VICTORIA
Quella domenica mattina, appena mi svegliai, il primo pensiero che balenò nella mia testa fu rivolto alla mia migliore amica. Senza nemmeno attendere troppo, sporsi il braccio verso il comodino e afferrai il telefono per chiamarla.
Non era la prima volta che Eloise alzava un po' troppo il gomito e potevo già immaginare quali potessero essere le sue condizioni. Per quanto si ostentasse a dire che l'alcol non avesse alcun effetto su di lei, alla fine si ritrovava sempre a stare male e a dover affrontare la giornata seguente dietro a tisane e riso in bianco.
Dopo un paio di squilli, sentii la sua voce assonata. «Buongiorno, ubriacona» cercai di trattenermi, nonostante dentro di me stessi morendo dalle risate «Come ti senti?»
«Secondo te?» rispose, dall'altra parte del telefono «Mi sento a pezzi, giuro. Non avrei dovuto bere così tanto.»
«Sbaglio o ieri hai detto che reggevi abbastanza bene l'alcol?»
«Dico tante cavolate durante il giorno, ormai dovresti saperlo» sospirò «Sono priva di forze e non riesco nemmeno ad alzarmi da questo maledetto letto.»
«Posso venire da te» mi misi seduta sul materasso, toccando con i polpastrelli le lenzuola bianche «Il tempo di prepararmi e arrivo subito.»
«Non è necessario che tu venga qui, dico davvero» disse «Credo che dormirò ancora un po' per riprendermi completamente.»
«Però appena ti svegli mandami un messaggio così mi confermi che sei viva e non mi fai stare in pensiero.»
«Lo farò, sempre se non muoio prima.»
«Smettila di dire così» quasi urlai «Odio quando parli in questo modo.»
«Non urlare, ti prego» si lamentò «Mi scoppia la testa.»
«Scusa, scusa» risi, stringendo le labbra in una piccola linea sottile «Aspetto un tuo messaggio, mi raccomando.»
Chiusi la chiamata e ripoggiai il telefono sul comodino. Mi tolsi completamente le coperte di dosso e, senza avere nemmeno il tempo di alzarmi dal letto, mia madre bussò alla porta della mia camera per poter entrare. Mi salutò con un buongiorno e mi avvisò di prepararmi perché saremmo andati a pranzare fuori.
«Saremo solamente io, tu e papà?» domandai parecchio sorpresa.
«Ci sarà anche la famiglia Cooper e le rispettive fidanzate di Richard e Terence» quella frase mi fece alzare gli occhi al cielo, beccandomi un rimprovero da lei.
Non solo ero costretta a vedere Richard in azienda ma dovevo anche vederlo la domenica, l'unico giorno in cui pensavo di poter fuggire da lui e da tutto ciò che lo riguardasse. Era diventata la mia più grande persecuzione e, probabilmente, non sarei riuscita a liberarmene molto facilmente.
«Mi dispiace veramente tanto che Trent sia ancora in Italia» si avvicinò, poggiandomi una mano sulla spalla come per consolarmi «Appena tornerà a New York, cercheremo di organizzare qualcosa anche con lui.»
«Certamente, mamma» feci un impercettibile sorriso e mi alzai per dirigermi con grande gioia verso il bagno.
Sotto il getto d'acqua iniziai a pensare che, ultimamente, era davvero impossibile evitare occhi di ghiaccio. Rimasi in doccia un po' più del solito; finii di prepararmi e scesi al piano di sotto. Incontrai la signora Vanessa, che avevo sempre considerata come una seconda mamma, e mi recai in soggiorno.
Provai a salutare mio padre, ricevendo una risposta fredda e distaccata. Giorno dopo giorno speravo che il nostro rapporto potesse migliorare. Mi dispiaceva, e anche tanto, ma quel minimo di legame che ci univa era stato rotto completamente da lui. Non mi aveva sostenuta in una delle scelte più importanti della mia vita. Ero stata io l'autrice del mio futuro e non lui.
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Anima di Ghiaccio
RomanceFuoco e Ghiaccio possono stare vicini? Victoria Morgan e Richard Cooper affiancheranno le loro rispettive famiglie, diventando i nuovi soci della Universe Corporation, una delle aziende di architettura più famose del territorio newyorkese. Lei è il...