Elisa e Lucrezia: l'ultima battaglia (Parte seconda) - Capitolo 14

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Castello di Rivombrosa

Tra le stanze silenti del palazzo, riecheggiarono le urla disperate di Amelia. Angelo e Martino si destarono di soprassalto, uscendo dalle proprie camere. «Che cosa succede?» Chiese Angelo. L'anziana governante era pallida in volto, con gli occhi bagnati dalle lacrime. «Elisa... Elisa è...» farfugliò, sconvolta. Martino le posò le mani sulle spalle. «Amelia, Amelia guardami» esclamò il conte. «Calmati e spiegaci cos'è accaduto.»
«Elisa è andata a Palazzo Van Necker» disse lei, tra i singhiozzi. I due si guardarono attoniti. «Perché?» Domandò Angelo. «Vuole trovare le prove per incriminare la marchesa» rispose Amelia. Martino sgranò gli occhi. «Ma è impazzita?» Sbottò l'intendente. «Angelo, vai a sellare i cavalli, sbrigati!» Gridò il conte. L'uomo annuì e corse alle scuderie. Martino prese Amelia sottobraccio, sorreggendola. «Povera la mia piccolina, se quella donna...» mormorò lei, in un singhiozzo. «Non le accadrà nulla» la interruppe il giovane «non permetterò a Lucrezia Van Necker di farle del male.»

Torino, Palazzo Radicati

Le prime luci dell'alba penetrarono dalla finestra della camera, illuminando il volto teso di Anna. Antonio aprì gli occhi e la vide seduta sul letto con lo sguardo perso nel vuoto. «Anna, che ti succede?» Le chiese, ancora confuso dal sonno. «Sono preoccupata per Elisa. Ho la sensazione che possa accaderle qualcosa di brutto» rispose lei, sospirando. «Ma no, che dici?»
«Il suo sguardo, le sue parole, il suo desiderio di fare giustizia una volta per tutte» mormorò, cupa. «Non lo so, Antonio.» Ceppi si tirò su a sedere sfiorandole i capelli che le ricadevano lungo la schiena. «Di che cosa hai paura, amore mio?»
«Elisa è coraggiosa, ma mettersi contro Lucrezia è pericoloso. Non so come farà a convincere il re della sua colpevolezza.» D'un tratto udirono la porta bussare. Una delle cameriere del palazzo entrò per annunciare una visita. «Perdonate, signora marchesa, ma nel salone bianco c'è monsieur Benac che chiede di essere ricevuto.» Anna e Antonio si guardarono increduli. «Vai pure...» mormorò la marchesa. Si alzò dal letto iniziando a camminare avanti e indietro per la stanza. «Victor Benac? Perché è tornato a Rivombrosa? Cosa vuole quell'uomo ancora da noi?» Chiese, agitata. «Mio Dio Antonio, che cosa facciamo?» Ceppi le si avvicinò carezzandole il volto. «Lo ricevo io, ma tu stai tranquilla» la rassicurò, dandole un bacio a fior di labbra. Victor attese pochi minuti prima di vedere Antonio, apparire dall'ingresso del salone. «Monsieur Benac» disse, avvicinandosi. «Non so per quale ragione siate tornato a Rivombrosa, ma avete una faccia tosta senza eguali a presentarvi ancora dinanzi la nostra vista» esclamò austero, senza dargli modo di proferir parola. L'uomo abbassò lo sguardo. «Avete ragione, dottor Ceppi» mormorò «non sono stato il migliore degli uomini. Ho fatto del male ad Elisa e ho arrecato preoccupazioni e problemi alla vostra famiglia. Comprendo la vostra collera.»
«Che cosa volete ancora da noi? Perché siete qui?» Chiese Antonio, scuro in volto. «In questi mesi, il rimorso che ho provato e che provo per le mie azioni, mi ha consumato» proseguì Victor, con occhi lucidi. «Sono tornato per chiedere perdono ad Elisa e chiederne a tutti voi.»
«Temo che non potremmo mai più fidarci, monsieur Benac. Sono accaduti troppi eventi spiacevoli, per questa ragione, non vogliamo più avere nulla a che fare con voi» esclamò Ceppi.
«Non vi biasimo, ma non chiedo altro che riparare ai miei errori. Come vi ho detto è mio desiderio chiedere perdono alla contessa Ristori, dopodiché non sentirete più parlare di me» continuò Benac, senza rassegnarsi. «Vi chiedo solo di farmi avere un incontro con lei, vi prego.» Antonio fece qualche passo verso di lui, parandosi a pochi centimetri dal suo volto. «Forse non mi sono spiegato» mormorò irritato «Elisa non ha alcuna intenzione di vedervi. Dimenticate per sempre il nome dei Ristori, monsieur Benac. Andatevene, e non tornate mai più.»
«Mi sembra di capire che le mie scuse non siano gradite. Perdonate il disturbo e porgete i miei saluti alla marchesa Anna.» Dicendo così, Victor chinò lievemente il capo e si dileguò sotto lo sguardo rigido di Ceppi.

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