Capitolo 7 (Parte 2)

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Il sorgere del sole normalmente avrebbe risvegliato Porto Ipatzia, anche durante una giornata d'assedio, ma incredibilmente, in quel giorno, nessuno sembrava muoversi per le vie del centro.

Le strade in ciottoli e terra battuta erano deserte, le imposte delle case, per la maggioranza a due piani, erano socchiuse, le barche dei pescatori, fatta eccezione per alcune degli abitanti della periferia, erano ferme nella rada e nelle attività commerciali, non si era presentato quasi nessuno a lavorare.

Sperti, camminando nella via che conduceva dal forte alla piazza principale, si sentiva inquieto. Con sé, aveva trenta soldati armati fino ai denti e in mano una lista che recava nomi e indirizzi delle maestranze dell'arsenale. L'ordine di riparare la sola nave che avessero ancora in città era tassativo, e se coloro ai quali era stato ordinato di rimetterla in sesto non volevano collaborare, ne avrebbero pagato il prezzo.

-Capitano Gusmeri.- disse chiamando a sé l'unico ufficiale che lo aveva accompagnato in quell'uscita dal forte.

-Signore?- si fece avanti l'uomo dai denti affilati, con indosso una nuova giubba, prestatagli da uno dei suoi parigrado presenti nel capoluogo.

-Non aveva mandato quattro soldati a dare il cambio alle sentinelle sulla palizzata?- domandò il Maggiore senza smettere di guardarsi attorno.

-Certo, signore.- replicò il Capitano. -Quasi un'ora fa.-

-E non le pare strano che non siano ancora tornati?- chiese Sperti, mentre la pattuglia percorreva la curva a gomito che li avrebbe condotti in vista della piazza.

Essa, larga una ventina di metri con al centro una vecchia fontana in marmo, culminante in una statua ormai da tempo abbattuta, della quale restavano solo i piedi, era sita di fronte al municipio, con tre strade che ne uscivano dagli altri lati. Gli edifici in quella zona erano più alti che nel resto della città e, a differenza della maggior parte di essi, questi erano rimasti con le imposte spalancate, sebbene dentro alle case non si notasse il movimento di nessuno.

-Temo di no, signore!- esclamò Gusmeri assumendo un'espressione attonita. -Sono là!- aggiunse indicando la fontana.

Otto corpi, in giubba verde, erano seduti dentro la vecchia struttura ornamentale. Legati e imbavagliati, con l'acqua gelida che gli arrivava fin quasi al petto, stavano tremando dal freddo con aria sconsolata, ma appena videro i loro commilitoni avvicinarsi alla piazza, cominciarono ad agitarsi per richiamarne l'attenzione.

-Presto, liberateli!- ordinò Sperti correndo verso di loro ed entrando personalmente in acqua, per aiutare i suoi soldati ad alzarsi.

Non ci volle molto: gli otto sventurati furono sciolti e fatti sedere sul bordo della fontana, dove vennero riscaldati da altri militari che si sacrificarono dando loro le proprie giubbe asciutte.

Sperti, sedutosi accanto ad uno dei soldati, una donna mora sui trentacinque con indosso una fradicia divisa sul cui omerale spiccavano i quattro galloni dorati da Sergente maggiore, le rivolse la parola con tono al contempo severo e preoccupato.

-Che vi è successo?-

-Non lo so, signore.- rispose la donna con voce tremolante. -Mi hanno colpito sulla testa, poi non ho visto più nulla e mi sono svegliata qui in acqua...- si interruppe per starnutire, mentre il suono di alcuni cavalli in movimento risuonava nella piazza. -Ma temo che fosse un messaggio...oh no!-

Anche il Maggiore si era allarmato: i cavalli che avevano sentito, avevano infatti trascinato dei carri lungo i vicoli che scorrevano attorno alla piazza, e si erano fermati bloccando le vie d'uscita da essa. Nello stesso istante, alle finestre dei vari edifici, erano apparse decine e decine di persone armate di moschetto. Tra di esse, spiccavano alcuni soldati in giubba blu, sicuramente entrati durante la notte.

LA GUERRA DELLE IPATZIEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora