XI.

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TW: se chiava

«Vieni, entra. Te dispiace se c’è pure Matteo? Stavamo qua, insomma…»
«Ma che voi due…?»
«Manuel, non è il momento, piuttosto, ch’è successo? Dal messaggio che m’hai mandato sembrava che avessi ammazzato un uomo a mani nude»

No.
Magari.
Avrei voluto.
Ma ‘nvece de anna’ a ammazza’ uno e fa’ ‘na cosa giusta, o comunque, utile, pe’ ‘na volta in vita mia, ho ammazzato la mia dignità.
E, per altro, manco m’o ricordo.

«Ho fatto ‘n casino, rega’»
«Ciao fratè! Che casino hai fatto? C’hai ‘na faccia che fa paura, oh» lo sbeffeggiò subito Matteo.
«Pensa alla tua che fa paura tutto l’anno»
«Oh, non cominciate che ‘n ve sopporto. Insomma, Manuel, ci vuoi dire che è successo?» si intromise prontamente Chicca.

Ché in fondo, Manuel era andato lì proprio per quello.

Per raccontare ciò che aveva fatto. O meglio, quel poco che ricordava.
Per ricevere un po’ di conforto.
Per cercare un aiuto.
Per provare, insieme ai suoi amici, a trovare una soluzione a quel casino che aveva, inconsapevolmente, combinato.

Ma tanto me diranno che so’...

«…ma sei deficiente?» uscì squillante dalla bocca di Chicca.

Ecco, appunto.

Alla sua confessione, fu quella la reazione della sua amica.

«Ao’ e manco avessi ammazzato qualcuno» sbottò Manuel.

Sarebbe stato meglio, comunque.

«Ma ‘nfatti fratè, che male c’è?»
«Come che male c’è? Te devo ricorda’ che Manuel è innamorato ancora di Simone?» esclamò Chicca.
«Eh ma se ha baciato Claudio po’ es-»
«Carmine»
«Vabbè, Carmine, po’ esse che mo ama questo»
«Oh, ve ricordate che ce sto pure io, sì?» intervenne Manuel senza successo.
«Matteo, sei superficiale, ma come cazzo mi è venuto in mente di rimettermi con te, voi siete uno peggio dell’altro, io me devo fa suora»
«Ma ve siete rimessi ‘nsieme?» quasi urlò Manuel, attirando l’attenzione degli altri due ragazzi.
«Si» risposero in coro Chicca e Matteo.

Manuel si mise le mani nei capelli e non solo in senso metaforico.

Il fatto che i due amici fossero tornati insieme stava a significare che, tempo un paio di mesi, e lui avrebbe nuovamente dovuto passare almeno tre quarti del suo tempo a consolare Chicca dopo l’ennesimo colpo di testa di Matteo.

«Vabbè, auguri e figli maschi, mo m’a date ‘na mano che sto a anna’ a ‘r manicomio?» esclamò, mettendo, finalmente, a tacere Matteo e Chicca.

«Manuel, ma io dico, come t’è venuto in mente? Sei venuto qua impanicato perché t’aveva pulito la bocca-»
«In che senso j’ha pulito la bocca?» la interruppe Matteo.
«Zitto te» lo fulminò Chicca.

E Matteo alzò le mani in segno di resa, limitandosi ad essere soltanto spettatore.

«Dicevo, eri sconvolto, t’aveva messo in difficoltà e pensi bene di baciarlo? Ma sei scemo o cosa?»
«Ero ‘mbriaco, Chì, ‘n me ne so’ manco reso conto, come t’o devo di’? ‘A mattina m’è venuto a porta’ ‘a colazione a ‘r divano e me stava pe’ bacia’. J’ho chiesto se s’era ‘mpazzito e m’ha detto tutto»
«E te che ne sai che te sta a di’ la verità?» Intervenne Matteo.

Manuel in quel momento pensò che, probabilmente, quella fosse la prima cosa seria e sensata che avesse sentito dire a Matteo in dieci anni di conoscenza.

Ché Matteo aveva ragione.

Chi poteva dare a Manuel la sicurezza che Carmine stesse dicendo la verità?

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