Oltre i confini del Regno di Sardegna - Capitolo 17

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Torino, in tribunale

I giorni del processo di Lucrezia Van Necker furono lunghi ed estenuanti. La Corte aveva raccolto informazioni, testimonianze e prove riguardanti l'assassinio della regina Maria Antonia di Borbone. Arrivò così il giorno della sentenza. Anche Re Vittorio Amedeo III, affiancato ai conti Ristori aveva preso parte alle udienze. Nell'aula, il presidente della corte ordinò che si facesse silenzio, poi diede inizio alla lettura. «In nome di Sua Maestà Vittorio Amedeo III, oggi qui presente...» Il giudice chinò il capo, accompagnato da tutta la nobiltà presente. «... analizzati i fatti e ascoltate le numerose testimonianze, la corte ritiene la marchesa Lucrezia Van Necker...» La donna finalmente alzò la testa che fino a quel momento aveva tenuto china. «... colpevole di alto tradimento per l'omicidio di Sua Maestà la regina, Maria Antonia di Borbone» lesse il giudice. «Pertanto questa corte la condanna a morte per decapitazione e stabilisce che la sentenza venga eseguita il giorno 15 di giugno dell'anno del Signore 1778.» Emesso il giudizio, Lucrezia venne afferrata dalle guardie per essere ricondotta in carcere. Vittorio Amedeo III prese Elisa sotto braccio e abbandonarono l'aula seguiti da Martino, Antonio e Anna. Mentre si dirigevano verso l'uscita del tribunale, il sovrano osservò lo sguardo della contessa che pareva essere angosciato. «Qualcosa vi turba, cara contessa?» Chiese il re. Elisa abbozzò un amaro sorriso. «Nulla Maestà, è solo che ritengo la condanna a morte... Crudele» mormorò scossa «anche per gli individui più spregevoli come Lucrezia.» Il sovrano le strinse le mani, addolcito dalla sua grande umanità. «Il vostro animo nobile vi fa onere, contessa Ristori, ma la marchesa Van Necker si è macchiata di un reato di alto tradimento. Era perfettamente consapevole a cosa sarebbe andata incontro» disse il re. Elisa restò in silenzio dinanzi a quelle leggi che nonostante le avversità avute con Lucrezia, non riusciva ad accettare.
Il segretario di Vittorio Amedeo III che lo fiancheggiava in ogni circostanza, gli parlò sommessamente «Maestà è molto tardi...» Il sovrano annuì e si voltò verso i conti Ristori. «Purtroppo i miei doveri mi obbligano a congedarmi.» Prese la mano di Elisa e la sfiorò con le labbra.
«Spero di rivedervi a Corte molto presto.»
«Non mancheremo, Maestà, ve ne siamo immensamente grati» si intromise Anna, notando l'imbarazzo nel volto della cognata. Il re accennò un lieve sorriso guardando Elisa con aria ambigua, poi salì sulla carrozza Reale che subito partì e si allontanò dal tribunale.

Torino, in carcere
Tra le mura rovinate e trascurate dalle fitte ragnatele, le voci delle detenute risuonavano austere. Lucrezia era seduta per terra a fissare il vuoto. L'odio che provava per Elisa la consumava giorno dopo giorno. Una guardia entrò nella cella facendosi largo tra le recluse che gli si pararono davanti, tra insulti e imprecazioni. «Marchesa van Necker, c'è una visita per voi» le riferì. Lei alzò lo sguardo restando impassibile. Venne accompagnata in una cella privata dove ad attenderla c'era il suo fedele Gasparo. «Mia signora» mormorò il servo, inginocchiandosi e baciandole la mano. «Avete cinque minuti» disse la guardia, poi abbandonò la cella lasciandoli soli. «Devo uscire di prigione, fai tutto il necessario per renderlo possibile!» Esclamò Lucrezia, con l'odio negli occhi. «Marchesa, il re ha dato ordine alle guardie di sorvegliare il carcere giorno e notte. È impossibile fuggire da qui» rispose Gasparo, visibilmente angosciato per le sorti della sua padrona. Gli occhi della marchesa si accesero. «Scrivi una lettera al marchese Dante Casalegno, è stato un congiurato contro Carlo Emanuele III» disse, mostrando un sorriso astuto.
«Un vecchio amico che sarà molto felice di aiutarmi.»
«E se dovesse rifiutare?» Chiese Gasparo. Lucrezia lo guardò con la certezza negli occhi. «Non lo farà, c'è un patto tra noi. Non mancherà alla parola data.»

Castello di Rivombrosa

Ceppi chiuse la sua borsa medica mentre Elisa si rivestiva allacciandosi il corsetto. «Bene, la ferita è guarita completamente, non avrai più bisogno delle mie cure» disse Antonio, sorridendo. «Grazie, per tutto quello che tu e Anna avete fatto per me e per Rivombrosa.»
Ceppi le carezzò il volto. «È tutto finito ora. Grazie al tuo coraggio e alla tua nobiltà d'animo hai reso giustizia alla regina e hai riportato la pace tra i Ristori e la Corona.» Elisa s'incupì.
«È vero, ma dare giustizia a qualcuno non giustifica togliere la vita a qualcun altro. È crudele.» Antonio sospirò. «Purtroppo sono queste le leggi, Elisa. Lucrezia van Necker ha compiuto un atto di alto tradimento, e per tali reati è prevista la condanna alla pena di morte.» La contessa scosse il capo, fissando il vuoto. «Lo so... Ma non è ugualmente giusto.» D'un tratto Ceppi rammentò una questione importante. «Con tutto quello che è successo, io e Anna abbiamo dimenticato di darti una notizia che forse potrebbe turbarti.» Elisa lo guardò interrogativa. «Pochi giorni fa Victor Benac è tornato a Rivombrosa» disse Antonio, tutto d'un fiato. «Si è presentato a Palazzo Radicati e mi ha implorato di farti avere un incontro con lui.» Elisa lo fissò con aria smarrita. «Ha detto che vuole chiederti perdono per tutto il male che ti ha causato» proseguì il dottore. «Non ripongo più fiducia in lui dopo quello che ha fatto» disse Elisa, rivolgendo lo sguardo alla finestra. Ceppi le prese la mano. «Non c'è da preoccuparsi, non credo abbia cattive intenzioni. Mi è parso sincero, ma è meglio non correre rischi» disse Antonio.

Elisa La Leggenda Di RivombrosaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora