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Come ogni solito giorno Milano è indaffarata e piena di persone che si muovo ignorando tutto ciò che non fa parte della loro "bolla". Sapete odio Milano, però le riconosco di essere meglio della piccola cittadina dove ho trascorso diciannove anni di vita. Ogni giorno qui è sempre uguale (forse la mia monotonia è dovuta alla solitudine), ma è difficile integrarsi con la gente di qui: non so nemmeno chi siano i miei vicini i casa; insomma tutto il contrario della mia adolescenza. Prima di trasferirmi a qui vivevo con i miei in una piccola città nella quale mi sono sentita sempre stretta, così appena ho potuto sono partita e ora sono qui, sono a Milano, studio e sono indipendente. Vorrei esserlo anche dal punto di vista economico ma vista la mia giovane età ho trovato lavoro solo in una piccola libreria che accetta orari flessibili, i titolari sono due anziani che hanno sempre vissuto a Milano, e con loro mi trovo bene: inutile dire che mi trattano come se fossi una loro nipote, sono due pezzi di pane. Lo stipendio è adatto a non pesare troppo sulle spalle dei miei e farmi togliere qualche piccolo sfizio, anche più di uno a volte.
Non convivino con nessuno e per me, visto il mio carattere difficile, è quasi una fortuna. Sono una persona estremamente disordinata, però un disordine che esiste solo nella mia testa: da fuori è tutto ordinato ma io vedo tutto sempre in costante disordine, è a questo che ha portato sentire le strigliate di mamma nelle orecchie perché la mia camera era un deposito, un grande accumulo di tutto ciò che una adolescente adorava.

Qui a Milano studio, frequento l'università e mi piace ciò che faccio: studio per diventare presentatrice, anche se in realtà vorrei vivere di scrittura, scrivere qualunque cosa...anche pubblicare poesie per bambini che parlano di draghi e principesse, mi accontenterei di tutto pur di vivere il mio sogno. Quando ero piccola credevo di essere bravissima e che ci sarei riuscita però ad oggi non ne sono poi così sicura, ho mandato qualche mio appunto in giro ma nulla, tutti prendono ma nessuno mi fa mai sapere più nulla, spariscono come se non fossero mai esistiti.

Ho appena preso il tram e sono finalmente diretta a casa, la giornata di oggi è stata la più pesante della settimana: finita l'università sono andata a lavoro e li sono rimasta fino ad ora, se vi chiede che ore siano vi informo che sono le otto e io vorrei solo mettermi a dormire nel mio bel lettuccio caldo dopo una bella tazza di camomilla, così da dormire tranquilla e serena. Scendo alla mia fermata e sento il mio polso vibrare, mi alzo la manica del giubbotto e rispondo ad una delle poche amiche che mi sono fatta in università «all'attenti signor capitano» dico scherzando rispondendo al cellulare che avevo estratto dalla tasca
«Bice tra quando arrivi a casa?»
«Lea sono appena scesa dal tram...poi a te cosa interessa»
«sono passata a trovare un mio amico vicentino che vive nel tuo stesso palazzo e mi chiedevo se volevi venire a mangiare una pizza su con noi» risi e lei mi sentì «dai fai la seria, vuoi venire o no?»
«Lea ma non so nemmeno chi sia questo tuo "amico"»
«è uno dei miei migliori amici, dai noi di Vicenza siamo tutti al top, e tu lo sai benissimo»
«al top!? AHAHAH sei sempre la solita lea»
"lo prendo per un si, ti vengo a bussare a casa tra una decina di minuti. MUOVITI»
«Lea devi darmi il tempo di arrivare a casa e cambiarmi»
«ma che cambiarti, muoviti dico sul serio»
«cinque minuti e sono a casa» dissi prima che lei riattaccasse.

La strada dalla fermata a casa non era tanta, bisognava attraversa un parco e poi eccola lì in tutto il suo splendore, entrai nella hall, salutai il portiere e presi l'ascensore fino al mio piano. Arrivata davanti la porta sentii la voce squillante di Lea fare capolino nelle mie orecchie, volevo sparire e andare a dormire ma evidentemente non era quello che il destino mi aveva tenuto in serbo per concludere in pace questa giornata.
«perfetto, sei in orario per la prima volta nella tua vita»
«Lea fammi entrare a casa, almeno fammi posare questa borsa»
«SBRIGATI» scossi la testa rassegnata, entrai in casa e posso la borsa accanto al divano poi andai verso la porta e dopo aver preso un bel respiro uscii e richiusi alle mie spalle la porta di casa.
«dai andiamo» dissi mentre lei era tutta felice, mi prese per mano e mi portò verso le scale «piano superiore susu» disse e io la seguii muta.

αντέρως || gIANMARIADove le storie prendono vita. Scoprilo ora