Elisa e Lucrezia: l'ultima battaglia - Capitolo 13

83 5 0
                                    

Torino, Palazzo Reale

Ignari di quanto accaduto durante la notte, all'alba i Ristori partirono per Torino, per far visita a Sua Maestà, la regina. Scesero dalla carrozza ed entrarono dall'ingresso principale della reggia. Non appena varcarono la porta della sala d'attesa, i nobili si voltarono osservandoli con disprezzo. Elisa si avvicinò ad uno dei maggiordomi di corte. «Come sta Sua Maestà?» chiese, con aria cupa. L'uomo non fece in tempo a rispondere, che in quel momento, il vociare si interruppe all'entrata del prefetto Terrazzani. Gli occhi di tutti si posarono su di lui nel salone silente. «Sua Maestà Maria Antonia Ferdinanda di Borbone - Spagna, Regina consorte di Sardegna, Infanta di Spagna, questa notte si è tristemente spenta.» Una lacrima rigò il volto di Elisa. «Nei conforti della fede della Sacra Romana Chiesa e nell'amore dei suoi sudditi, la regina è morta. Viva la regina!» I nobili replicarono le parole di Terrazzani a voce alta, mentre i Ristori restarono terribilmente scossi da quella notizia. Nei giorni seguenti la salma della regina venne esposta nella camera ardente, dove tutta l'aristocrazia piemontese poteva darle l'estremo saluto. «Réquiem aéternam dona eis, Dómine et lux perpétua lúceat eis. Réquiéscant in pace. Amen» recitava il sarcerdote. Anche Lucrezia prese parte ai funerali, che con aria compiaciuta, affiancava re Vittorio Amedeo III. Elisa scese dalla carrozza al braccio di Martino seguita da Anna e Antonio. Attraversarono la navata della chiesa sotto gli occhi della nobiltà e sotto quelli sprezzanti della marchesa Van Necker. I loro sguardi s'incrociarono per pochi attimi. Elisa si avvicinò alla regina, con una rosa bianca tra le mani. La osservò turbata, trattenendo a stento un singhiozzo. «Eravate degna di stima e di amore. Avrete giustizia, ve lo prometto» mormorò tra le lacrime. «Che Dio vi abbia in gloria, Maestà.» Così dicendo, adagiò delicatamente il fiore sulla salma di Maria Antonia di Borbone.
Dopo la veglia funebre, Antonio venne convocato dal prefetto Terrazzani. Si strinsero la mano e si accomodarono sulle poltrone l'uno davanti all'altro. «A cosa debbo questo colloquio, prefetto?» Chiese Ceppi, indispettito. «Non temete, non vi ho convocato qui per questioni legali, dottore.» Terrazzani esitò appena prima di riprendere il discorso. «Nonostante non ci fosse più nulla da fare per la nostra amata sovrana, voi avete fatto tutto il possibile per salvarla.»
«Era mio dovere, prefetto. Come lo è per tutte le persone che hanno bisogno della mia professione medica.» Terrazzani accennò un sorriso. «E sareste disposto a diventare il medico personale di Sua Maestà, Vittorio Amedeo III?» Antonio si meravigliò a quella richiesta. «Vi confesso che questa proposta del re, ha sorpreso anche me, dottor Ceppi. Ma ha molto apprezzato il vostro intervento per salvare la regina» continuò Terrazzani. «Lo avrei fatto per chiunque, non merito tanta riconoscenza dal re.»
«Sta a voi decidere. Ma se posso darvi un consiglio, fossi in voi prenderei in attenta considerazione questo desiderio del sovrano.» Ceppi si alzò in piedi. «Sono dolente, prefetto, ma la mia risposta è no» esclamò, con sguardo rigido. «Non è mai stato mio interesse, entrare a far parte dei medici personali di Sua Maestà. Mi sono sempre occupato di curare il suo popolo e continuerò a farlo» rispose il dottore. Terrazzani restò a guardarlo per qualche istante, poi si alzò dalla poltrona e gli strinse la mano. «Pensateci, Ceppi» si limitò a dire. Antonio annuì lievemente. «Arrivederci, prefetto» mormorò, prima di abbandonare lo studio.

Torino, Palazzo Radicati

Dopo il colloquio con il prefetto Terrazzani, Antonio rientrò a Palazzo Radicati. «Dove sono mia moglie e mia cognata?» Domandò ad uno dei domestici. «Vi attendono nel salone bianco, signore.» Con passo svelto, si precipitò da loro. «Elisa, Anna, devo parlarvi» disse, non appena varcò la porta della stanza. «Cos'è successo? Perché il prefetto ti ha convocato?» Chiese Elisa, preoccupata. «Il re ha espresso il desiderio che io diventi il suo medico personale» rispose Antonio.
Anna ed Elisa si guardarono perplesse.
«Certamente io ho rifiutato» proseguì Ceppi «ma forse ha compreso, Elisa. Forse si sta ricredendo su di noi.»
«E forse potremo fargli aprire gli occhi su Lucrezia» mormorò lei. «E dare così giustizia alla regina.» Antonio annuì. «Ma dobbiamo essere cauti, non è detto che sia disposto ad ascoltarci e a farsi convincere» replicò, pensieroso «ma possiamo comunque tentare. Chiediamogli udienza.» Elisa restò pochi momenti in silenzio, assorta nei suoi pensieri. «No» esclamò d'un tratto. «Non questa volta» proseguì, scura in volto. «Che cosa vuoi dire?» Le chiese Anna, confusa. «Più volte in questi anni, abbiamo tentato di chiedergli udienza, ma lui ce l'ha sempre negata.»
«Sì, però forse ora abbiamo una possibilità» replicò la marchesa.
«No, io non posso più sbagliare. Con la morte della regina è accresciuto il potere di Lucrezia. Se non dimostriamo la sua colpevolezza non avremo mai giustizia» spiegò Elisa, turbata.
«E che cosa vuoi fare?» Chiese la cognata, preoccupata. «Ciò che è necessario» mormorò lei, orgogliosa. Un silenzio assordante si posò su di loro.

Elisa La Leggenda Di RivombrosaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora