VI.

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TW: violenza fisica, autolesionismo

«Me dovete credere, io non ho mai visto Simone così, manco al liceo»
«Ma che t’ha detto?»
«Niente, Manu. Niente. Una cantilena di non mi toccare ripetuti ‘na sfilza di volte come se-»
«Come se qualcuno j’avesse messo le mani addosso, l’avevo detto io che lo psicopatico je menava»
«Mattè, te vorrei di’ che hai detto ‘a prima cosa intelligente dopo quasi trent’anni, ma l’hanno capito pure i muri che Simone c’ha paura de quello»
«Ragazzi, non possiamo accusa’ una persona senza una prova»
«Me pare abbastanza evidente Chì, che dovemo aspetta’? Che lo ammazza? Poi j’o dimo alla lapide che potevamo fa’ qualcosa e n’avemo fatto ‘n cazzo»

Ché io l’ho già perso, vorrei evitare di perderlo per sempre, pensò Manuel, il quale era ancora provato dalla discussione avuta la mattina precedente.

«Continuiamo a stalkerarlo, fratè, “quando un maschio aggredisce un altro maschio con l'intenzione di picchiarlo, io lo uccido. Sono stato chiaro?”» esordì Matteo, mimando con i pollici e gli indici delle mani il gesto della pistola.
«È n’idea de ‘r cazzo Mattè, e ‘n me stupisce che sia uscita dalla bocca tua. Ma poi chi cazzo sei, l’Ispettore Callaghan?»
«Anche perché» si intromise Chicca interrompendo il siparietto tra i due, «ammesso che continuiate a seguirlo e scopriate qualcosa di importante, che fate? Gli menate? Così ve denuncia e quelli che passano i guai siete voi e lui la passa liscia»

Il discorso di Chicca non faceva una piega, ché è proprio così che funzionano certe cose: chi è abituato a delinquere sa come scamparla e passare per vittima a scapito di chi, dell’onestà, ne ha fatto un caposaldo della propria vita.

«Vabbè Chì, appurato che, co’ grande rammarico, ‘n je posso fa salta’ tutti i denti, che se fa?»
«In realtà, io un’idea ce l’avrei…»

Manuel sbuffò una risata, ché ormai le idee di Chicca le conosceva, anzi, forse era stato proprio a causa di una delle idee di Chicca che Simone si era ritrovato in quella situazione.

«Dicce Chicchè, io so’ pronto a tutto. Che dobbiamo fa’? Io me immagino che con Manuel gli famo così paura che lo psicopatico scappa»
«Pe’ fallo scappa’ basta che apri bocca, Mattè. Te giuro che so’ contro ogni forma de violenza ma se Simone fosse come te io ‘n po’ que ‘r cesso ‘o capirei»

Nonostante la serietà dei loro discorsi, Chicca non poté far a meno di accennare un sorriso alla vista dei suoi amici che si punzecchiavano ma che, in fondo, si volevano un bene dell’anima.

Sorriso che si spense non appena il pensiero planò su Simone e sul modo in cui lo aveva visto.

Mancava molto anche a lei, lo avrebbe voluto lì, a ridere e a scherzare con loro, ché gli costava parecchio ammetterlo, ma nessuno di loro era più lo stesso da quando Simone si era allontanato.
Manuel su tutti, che, anche se il suo modo di essere lo costringeva a nascondere emozioni e sentimenti sotto una corazza, era palese che soffrisse.

«Avete finito di punzecchiarvi? Quando ho scelto di fare la maestra dovevo ricordarmi che ho da badare a due bambini ogni santo giorno! Posso parlare?» disse Chicca fintamente arrabbiata.
«Dai, parla, dicce st’idea»
«Potremmo chiedere un consiglio a Carmine»
«E mo chi è Carmine? ‘N me di’ che te sei fidanzata pure te che nun lo potrei sopporta’!» rispose Manuel, con fare teatrale.
«Il fratello di Laura, cretino! È un poliziotto»
«Ma Laura, quella Laura?» intervenne Matteo.
«Laura, la ex di Simone»
«Chì, poi evita’ de ricordamme ‘r periodo oscuro de Simone? Se penso che l’amica tua me stava a fa’ diventa’ zio de ‘n fijo de Simone prima che io potessi diventa’ il ragazzo, me vengono ancora i brividi de paura»
«Ma la colpa non è la tua, Manu» iniziò seria Chicca, «è la vicinanza con Matteo che t’ha reso così deficiente! Insomma, parlando sul serio, che ne pensi?»
«Potremmo fa’ ‘n tentativo» rispose Manuel.

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