③-𝐂𝐇𝐈 È 𝐋'𝐀𝐒𝐒𝐀𝐒𝐒𝐈𝐍𝐎?

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«A dire il vero... no, signore, per nulla...»

Confessò Mike tenendo lo sguardo basso, ora che l'adrenalina era sparita, il terrore di ciò che era successo lo attanagliava. Fred guardò preoccupato il ragazzo e gli poggiò una mano sulla spalla.

«Cosa intendi? È successo qualcosa?»

«Non mi crederà! Si tratta degli animatronics, loro... credo abbiano qualche difetto di progettazione. C'era questo tipo al telefono che...»

«Di chi parli?»

«Di un dipendente che ha lasciato messaggi telefonici per la nuova guardia! Ora dov'è? Vorrei parlare con lui.»

«Mike, nessuno dei nostri dipendenti ha lasciato un messaggio per te.»

Rispose perplesso il proprietario e guardò stranito il ragazzo, il quale sentì un altro brivido percorrergli la schiena di fronte a tale affermazione.
Chi gli aveva lasciato allora quel messaggio telefonico?

«Signore, lui mi ha elencato i difetti dei robots... difetti che si sono avverati. Non so se capisce la gravità della situazione, ma hanno tentato di mettermi in un fottuto costume ed uccidermi!»

Mike si rese conto di aver iniziato ad urlare, sotto lo sguardo confuso di tutti, ma non se ne vergognò: dovevano sapere cosa era successo quella notte.
Fred a tal punto sospirò e prese con sè il giovane per allontarlo dal gruppo di dipendenti.

«Mike, so che hai avuto una nottataccia, ma non spaventare i tuoi nuovi colleghi.»

«Almeno voi mi credete?»

«Senti, io credo che tu ti sia solo fatto suggestionare dall'atmosfera e dalle brutte voci sulla Fazbear Entertainment.
Ti garantisco che è tutto in regola quì.»

«No, ve lo giuro, loro hanno tentat-...»

«Scusami, ma ora non ho tempo per discutere, devo aprire il locale...» Lo zittí Fred guardandosi attorno «Incontriamoci a pranzo per un caffè e ne potremo parlare con piu calma. Che ne dici?»

Mike peró non ebbe il tempo di replicare che fu portato fuori e salutato frettolosamente dal proprietario.
Senza molta altra scelta, decise allora di seguire il suo consiglio e chiamò un taxi per tornare a casa, ancora turbato da ciò che aveva vissuto. Quei personaggi meccanici, che da piccolo adorava, ora erano inspiegabilmente diventati macabre macchine per uccidere... e nessuno oltre lui, o l'uomo al telefono, ne era a conoscenza.
Ciò che però aveva colpito maggiormente Mike era che gli animatroni stessero cercando suo padre, scambiando perfino il ragazzo per quest'ultimo. Il che era molto ironico dato che William aveva sempre ribadito al figlio una frase che gli rimase impressa:

«Non sei me... e mai avrai successo come il sottoscritto, Michael. Sei una delusione vivente».

Quelle parole rimbombarono nella mente di Mike, poteva quasi sentire la voce di suo padre, intrisa di arrogante indifferenza.
Il ragazzo smise di pensarci, era veramente troppo stanco sia fisicamente che psicologicamente per rievocare tali ricordi. Così si gettò a peso morto sul divano e si addormentò quasi subito, in modo da non pensare più a nulla.

«Abbiamo bisogno d'aiuto.
Siamo prigionieri.
La tua anima dannata brucerà
e presto noi saremo liberi!»

Mike si alzò di scatto appena udì quelle strane voci, ma si accorse che si era trattato solo di un breve incubo, molto simile a quelli dove si sogna di cadere nel vuoto per poi svegliarsi. Socchiuse allora gli occhi e appoggiò la schiena sul freddo muro dietro di sè.

«Aspetta, cosa?»

Si domandò svegliandosi del tutto, notando di non trovarsi più nel suo appartamento, ma in uno dei tetri corridoi della pizzeria. Mike deglutì a tale vista: cosa ci faceva lì dentro? Tutto ciò era assurdo.
Provò ad avanzare posizionando le mani davanti a sè per via dell'oscurità, non vedeva un palmo dal naso, inoltre sentiva i piedi sguazzare in qualcosa.
In quel momento un'improvvisa risata femminile riecheggiò per le mura.

FNaF - IL METALLO UCCIDEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora