Capitolo 10

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TW:
-menzioni ad attività illecite
-menzioni a violenza fisica

Se non ti senti a tuo agio con questo tipo di narrazione, salta il capitolo<3

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PLEASANTVILLE - Nitro

Canzone consigliata per questo capitolo 

PdV: Francesco

Non so quando la Congiura sia diventata la nostra casa. Nonostante il locale sia quasi interamente spoglio e si trovi in una zona totalmente sperduta e dimenticata da Dio, veniamo qui ogni giorno, a qualsiasi ora e in qualsiasi condizione.

Alex e Damiano non sanno che l'ho scelto io. 

Da bambino sarei andato a dormire ovunque, con chiunque, pur di non stare a casa. Mia madre ha cambiato talmente tanti uomini che non ne ricordo nemmeno la metà. Quasi nessuno ha perso l'occasione di mettermi le mani addosso. Ovviamente erano tutti dei pezzi di merda che menavano lei, poi me, la usavano per un po' e la sputavano via. Mia madre non mi ha mai protetto.

Io e Damiano ci siamo conosciuti così, stando per strada. 

Non ci siamo mai fermati a giocare come dovrebbero fare i bambini, non ci siamo mai chiesti niente. Eravamo uguali: soli, non voluti. E tanto bastava. Avevamo imparato sulla nostra pelle che in questa vita sei ficcato in un mondo di merda, senza aiuto né protezione, dove vieni punito ogni volta che commetti un errore, senza che nessuno ti spieghi cosa sia un errore, finché non diventi abbastanza grande da essere etichettato come reietto ed essere rinchiuso, in manicomio o prigione, dipende da quanto ti sia andata male, e vieni colpevolizzato per tutto, anche se nessuno ti ha mai spiegato a fare meglio. E la società ti lava via così. 

Non volevo fare questa fine. Non voglio ancora fare questa fine.

Da ragazzino, durante le mie scorribande notturne, andavo in ogni posto che risultasse abbandonato, anche se spesso non lo era. A fumare, a sfasciare le cose, non importava niente. 

Ho scoperto la Congiura così. 

Credo che fosse una rimessa per automobili, poi trasformato in una fila di garage, anche se non saprei dire quale mente perversa abbia scelto di costruire questi locali così lontani dal centro cittadino.

Comunque, ai tempi appartenevano a qualcuno, ma io ci venivo spesso a trascorrere la notte o a rubacchiare qualcosa. Damiano è venuto con me molte volte. Nessuno ci ha mai scoperti.

Quando si è trattato di scegliere una base per i nostri scambi, ho proposto a Pollo di usare uno di questi garage. Erano fuori mano, non avrebbero dato nell'occhio e soprattutto, mi piacevano, così immersi nel buio e spersi nel nulla. 

A Pollo è sempre piaciuta la mia propensione per il buio. Quello fitto, nero, che terrorizza le notti delle persone comuni.

Nel giro di qualche giorno, ogni locale era vuoto. Chiunque fosse il suo proprietario, ormai non lo era più.

Damiano è seduto su una sedia con i piedi appoggiati sul tavolo. Un libro tra le mani, come suo solito. Ogni tanto si ferma per scrivere qualcosa o alzare gli occhi al soffitto. Non guarda veramente, sembra solo perdersi in qualche riflessione.

Dall'altra parte, Alex smanetta al pc, digitando furiosamente solo Dio sa cosa. 

Dam ci ha informato della proposta che gli ha fatto la professoressa Lai. L'ha raccontato nel suo solito modo distaccato e privo di emozioni, come se fosse una seccatura per lui, ma io so che non gli è affatto indifferente. Consuma libri, fogli, matite e penne ogni momento che non passa a farsi di qualcosa o a cercare di ammazzarsi. Ed è così da quando lo conosco, cioè da sempre. È lui a volersi occupare in prima persona di sottrarre ogni opera letteraria che dobbiamo rubare per Pollo. Come se provasse piacere dal solo contatto con quelle rare edizioni.

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