Chapter 5

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REBECCA'S POINT OF VIEW

La sveglia squilla ma non ne voglio sapere di alzarmi. Ho ancora male alla testa per la sbornia di ieri sera. Lo ammetto, ho bevuto parecchio. Così tanto che mi sono anche lasciata andare con un ragazzo nel bel mezzo del locale, finché Alessandra non é venuta a recuperarmi all'ora di tornare a casa.

Il mio compagno di ballo me lo ricordo molto bene. Aveva due occhi azzurri, più scuri dei miei, i capelli di un colore biondo scuro erano pettinati con un ciuffo ribelle non particolarmente alto. E poi, come dimenticare il suo fisico, che avevo potuto intravedere, con quel poco senno che mi era rimasto, dai bottoni slacciati della camicia. Ma ciò che più mi é rimasto impresso é senz'altro il suo tocco, le sue mani sui fianchi che mi facevano ondeggiare avanti a indietro.

Svogliatamente sposto il lenzuolo e metto il piedi fuori dal letto, infilandoli nelle morbide ciabatte. É inutile pensare a qualcuno che non rivedrò mai più. O lui o un altro, che differenza fa, tanto non sto cercando una storia seria. L'importante é andare a letto con qualche ragazzo durante il mese di vacanza, devo lasciarmi andare e l'alcool della sera precedente mi ha aiutata a farlo. Faccio sesso soltanto in quel periodo dell'anno e, ogni volta, é dura concedersi a qualcuno che non si conosce. Ma in fondo é solo per una notte, per placare i desideri della carne che ciascuna ventitreenne possiede.

Prendo il telefono e compongo il numero di mamma per parlare con lei e con i bambini. É proprio Matilde a rispondermi, sveglia com'è sa già utilizzare il cellulare.

"Pronto mamma" mi saluta allegra "la nonna mi ha detto che sei tu!".

"Ciao tesorino, come stai? Ti diverti?" le domando.

"Sì, adesso andiamo al mare".

"Ah si? Che bello. Mi passi la nonna?" le chiedo, intuendo che ho chiamato proprio nel momento in cui si stanno preparando per uscire.

"Rebi? Ciao cara, va tutto bene, noi ci divertiamo, i bambini mangiano, fanno pipì e cacca, puoi stare tranquilla" mi dice mamma trattenendo le risate.

"Quanto sei stupida certe volte mà! State uscendo?".

"Papà e Manuele sono già scesi, noi donnine stiamo finendo di vestirci. Richiama questa sera per parlare con tuo figlio".

"Digli di chiamarmi quando gli manco".

"Amore" mi spiega paziente "Manu si sta divertendo tantissimo. Ti vuole bene, ma non per questo deve vivere appiccicato a te. Lasciagli i suoi spazi".

"Ma ha solo cinque anni!" ribatto spazientita.

"É abbastanza grande. Pensa a divertirti e a trovare un marito, gli do un bacio da parte tua".

Non faccio nemmeno in tempo a replicare che non ho bisogno di un marito quando la donna dall'altra parte chiude la chiamata. La odio quando fa così, sa benissimo che ce la faccio anche da sola, anche se capisco che si preoccupi per me.

Apro l'armadio e scelgo un abitino leggero e sportivo sui toni del blu, con dei disegni geometrici, adatto per andare a lavorare al bar. É sabato mattina e non ho il corso all'università, ma incontrerò ugualmente le ragazze che, come da rituale, verranno a fare colazione al mio posto di lavoro.

Metto in moto l'automobile e in pochi minuti raggiungo il parcheggio davanti al piccolo locale di Teresa. Entro dall'ingresso dipendenti sul retro, mi infilo il grembiule arancione con lo stemma del negozio e inizio a preparare caffè e a sfornare brioches. Fortuna che non vado pazza per i dolci, altrimenti sarei ingrassata drasticamente data l'enorme quantità presente.

"Becca" mi sento chiamare da voci conosciute. Mi volto e appoggiate con i gomiti al bancone vi sono le mie quattro amiche più care.

"Stai meglio?" mi domanda Alessandra, che ha assistito ai momenti peggiori della serata, da quando ero attaccata a quel bel figo fino a quando mi ha riaccompagnata a casa barcollante.

"Benissimo, grazie Ale anche per ieri" le rispondo.

"Per cosa? Perché ti ha strappata dalle braccia del principe azzurro?" chiede Serena con un sorrisino sornione.

"Scema" le dico, tirandole una sberla affettuosa sul braccio "Elisa, a proposito, com'è andata con Giorgio?".

"Stiamo insieme" sorride da un orecchio all'altro "e tra due giorni mi porta al mare con lui".

"Sul serio?" ribatte Valeria incredula, fissandola con gli occhi sbarrati.

"Mh-mh" fa lei confermando il tutto. Sono davvero felice che abbia trovato qualcuno che la faccia stare bene, perché se lo merita. Però sono anche preoccupata, perché Ale e Sere partiranno con le proprie famiglie, amiche da una vita, per una settimana in montagna in completo relax. Vale, invece, ha due esami molto ravvicinati e so per certo che passerà tutto il tempo a studiare perché, come sempre, si riduce all'ultimo minuto. Pensavo di contare sulla compagnia di Eli, ma a quanto partirà per una vacanzina romantica. In fondo che importa, anche a costo di andare a ballare da sola non permetterò di farmi rovinare il mio mese da adolescente.

Caccio le mie amiche dal bar, perché mi stanno rubando troppo tempo, e torno a dedicarmi agli altri clienti. Lavorare lì mi piace, perché posso incontrare persone diverse e osservare le loro abitudini, tentare di indovinare le loro routine. Sono sempre stata una ragazza spigliata e estroversa, non mi faccio problemi ad intrattenere una conversazione anche se non conosco il mio interlocutore.

Mi avvicino ad un tavolo pensando a cosa avrei fatto quella sera, chiedendomi se le Ale, Sere, Vale ed Eli sarebbero uscite con me.

"Prego, mi dica" dico, poggiando il menù sul tavolino davanti al ragazzo. Ma quando alza lo sguardo rimango di sasso.

Quegli occhi.

Quei capelli scompigliati.

Sorride facendo sbucare due fossette ai lati della bocca che trovo semplicemente adorabili. Non le avevo notate la sera prima, probabilmente troppo occupata a fissare i muscoli.

"Tu" mi sussurra.

"Già" rispondo, voltandomi dalla parte opposta per non guardarlo negli occhi. É incredibile come mi senta in soggezione davanti a lui, come una ragazzina alle prime armi. Cosa che, in fondo, sono. Non sono mai stata innamorata e non ho mai fatto l'amore con nessuno. Solo sesso. 'Anche altro, Rebecca' mi dico, ma caccio subito quei pensieri che mi mettono i brividi.

"Ieri sera non eri così timida. Dai, siediti" mi propone.

"Sto lavorando".

"Ma con le tue amichette, compresa quella che ti ha portato via da me, hai parlato". Da quanto era lì? Abbastanza da avermi visto chiacchierare e ridere con le ragazze. Facendomi coraggio sposto la sedia e mi siedo al suo fianco, promettendomi di alzarmi presto. In fondo quel personaggio affascinante potrebbe essere il mio amichetto per quel mese.

"Come ti chiami?" mi domanda, senza togliere dal suo viso quel sorriso così magnetico.

"Rebecca" rispondo.

"Io Leonardo, piacere. Quanti anni hai?".

"Cos'è, il terzo grado? Ventitré, comunque".

"Non prendertela, era solo per conoscerti. Io ne ho ventisei".

"Senti Leonardo, adesso devo andare" faccio per alzarmi, ma lui mi trattiene dolcemente per il polso.

"Un secondo" dice scarabocchiando qualcosa su un tovagliolino "é il mio numero. Chiamami, mi piacerebbe uscire con te se ti va".

Prendo ciò che mi porge e mi allontano, dimenticandomi volontariamente di chiedergli le ordinazioni. Probabilmente lo chiamerò davvero, in fondo è bello, gentile e mi ha già invitata fuori. Niente male per iniziare quel mese di puro divertimento.

Ricomincia con meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora