CAPITOLO 20

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VICTORIA

«Non vorrai prendere freddo?» ripensai alle parole della stessa persona che mi aveva fatta ammalare dopo un bagno in pieno novembre e in un lago completamente ghiacciato. Mi ero alzata con febbre e dolore alle ossa.

Una combo perfetta.

«Purtroppo non riesco a venire in azienda» avvisai a lavoro, enunciando che non sarei andata. Non riuscivo nemmeno a stare in piedi, la testa mi girava veramente troppo.

Mi addormentai alcune ore, venendo successivamente risvegliata dal suono del campanello di casa. Inizialmente decisi di non alzarmi e fingere di non esserci ma, quando qualcuno risuonò con insistenza, mi alzai dal divano lasciando che la coperta mi avvolgesse le spalle.

Tutti ma non lui.

«Cosa ci fai qui?» chiesi, sbuffando «E come hai fatto...»

«Ciao anche a te, Fiamma» mi salutò Richard, analizzando il mio corpo dalla testa ai piedi e soffermandosi sul mio viso sicuramente poco piacevole da vedere. Ero in condizioni disastrose ma lui non sembrava nemmeno notarlo. «Il portone era già aperto e sono venuto a trovarti. In azienda mi hanno detto che non saresti venuta perché sei malata.»

Mi sorpassò, senza nemmeno lasciarsi invitare dentro.

«Hai proprio una bella faccia tosta a presentarti qui» richiusi la porta, tornando a sedermi sul divano e portando le ginocchia al petto per riscaldarmi «È colpa tua se mi sento così. Speravo fossi malato anche tu» conclusi, starnutendo.

Sorrise, sedendosi anche lui. «Mi dispiace deluderti ma sto una meraviglia.»

Dei brividi di freddo mi percorsero il corpo. Sicuramente la febbre stava risalendo ma non potevo prendere un'altra medicina, era passato troppo poco tempo dall'ultima. Mi sistemai la coperta addosso e presi anche l'altra, adagiandola invece sulle gambe.

«Ti sei presa qualcosa?» mi domandò, portando una mano sulla mia guancia. Era freddo e mi ritrassi dal suo tocco, voltando il capo di lato.

«Non toccarmi, hai le mani freddissime» mi lamentai, scostandolo leggermente.

Si spostò, avvicinandosi a me, e incastrò una mano tra le ciocche dei miei capelli scuri. Mi spinse verso di lui e poggiò le labbra sulla mia fronte accaldata. Ebbi di nuovo un brivido ma non per la febbre.

«Sei caldissima» si staccò, facendomi percepire la mancanza di quel contatto improvviso «Posso aiutarti in qualche modo?»

«Sì, andando via e lasciandomi sola» battei i denti, tremando sotto il suo sguardo.

Rise, posizionando un braccio dietro la schiena. Adagiai una mano sopra il suo petto e mi sollevai, cercando di spostarmi e allontanarmi da lui. Non mi diede il permesso, obbligandomi a stargli accanto.

«Dovevo essere io quello malato e non tu» mi accarezzò i capelli, facendomi istintivamente chiudere gli occhi. Ero poggiata su di lui e se avesse continuato così, probabilmente mi sarei persino addormentata.

I capelli erano da sempre il mio punto debole.

«Dovresti andare via, Richard» sussurrai, rimanendo con le palpebre abbassate. Le mie parole dicevano una cosa ma il mio corpo stava facendo intendere tutt'altro.

«Vuoi veramente rimanere sola?»

Non risposi mi addormentai lasciandomi riscaldare dall'inverno in persona.

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Non avevo mai dormito così tanto. Mi svegliai percependo una mano toccarmi la fronte. Dischiusi gli occhi e mi resi conto di essere ancora poggiata con il viso sul petto di Richard e la mano stretta intorno al suo addome.

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