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Aver parlato col professor Takeda mi ha aiutato davvero tanto, nonostante non ne fossi affatto convinto.
È stato davvero gentile e comprensivo, invitandomi ad esprimere ogni sensazione opprimente tutte le volte che dovessi provarne e offrendomi aiuto in campo nel caso ci fosse bisogno... oltre che avermi consigliato lo psicologo della scuola.
Ero davvero titubante della cosa, non pensavo fosse così grave, così l'ho rimandato un po' ma poi, dopo l'ennesimo episodio, è risultato inevitabile.
Così ci sono andato e continuo ad andarci.
Pensavo bastasse, che andasse bene così e che solo parlarne e ricevere consigli da un professionista potesse alleviare quel peso nel petto, invece non è stato abbastanza nemmeno quello.
Sono dovuto recarmi da uno psichiatra, per ottenere anche aiuto farmacologico, perché ora è davvero tutto troppo da sopportare e non posso farlo da solo.
Così hanno detto entrambi.
Ma non riesco a non sentirmi semplicemente debole per non riuscire a vivere come una persona normale.
Kageyama mi è stato accanto in tutto questo percorso, smentendo ogni parola negativa che nasceva nella mia testa, anche quelle rimaste prive di voce. Non so come faccia, ma non so nemmeno come farei io senza di lui.
Ho preso le prime medicine insieme a lui perché voleva darmi forza anche in questo passo e non volevo ammetterlo ma mi è servito molto, non so se l'avrei fatto in sua assenza.

Ora sta venendo da me per studiare insieme, dopo una giornata scolastica che ho saltato per la troppa stanchezza che dicono sia normale per i farmaci, e sono grato della sua presenza in questo momento in cui mi sento soffocare dalla debolezza e l'inutilità che provo, anche se è dovuto mancare all'allenamento per colpa mia.
Aspetto sul divano per poter essere vicino alla porta, sicuro che anche solo una rampa di scale possa affaticarmi, ma scatto in piedi nel momento in cui sento suonare.
<<Hey>> lo saluto con un sorriso appena apro e lo vedo, sollevato tutto d'un tratto.
<<Ciao piccolo>> risponde avvicinandosi per baciarmi e mi stringo a lui, accompagnandolo dentro.
<<Com'è andata? Tutto bene?>> chiedo tenendogli la mano per salire e lui mi stringe di più a sé. <<Tutto bene, tu come ti senti?>>
Rimango in silenzio per un attimo, valutando se ammettere almeno le sensazioni fisiche e decidendo infine di sminuirle appena.
<<Un po' stanco>> mormoro tenendomi a lui per un cedimento, pentendomi di mostrarmi davvero come ho detto.
<<È normale amore, non sforzarti>> si raccomanda guardandomi dolcemente e sorrido quando mi prende meglio per un fianco.
<<Tranquillo amore>>
Entriamo in camera e lo accompagno subito a sedersi sul letto, cercando di mascherare così il bisogno di farlo io stesso, provato da quella lieve fatica.
Mi rendo conto solo in quel momento di arrancare nel respiro, percependo tutto il resto più flebile e astratto, tornando leggermente alla realtà solo quando è lui a parlarmi, ma non riesco a capirlo completamente.
<<Stai bene?>>
<<C-cosa?>> sussurro cercando di guardarlo, nonostante la vista sfocata.
<<Ti senti bene?>>
Stavolta lo sento anche se in modo ovattato, riuscendo appena ad annuire mentre mi poggio a lui.
<<Debole>> riesco solo a pronunciare, sforzandomi di farlo nel caso dovesse succedere qualcosa. E ho davvero paura che possa essere così.
<<Vieni qui, respira>> dice ancora con calma, stringendomi per accompagnarmi a stendermi, e chiudo gli occhi più rilassato nel sentire il mio corpo poggiare completamente alla superficie, nonostante l'unica cosa che riesco a sentire sia il cuore rimbombarmi nelle orecchie.
Cerco di respirare lentamente, aiutato dalle sue carezze che mi tengono lucido, concentrandomi solo su queste due sensazioni per far passare l'ondata di malessere e riapro lentamente gli occhi quando la sento defluire.
<<Va meglio amore?>> chiede preoccupato appena mi nota essermi ripreso un po' e annuisco subito per non farlo preoccupare.
<<Meglio, tranquillo... è normale per le medicine>> spiego accennando un sorriso per rassicurarlo e lui annuisce facendo lo stesso, prendendomi la mano.
<<L'importante è che sia passato ora, ti prometto che andrà meglio>> risponde fiducioso, e nonostante tutta la frustrazione e il dolore per la situazione riesco a credergli davvero.

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