V.

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TW: accenni a DCA

«Scusa cos’è questo posto? Dove mi hai portato?»
«Quante domande che fai Simone, scendi e vedrai, mh?»

Simone fece come gli suggerì Alessandro, scese dalla macchina continuando a guardarsi intorno, come se quel posto non gli appartenesse e non aveva nemmeno una buona sensazione.

Non gli piaceva stare lì, avrebbe giurato che se avesse avuto un modo per scappare lo avrebbe fatto, ma erano praticamente in mezzo al nulla, davanti ad una piccola villetta isolata, con degli uomini che lui non conosceva ma che sembravano aspettarli.

Aveva anche pensato di rubare la macchina del suo fidanzato e fuggire come, da adolescente, aveva fatto con Manuel, ma anche quella volta Simone fece come disse Alessandro e lo seguì mettendo a tacere quelle brutte sensazioni che aveva da quando avevano messo piede lì.

Alessandro salutò gli uomini, i quali li fecero entrare e condussero entrambi in un ambiente sotterraneo.

I quattro individui si sedettero attorno a un tavolo ed iniziarono a distribuire carte per giocare a quello che aveva tutta l'aria di essere il poker.

Simone si sentiva completamente a disagio e non sapeva cosa dire o cosa fare, si limitò solo a chinare il capo e ad ascoltare i continui discorsi che, tra una partita e un'altra, Alessandro intratteneva con quelli che, da quello che sembrava, erano amici di quest’ultimo.

Un po’ troppo grandi per essere amici di Alessandro, pensò Simone.

Quelle persone non le aveva mai viste e non sentiva in alcun modo di appartenere a loro, ragion per cui non capiva per quale assurdo motivo il suo ragazzo lo avesse trascinato lì.

Ad un certo punto, dopo aver riflettuto abbastanza sul da farsi, Simone si avvicinò ad Alessandro ed ai suoi amici per capire meglio la situazione e cercare di integrarsi.

Che Simone non fosse un tipo socievole lo sapevano tutti, era sempre stato così anche ai tempi del liceo, aveva cambiato un po’ il suo stile di vita da quando nella sua vita era entrato Manuel, e grazie a lui si era sbloccato anche con Matteo e Chicca, ma prima di quel momento si poteva dire che Simone era il classico tipo a cui erano tutti antipatici e che non aveva nessuna intenzione di fare nuove amicizie.

Forse era per questo che si sentiva a disagio in quel frangente, forse perché non era mai uscito da quella bolla in cui si era rinchiuso per anni, forse perché non aveva mai permesso a nessun altro di entrare nella sua vita.

Nonostante ciò, Simone era interessato a sapere ciò che stessero facendo quelle persone, prestò, quindi, molta attenzione a come muovevano le carte, a come gestivano il gioco, fin quando uno di quei quattro non mise un oggetto di valore sul tavolo.

Si vince qualcosa, quindi, pensò Simone, il quale non era mai stato un grande amante dei giochi di carte, conosceva al massimo Scala 40.

Alessandro sembrò leggergli nella mente e con un sorrisino sulle labbra chiarì i suoi dubbi.

«Hai mai giocato a poker, Simone?» gli chiese il suo ragazzo.
«A che?»
«Alessà, nun mette in mezzo ragazzini, nun te conviene» rispose uno dei quattro uomini seduti a quel tavolino, mentre teneva tra le mani cinque carte e sembrava attento a capire quale carta scartare, ma Alessandro non sembrò dargli ascolto.
«Il poker, Simone, hai cinque carte e devi saperle giocare, ma soprattutto, devi giocarti qualcosa. Un po' come una scommessa. Puoi mettere sul tavolo qualsiasi cosa: oggetti di valore, soldi, contratti. I tuoi avversari, ovviamente, faranno lo stesso. Se vinci tu, ti porti a casa sia ciò che i tuoi avversari ti offrono sia quello che ti sei giocato tu, se perdi, automaticamente, perdi tutto».

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