A poca distanza dalle scialuppe in fuga, anche la Scirocco era entrata nel vivo dello scontro. Passando a poppa della Pantera, si era unita ad essa nell'affrontare la Bellabarba, che ormai accusava sempre più pesantemente i colpi delle tre navi che si accanivano sul suo scafo martoriato. Tuttavia, per ferita che fosse, la belva era sempre pericolosa: una sua bordata infatti aveva causato danni molto seri alla Pantera. Tre cannonate le erano arrivate sotto la linea di galleggiamento e avevano devastato l'infermeria, già affollata da una decina di feriti, uccidendo quattro di loro, oltre al dottore e al suo aiutante, morti a causa delle schegge che si erano conficcate nei loro corpi. La nave ora, si trovava quindi senza nessuno che potesse occuparsi dei feriti.
Un'altra bordata del vascello Esfalo abbatté l'albero di gabbia della Scirocco, mancandone la coffa solo di mezzo metro. I frammenti di legno e metallo colpirono ugualmente l'ampia piattaforma, ferendo cinque tiratori e accoppandone un sesto, che precipitò di sotto, spappolandosi sul ponte.
Nel frattempo, le due navi più grosse: Leonessa e Caradonna, erano ormai bordo a bordo, con il vento in poppa e dirette verso sud-sud-ovest, mentre la terraferma era sempre più vicina alle loro prue. Entrambe avevano ridotto la velatura, avanzando con solo gabbie e velacci al vento mentre si scambiavano bordate su bordate. La fiancata sinistra della Leonessa ruggiva metallo addosso a quella di dritta della Caradonna, che ricambiava il favore il più in fretta possibile. La terraferma, sempre più vicina, ormai era a poco più di un miglio.
Le cannonate erano dirette quasi esclusivamente agli scafi o alle troniere: fare a pezzi i cannoni e uccidere gli equipaggi era la priorità; rallentare la nave nemica era altresì importante, ma al momento poteva aspettare.
Barbaglio, muovendosi lentamente sul cassero, parlava poco, a meno che uno dei suoi marinai non rimanesse ferito davanti ai suoi occhi; in quel caso si inginocchiava faticosamente sulla vittima e cercava di fargli forza, in attesa che qualcuno lo portasse al sicuro. Gli artiglieri della Leonessa erano ben addestrati: riuscivano a completare la ricarica dei loro pezzi in almeno dieci secondi in meno dei loro "colleghi" Esfali, per quanto Barbaglio riuscisse a cronometrare mentalmente basandosi su ciò che vedeva e sentiva. Questo era il più grande vantaggio della sua nave: una ciurma ben addestrata. Al punto che l'anziano Generale non aveva quasi più bisogno di impartire ordini: i suoi artiglieri ricaricavano e sparavano appena pronti, poi ricominciavano, mentre i gabbieri mantenevano le vele nella posizione più adatta allo scontro.
Lo scambio proseguì finché la terraferma non distò circa ottocento metri dalle navi: a quel punto fu evidente a entrambi i comandanti che era necessario cambiare direzione. Quasi all'unisono i timonieri delle due navi virarono in senso opposto: la Leonessa andò tutto a dritta, fino a riprendere il vento al traverso, poi raddrizzò la rotta per poter andare verso acque più aperte, in modo da riuscire a manovrare meglio per tentare una virata di prua. Inoltre, navigando in quella direzione, le scialuppe cariche di soldati nemici si sarebbero trovate proprio lungo la sua rotta: quale occasione migliore per i Rialtini di potersi dedicare ad un po' di tiro al bersaglio mentre ci si preparava a ributtarsi nella mischia.
La Caradonna invece, virò a sinistra, prendendo a sua volta il vento al traverso, seppur con mure diverse, e proseguì seguendo la costa, in modo da potersi avvicinare alla Bellabarba, che era in evidente difficoltà. Lasciare le scialuppe al loro fato era una decisione difficile, ma virare a dritta sarebbe stato rischioso, poiché la nave si sarebbe potuta andare a trovare tra la Leonessa e la terraferma, con la costa sottovento per giunta. Non era certo un'opzione praticabile, se non per tentare un suicidio.
Più a nord invece, era la Principessa ad essere in difficoltà: le sue tozze carronate avevano danneggiato piuttosto gravemente i due brigantini che l'avevano circondata, ma ora essi avevano compreso che gli sarebbe bastato tenersi a debita distanza per colpirla senza correre troppi rischi. Le cannonate delle due piccole navi stavano facendo scempio della corvetta, le cui falle nello scafo aumentavano bordata dopo bordata, a differenza del suo equipaggio, che era sempre più esiguo.
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LA GUERRA DELLE IPATZIE
FantasyPrimo capitolo della saga del mondo di Iris. La tregua è finita. Dopo anni di attesa, l'arcipelago delle Ipatzie, perso dopo l'umiliante sconfitta nel conflitto precedente, è pronto ad essere riconquistato. Seguiamo il viaggio dei nostri protagoni...