La Regina Maria Antonia di Borbone - Capitolo 9

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L'indomani al calar della sera, Elisa era pronta per il ricevimento a Corte. Elegante nell'abito perlato, attendeva in biblioteca l'ora della partenza. D'un tratto udì la porta aprirsi, si voltò di scatto e vide Cristiano camminarle incontro. «Elisa, dobbiamo parlare» esclamò. «Hai parlato chiaro l'altro giorno, cos'altro dobbiamo dirci?» affermò lei orgogliosa, dandogli le spalle. «Pensavo che potessi capire le mie ragioni» mormorò fissando il vuoto «e invece niente.» Cristiano restò in silenzio. «Mi hai detto che preferisco perderti pur di restare legata al mio passato» proseguì, con un filo di voce. Il giovane incrociò le braccia scuro in volto, avanzando lentamente verso di lei. «Perché non è così?» chiese schietto. «No» esclamò Elisa «e lo sai.»
Poi si voltò, incontrando finalmente il suo sguardo. «Ti amo Cristiano, ma non posso lasciare Rivombrosa» mormorò con voce rotta. «Non voglio perderti» aggiunse subito dopo, afferrandolo per un braccio. Al suo tocco, Cristiano si divincolò respingendola. In quel momento però, la loro conversazione fu interrotta dall'ingresso di Bianca.
«Perdonate» disse esitando «ma la carrozza è giù che vi attende.»
«Arriviamo» esclamò il Principe. Rivolse un breve sguardo ad Elisa, e si allontanò abbandonando la biblioteca.

Torino, Palazzo Reale

La facciata della reggia si stagliò contro il cielo oscuro, illuminata dalla luce calda delle fiaccole. I nobili onoravano la Corte nel grande salone delle feste, dove il ricevimento procedeva fra pettegolezzi mondani e danze aggraziate. Il vociare e la musica dell'orchestra si interruppero non appena venne annunciata solennemente, l'entrata della Famiglia Reale. Gli occhi di tutti si posarono sui sovrani, che fecero il loro ingresso regale nel salone silente. Anna, nel magnifico vestito argentato, si guardava intorno in attesa dell'arrivo di Elisa. Al suo fianco Antonio e Madame Chevalier. «Amici miei, la vostra presenza a Corte mi riempie il cuore di gioia» esclamò euforica. «Non potevamo rifiutare un invito della Regina» rispose Anna, accennando un sorriso. «E vostra cognata, la contessa Elisa?»
«A breve dovrebbe arrivare, Madame.»
A poca distanza da loro Maria Antonia di Borbone, affiancata dal Re si accomodò sulla poltrona Reale. «Ecco Sua Maestà, la Regina» mormorò la Chevalier «come sempre di cattivo umore.» Anna guardò l'amica con aria interrogativa. «Diciamo che le avventure amorose del nostro sovrano, addolorano profondamente la Regina» si limitò a dire Rossana, sogghignando. Elisa seguita da Cristiano, entrò nel salone da ballo, sotto gli occhi ostili dei nobili che la osservavano indignati. Durante il viaggio, i due non si erano rivolti nemmeno una parola. In quel preciso istante anche Lucrezia, sfoggiando il suo appariscente abito smeraldo varcò la porta, sfilando tra la nobiltà torinese. Alla sua vista, Elisa si sentì quasi mancare. Non poteva credere che la sua peggior nemica fosse riuscita ad insidiarsi finalmente a Corte. La Regina, turbata, si voltò verso il marito, rapito dall'avvenenza della marchesa Van Necker. I due amanti si scambiarono sguardi d'intesa, sotto i suoi occhi. L'ira di Maria Antonia di Borbone fu tale, che si alzò di scatto dalla sua postazione e senza proferir parola, abbandonò il ricevimento. «Povera la nostra sovrana, che umiliazione!» esclamò Madame Chevalier, nascondendo dietro al ventaglio l'ostilità nei riguardi di Lucrezia. Elisa e Cristiano si avvicinarono. «Mia cara» disse Anna, baciandole le gote. «Principe» aggiunse, osservando il gelo che vi era tra loro. «Sei meravigliosa, Elisa» affermò Antonio affettuoso, facendole un elegante baciamano. «Davvero contessa Ristori, la vostra bellezza è impareggiabile» intervenne Rossana. La contessa accennò un sorriso imbarazzato, quando guardandosi intorno incrociò gli occhi di Lucrezia, che la osservavano sprezzanti. «Scusate» mormorò, prima di allontanarsi dal ricevimento, sfuggendo a tutta quella tensione. Inutili furono i richiami di Anna. Elisa uscì sulla grande balconata del Palazzo Reale per riprendere fiato. La marchesa Van Necker, i pettegolezzi e le cattiverie dei nobili erano troppo anche per lei. Totalmente assorta nei propri pensieri, non si accorse della presenza di qualcuno dietro le sue spalle. «Tieni...» Nell'udire quella voce, Elisa trasalì e voltandosi vide Cristiano porgerle un calice di champagne. Lo guardò per qualche istante, poi afferrò il bicchiere sorseggiando tutto d'un fiato. «Non è possibile» mormorò turbata «Lucrezia a Corte.»
«La marchesa ha fatto bene i suoi calcoli» esclamò il Principe. «Diventando la favorita del Re, ha incrementato il suo potere e la sua ascesa a Corte.»
«Quella donna ottiene tutto ciò che vuole» asserì Elisa. «Un modo c'era per non avere più a che fare con Lucrezia» disse Cristiano, rivolgendo lo sguardo verso il cielo. Anche Elisa alzò gli occhi commossa, nel vedere le migliaia di stelle che brillavano quella notte. «Tu non puoi perdonarmi per aver scelto di restare a Rivombrosa, vero?» gli chiese, mentre una lacrima le rigò il viso. «Non posso» rispose lui, amareggiato. «Chi ama, comprende» replicò Elisa «e perdona.» Cristiano tornò a guardarla. «È questo l'amore? Rinunciare ad un futuro insieme per restare legata ad un passato che ormai non esiste più» esclamò. «Non ha senso, Elisa.»
«No!» sbottò lei «questo non te lo permetto.» Lo fissò negli occhi. «Mi accusi di non amarti? Dopo la morte di Fabrizio, credevo che non avrei più potuto amare un altro uomo» disse tra i singhiozzi «e invece è successo.»
«Anche io, Elisa, pensavo che non avrei mai amato veramente una donna, e invece» esitò appena «ti ho amata dal primo momento che ti ho vista.»
«E allora se mi ami, resta con me, a Rivombrosa» mormorò Elisa, lasciandolo senza parole. Cristiano abbassò lo sguardo. «Sei tu che vuoi gettare via il nostro amore, non io» proseguì lei imperterrita. «Non posso lasciare Rivombrosa. Per Fabrizio, sì! Perché ho giurato sulla sua tomba che mi sarei presa cura dei luoghi dove abbiamo vissuto felici.» Poi fece per andare, ma si voltò ancora una volta verso di lui. «Ma questo non significa che io voglia rinunciare a te.» Questa volta si allontanò di pochi passi, quando Cristiano si portò alle sue spalle, afferrandola per un braccio. «Aspetta» esclamò. «Se non volessi rinunciare a me, mi seguiresti ovunque» le mormorò sul collo. «Ma la verità è che tu non vuoi sposarmi, Elisa» continuò, parandosi di fronte a lei. «Perché quel posto resterà per sempre di tuo marito.» A quelle parole Elisa restò pietrificata. Si guardarono negli occhi per pochi istanti poi fu Cristiano ad allontanarsi, tornando al ricevimento. Pochi minuti dopo, anche Elisa rientrò alla festa. Quando varcò l'ingresso del salone Lucrezia le si parò davanti. «La contessa Ristori» disse sorniona. «Addirittura a Corte... Dimenticavo il tuo talento innato di insidiarti ovunque non ti spetti.»
«Lasciami in pace» sibilò Elisa, sprezzante. La marchesa sorrise soddisfatta. «Lasciarti in pace?» ci rifletté pochi istanti «forse... Infondo ora ho tutto ciò che ho sempre voluto. Con il Re al mio fianco, nessuno oserà più mettermi i bastoni fra le ruote, nemmeno tu, Elisa.»
«Sei così debole che hai sempre bisogno di abbindolare qualcuno, per raggiungere i tuoi scopi» rispose Elisa, ostile. «Prima o poi pagherai per tutto il male che hai fatto.» La strattonò. «Lo so che sei stata tu ad incendiare il borgo e le cantine di Rivombrosa» proseguì austera «spero che il Re non sia un uomo tanto stolto, dal tenersi accanto una donna come te.» Lucrezia restò paralizzata dalla presa di Elisa. «E come il barone di Conegliano, anche lui ti getterà via come un vestito vecchio. Mi auguro solo che tuo figlio, un giorno, sarà diverso da te!» Così dicendo le diede uno spintone, facendola quasi capitolare a terra. La marchesa guardò Elisa allontanarsi con l'odio negli occhi.

Il mattino seguente, la Regina irruppe nella stanza del Re, al colmo della collera. «Come avete potuto?» urlò indignata. Vittorio Amedeo III, la squadrò da testa a piedi accennando un ironico sorriso. «Fare cosa, mia adorata sposa?»
«Portare a Corte quella donna!»
L'espressione sul volto del sovrano si trasformò, passando rapida dall'ironia, alla rabbia. «E voi?» sbraitò «Come avete osato invitare i Ristori, sapendo che non voglio avere nulla a che fare con loro.»
«I Ristori sono sempre stati fedeli alla corona. Hanno salvato vostro padre da una congiura...»
«Basta!» la interruppe il Re, fulminandola con gli occhi. «Questa conversazione è durata fin troppo e per quanto riguarda la marchesa Van Necker, vi consiglio caldamente di ricredervi sul suo conto.» Così dicendo abbandonò la stanza. La Regina, una volta rimasta sola cadde in un pianto disperato. I doveri di Vittorio Amedeo III, non furono così urgenti dal rinunciare alla sua passione per Lucrezia. Dopo essersi appagati a vicenda, restarono distesi sul letto, tra le lenzuola stropicciate. «Quest'oggi la Regina era molto inquieta» disse il Re, trattenendo a stento una risata. «Perché mai?»
«Non accetta la vostra presenza a Corte.» La marchesa sospirò nervosa.
«La Regina mi ama e come tutte le donne, è gelosa» ridacchiò divertito.
«Vi sbagliate, Sire» replicò Lucrezia «io non sono quel tipo di donna.» Vittorio Amedeo la guardò negli occhi, incorniciati dalla folta chioma rossa che le ricadeva lungo i seni. «Non intendo crearvi alcun tipo di problema, se non essere per voi fonte di piacere e soddisfazione» disse sensuale. «Voi siete molto più di questo» mormorò il sovrano, con voce strozzata dall'eccitazione. Si avventò sulle sue labbra e la baciò con foga. Lucrezia si scostò avvicinandosi al suo collo. «Spero solo che la Regina non si insidi tra noi, Maestà» sussurrò con sguardo gelido.

Elisa La Leggenda Di RivombrosaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora