Capitolo 15

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Roma, 24 Settembre 2022

Il tempo è uno strano enigma.
A volte sembra scorrere come un fiume impetuoso, inarrestabile e travolgente.
Altre volte, si arresta all'improvviso, come un battito mancato del cuore, lasciandoci sospesi in un istante eterno.

«Tua... moglie?» ripete Yamir, incredulo, passando lo sguardo su Ferit e poi su di me.

Fa un passo indietro, quasi come se fosse stato colpito fisicamente dalle parole di Ferit. I suoi occhi blu, ora ardenti di rabbia, si fissano nei miei, come in cerca una spiegazione. La presa sul mio polso si fa sempre più' forte.

«Si. Yamir. Lei è mia moglie.» dice Ferit, avanzando verso di lui con aria soddisfatta. «E toglile le mani di dosso.» continua ponendosi tra di noi.

La luce del lampione esterno illumina la sua figura: indossa un completo nero impeccabile, con una camicia verde abbottonata fino al collo, i sono capelli legati in un codino stretto che accentua i suoi lineamenti tesi.

Senza distogliere lo sguardo da Yamir, mi prende la mano libera e mi tira verso di sé con decisione, approfittando del momento di smarrimento del rivale.

Ogni fibra del mio corpo vuole urlare, scappare, ma sono bloccata tra la presa di Ferit e la furia nascente negli occhi di Yamir. La mia mente è un turbine di emozioni di cui paura e rabbia ne prendono il sopravvento.

Le parole di Ferit rimbombano nella mia testa ovattata e improvvisamente pesante.

«Andiamo.» mi dice Ferit con una voce così autoritaria, che non lascia spazio a obiezioni. Si aspetta una mia reazione ma rimango immobile, con le gambe che sembrano pietrificate al suolo.

Non sto capendo più niente.

«È vero?» grida Yamir avvicinandosi nuovamente a me, «Arya, è vero quello che dice?»

Non riesco a rispondere subito. Le parole mi si bloccano in gola, ho paura, è furioso e la verità mi pesa come un macigno.

«S... si è vero,» balbetto , tenendo lo sguardo basso, incapace di sostenere i suoi occhi pieni di rabbia. «Ci siamo sposati ieri, ma...»

Un rumore sordo blocca le mie parole, alzo lo sguardo nella direzione del rumore appena riprodotto e quello che vedo mi colpisce come un colpo al cuore.

Mio padre mi osserva con uno sguardo che è più doloroso di qualsiasi parola. Il suo volto è un'espressione di pura delusione e sdegno, come se il solo fatto di guardarmi fosse già una condanna definitiva.

Non dice nulla, ma il suo silenzio la dice tutta. Mi guarda con un disprezzo che sembra attraversare le distanze e avvolgermi in una morsa di vergogna.

«Mia figlia. Si è... sposata.» dice incredulo fissando il pavimento macchiato di vino.

Mia madre, finora silenziosa e quasi invisibile nella sua compostezza, è china a raccogliere i frammenti del bicchiere frantumato, come se concentrarsi su quel gesto le permettesse di tenere insieme i pezzi della sua stessa dignità.

Con una delicatezza quasi irreale, si avvicina a mio padre, gli prende il braccio e con una voce debole, appena percettibile, gli chiede di portarla a casa.

Il suo linguaggio del corpo parla chiaro: è delusa, profondamente ferita, ma è troppo concentrata su mio padre per lasciarsi andare.

«Papà, aspetta!» grido, disperata vedendolo allontanarsi con passo pesante.

Cerco di avvicinarmi a lui che, nel frattempo è entrato in auto evitandomi, ma Ferit mi blocca, afferrandomi con una presa salda.

Le sue mani mi avvolgono con una forza che vuole proteggermi, ma che mi tiene anche prigioniera.

Arya -  Ricomincio da MeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora