<<Mi hanno diagnosticato questo disturbo da piccolo, ma i miei non ci hanno mai creduto davvero, specialmente mio padre... lui se n'è andato perché ero troppo difficile da gestire, almeno così mi sembra sia andata, mentre mia madre è stata più tranquilla ma mi considera da sempre solo un ragazzo un po' diverso; non so se aver avuto la diagnosi sia effettivamente un motivo di sollievo, dato che in ogni caso non basta mai... a scuola sono sempre "quello col certificato e i compiti semplificati", fin dalle elementari, e questo porta ad una situazione che vorrei totalmente evitare... nessuno comprende, non importano le spiegazioni, per gli altri sei solo troppo complicato da sopportare...>>
Sputo le parole una dopo l'altra, senza riuscire a fermarmi, senza preoccuparmi di starmi aprendo con chi fino a poco prima mi odiava... ma forse non è mai stato così, forse è per questo che è così facile.
O forse è solo la mia maledetta impulsività... e mi sono persino trattenuto.
Non mi rendo conto di iniziare a piangere mentre parlo, ma per fortuna camminiamo uno accanto a l'altro e non può vederlo: mi sentirei ancora più ridicolo. E il suo silenzio non aiuta.
<<Mi dispiace davvero per tutta la situazione, immagino quanto sia difficile... ma tu non lo sei affatto; avere una difficoltà in qualcosa non significa essere la difficoltà di tutto, e spero troverai più persone che te lo facciano capire>>
Le sue parole sono come una benda avvolta attorno ad una ferita profonda, le dita delicate che ti asciugano le lacrime sulle guance, la spalla su cui puoi finalmente poggiarti ad occhi chiusi dopo una giornata passata a piangere... sento che è lui stesso tutto questo, e mi vergogno così tanto.
Non posso cedere al suo conforto, non sento di potermi fidare... nonostante non abbia mai desiderato altro.
<<Grazie, non preoccuparti... non so nemmeno perché l'ho fatta così tragica>> ridacchio cercando di rimediare al mio patetico discorso, ma lui purtroppo non ride con me: mi prende sul serio, e non so cosa sarebbe effettivamente meglio. <<Non fa niente se le persone non capiscono, l'importante è che lo sappia io>>
Ma la verità è che non so davvero niente.
<<Non hai ingigantito nulla, è tutto normale ciò che provi ed è anche normale che faccia così male e... magari non posso completamente capire, ma ti assicuro che mi importa di farlo>>
Alla fine della frase mi blocco, mi giro verso di lui e lo fisso sorpreso: non capisco proprio tutta questa improvvisa attenzione da parte sua... eppure, odio ammetterlo, mi piace così tanto.
<<Davvero ti importa? E perché?>> sussurro guardandolo, ma aggiungo subito altro per il timore che dal tono possa risultare arrabbiato. <<Nel senso, non che non voglia, solo... vabbè, hai capito>> balbetto affrettandomi a finire la frase, coprendomi il viso arrossato quando mi rendo conto di aver sbagliato completamente il tentativo di correzione, peggiorando la situazione.
Ma lo sento ridere, cosa che mi fa arrossire ancora di più e tentare di scoprirmi ancora meno, ma poi riesco a guardarlo tra le dita. <<Che c'è?>>
Non riesco a prendermela con lui.
<<Sei davvero carino, sai?>>
Non posso aver sentito bene.
<<Eh?>> mormoro sgranando gli occhi, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi.
<<Nulla, lascia stare>> risponde distogliendo lo sguardo. <<Ci separiamo qui, passo per quella strada, va bene?>>
Ci metto un attimo a concentrarmi di nuovo sulla conversazione, nella mia mente c'è solo l'eco delle sue parole.
<<Ah, sì, tranquillo>>
<<Va bene, a domani>> ribatte come se niente fosse, rendendomi invidioso di quel suo atteggiamento di indifferenza e sicurezza, quasi non fosse autorizzato a mostrarsi così dopo la bomba che mi ha lasciato tra le mani senza alcuna istruzione per disinnescarla.
Per tutto il resto del tragitto verso casa, poi mentre mi cambio e infine anche una volta a letto, continuo a pensare alla nostra conversazione senza riuscire a variare il tema dei miei pensieri su un'altra frequenza.
Sono combattuto tra la voglia di scrivergli per chiarire, avere risposte alla mia confusione, e il terrore di farlo per non rovinare tutto, qualsiasi cosa sia questo assurdo rapporto che abbiamo cominciato a tessere in nemmeno 24 ore.
Apro e chiudo la chat, digito e cancello infinite volte... ma alla fine la solita odiata impulsività ha la meglio; che stavolta possa invece finire per amarla?

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Focus // Hinata; Haikyuu!!
FanfictionHinata si sente costantemente incompreso e inadeguato, soprattutto da se stesso: ha l'ADHD, ma per tutti è soltanto disattento e rumoroso, fastidioso ed esuberante. Sempre più stanco di questa concezione, soprattutto da parte di Kageyama, la persona...