CAPITOLO 13

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VICTORIA

Aveva sempre desiderato tenermi lontano da lui e, a quanto sembrava, questa sua volontà si stava realizzando momento dopo momento. Non mi cercava, evitava di infastidirmi e così più importante tra tutte, non mi chiamava più Fiamma.

Mi era capitato di pensare a lui ma non potevo aiutarlo se, proprio la persona direttamente interessata, non mi dava la possibilità di farlo. Aveva fatto una scelta e io dovevo solamente rispettarla in rigoroso silenzio e senza alcuna insistenza.

Qualcuno bussò alla mia porta. «Occupata?» mi domandò Terence, sbucando soltanto con la testa «O se sei impegnata, posso anche passare dopo.»

«Vieni, entra.»

Si sedette davanti a me, posando i gomiti sulla mia scrivania. «Come stai?» mi domandò «Ultimamente mi sembri molto pensierosa e so che c'è qualcosa che ti turba. È successo altro con i tuoi genitori?»

«Con loro la situazione è sempre la stessa. Da quando sono andata via di casa, in azienda ci vediamo veramente poco e penso sia la cosa migliore per tutti. Siamo troppo, ma veramente troppo, diversi e non riusciremo mai a trovare quell'equilibrio che ogni famiglia dovrebbe avere.»

I miei genitori erano stati capaci di perdere l'unica figlia che avevano e, niente e nessuno, sarebbe più stato in grado di ridargliela. Per tanti anni mi ero addossata di colpe che non meritavo e che mi facevano sentire sbagliata e giudicata.

Ma ora, stavo cercando di riconquistare la mia libertà.

Orientai la nostra conversazione sulla sua relazione insieme a Carly. Quando lui parlava di lei, sentivo tutto l'amore che provava nei suoi confronti.

«Sei cotto di Carly, guarda occhi a cuoricino che hai» dissi, prendendolo in giro.

«Solamente cotto?» si passò una mano tra i capelli, imbarazzato «Penso proprio di essere innamorato di lei, Victoria. Cazzo, mi ha fatto perdere la testa.»

«Questa è musica per le mie orecchie» sorrisi.

«Ora smettila di mettermi in imbarazzo, grazie» mi scompigliò i capelli, beccandosi uno schiaffo sulla mano. Guardò l'orario sul telefono e si alzò dalla sedia, dandomi un bacio sulla nuca. «Purtroppo devo andare, ho una riunione noiosissima a cui devo partecipare.»

Aprendo la porta del mio ufficio, vedemmo Richard con il pugno a mezz'aria. Quest'ultimo entrò e, dopo avermi guardata, tornò a prestare attenzione a suo fratello. «Ciao, Fratellino» disse Terence, dandogli qualche pacca sulla spalla destra e beccandosi uno sbuffo da Richard.

«Odio essere chiamato così» si oppose, inquieto «Smettila di farlo, Terence.»

Terence si voltò verso di me, mettendosi una mano di lato alla bocca per nascondersi dal fratello. «Oggi mi sembra un po' nervoso. Fai attenzione, non vorrei che si alterasse troppo.»

Mi trattenni dal ridere nonostante Occhi di Ghiaccio fosse tutto tranne che allegro.

«Già, sono nervoso» confermò «Quindi evita di farmi incazzare anche tu

«Vorrei chiederti chi ti ha fatto arrabbiare ma penso di sapere già la risposta. Comunque, va bene. Non ti farò infuriare...» si zittì, ridendo «...Fratellino

Terence scappò da suo fratello prima che potesse afferrarlo e sbraitargli contro i peggio insulti. Sospirò arreso e si chiuse la porta alle spalle, schiarendosi la gola.

Era da tanto che non parlavamo e non sapevo come comportarmi nei suoi confronti.

«Non volevo disturbarti ma mi hanno chiesto di farti avere questi documenti» sollevò una cartelletta bianca davanti ai miei occhi «E di domandarti anche come stesse procedendo la campagna pubblicitaria per la serata di beneficenza.»

Anima di GhiaccioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora