesaggio che lo circondava, occupava quasi per intero l'isola. Le mura esterne, attorno alle quali il terreno era quasi totalmente sommerso dalle acque, erano alte quasi quindici metri, intervallate da grossi torrioni tondeggianti in pietra bruna, di altezze diverse e, in taluni casi, sormontati da cupole celesti.

Oltre queste mura, tra splendidi giardini ed eleganti porticati, sorgeva il palazzo ducale. Esso era un elegante edificio strutturato su quattro piani dagli alti soffitti a volta, con una torre centrale e varie torrette laterali. Elevandosi per oltre dieci metri al di sopra delle mura esterne, aveva una sfarzosa facciata che dava direttamente al grande portone d'accesso alla fortezza.

Questo ingresso, alto oltre tredici metri, era circondato da un portale di marmo bianco ed era preceduto da una grossa scala che conduceva al molo, niente più che un piccolo pontile in legno

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Questo ingresso, alto oltre tredici metri, era circondato da un portale di marmo bianco ed era preceduto da una grossa scala che conduceva al molo, niente più che un piccolo pontile in legno. Sul camminamento delle mura, originariamente, dovevano essere collocati diversi pezzi di artiglieria, ma quando, duecento anni addietro, la fortezza era stata completata, essi erano stati ritenuti superflui, vista la collocazione della struttura.

Quella mattina infatti, come da quasi un secolo a quella parte, nessuno avrebbe tentato di fare breccia nelle mura: il problema era infatti localizzato molto al di fuori da esse. Un giovane membro della servitù, lasciata di gran carriera la torre della voliera, si stava precipitando alla ricerca del suo padrone con notizie tutt'altro che fauste.

-Mio signore...- il valletto irruppe nel cortile interno del castello dove un vigoroso uomo sulla trentina, vestito con una semplice camicia bianca, in tinta coi pantaloni, era intento ad allenarsi con la spada assieme ad un secondo uomo, molto più anziano di lui, che sopra la camicia portava un gilet dal taglio militare.

-Mio signore...- ripeté il servo trattenendo a stento i respiri pesanti, dovuti alle corse fatte per il castello. -...chiedo udienza, è urgente!- disse mentre due uomini in uniforme verde, con un guanto di metallo alla mano sinistra ed una toppa raffigurante un serpente sull'omerale opposto, si erano parati di fronte a lui, come per bloccargli l'accesso al quadrato di sabbia dove i due uomini si stavano sfidando amichevolmente.

-Fatelo passare!- ordinò il più giovane dei due, indicando al suo avversario di riporre l'arma: avrebbero potuto continuare più avanti.

Il valletto scostò i soldati con una foga tale da lasciar intendere che la loro presenza lo infastidisse e si incamminò verso il suo signore, allungandogli un messaggio giunto poco prima.

LA GUERRA DELLE IPATZIEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora