Chapter 29

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REBECCA'S POINT OF VIEW

Sto uscendo molto con Leonardo in questi giorni. Avendo fatto degli straordinari la settimana scorsa adesso ha molto tempo libero, proprio come me. I corsi in università sono terminati, per cui entrambi possiamo goderci le nostre vacanze. Finalmente.
È incredibilmente dolce. Si prende cura di me come se fossi la persona più importante del mondo, mi tratta come una principessa e mi coccola come una mamma affettuosa. Con lui mi sento di nuovo bambina, mi sembra quasi di essere tornata la ragazzina spensierata che ero prima di diventare madre.

Appena può si presenta da me, anche senza avvisare. Non sempre facciamo l'amore, nonostante l'altissima tensione sessuale tra noi. Diciamo che siamo passati ad una fase successiva, cioè quella delle carezze sul divano davanti a un bel film, oppure quella dei dispetti fatti per divertirsi. Ci siamo anche messi a cucinare dolci: l'altro ieri mi ha preparato una torta al cioccolato che era la fine del mondo. Un uomo che sa cucinare? "Non fartelo scappare" mi direbbe mia mamma. Marilù ha sposato papà, che è uno chef, forse per questo motivo. Sicuramente ne era innamorata e lo é ancora, però quell'aspetto casalingo deve averle dato la conferma che fosse l'uomo giusto per lei.

Leo sta diventando una dipendenza. La cosa mi spaventa, anche parecchio. Non pensavo che si potesse aver così bisogno di qualcosa che non fosse caffè, ed io non vivrei senza caffè.

Ma forse, neanche senza di lui.

Nella mia menta si insinua l'idea di un fidanzamento. Di una vita insieme, in futuro. Non ne sono ancora certa, anche se sentirmi dire che mi vuole sposare mi ha aperto una visuale che non credevo possibile. Non pensavo che qualcuno si volesse impegnare con una mamma single con tanti problemi di fiducia verso gli altri.

Un paio di giorni fa ho fatto un sogno terrificante. Probabilmente molte donne lo troverebbero estremamente dolce, romantico e magari anche premonitore. Ma non io, che invece mi sono svegliata quasi in lacrime. Ho dovuto bere un paio di bicchieri d'acqua e sciacquarmi più volte il viso per rendermi conto che non fosse reale.

Nel sogno eravamo a letto. A dormire, stranamente. Nella mia camera matrimoniale.

C'era, però, un elemento estraneo.

Una novità.

Un intruso.

Un lettino. Di quelli con le sbarre e i carillon che suonano canzoncine rilassanti.

In quella culla vi dormiva un bambino. Il nostro bambino. Non aveva un nome, in realtà non ricordo nemmeno se fosse maschio o femmina.

Ma chiamava mamma e papà. E il padre era, senza dubbio, Leonardo che dormiva al mio fianco.

Come se questa situazione non fosse già esageratamente orribile, il sogno si é trasformato in un incubo. Gli occhi azzurri che quella creatura immaginaria aveva si sono immediatamente sovrapposti a quelli dell'uomo che mi ha violentato. Ed erano così fottutamente identici. Così tanto che ho tirato un urlo e ho spalancato gli occhi.

Nonostante questo, però, sta procedendo tutto molto bene. Non ho ancora accennato nulla a mia madre sul mio nuovo quasi - ragazzo, ma penso che lo farò presto. Di sicuro prima che torni dalle vacanze, non vorrei che si trovasse una sorpresa al suo arrivo. Per esempio un uomo in casa mia.

Di certo sarà entusiasta, perché non vede l'ora che io mi sistemi con qualcuno che mi rende felice. E Leo é in grado di farmi stare bene, per cui tutto é perfetto.

Sono sdraiata sul divano con un bicchiere di the freddo mentre leggo un libro. Voglio godermi ogni momento di relax che mi capita davanti.

Qualcosa, però, mi interrompe. É il suono del campanello, alle tre del pomeriggio, quando non aspetto nessuno.

In teoria, almeno.

Leo si é presentato da me a sorpresa così tante volte che neppure riesco a ricordarmelo. Ogni tanto mi é sembrato pensieroso, in questi giorni. Una volta si era perso nei meandri dei suoi pensieri e non aveva capito quello che gli avevo detto. Avevo ripetuto, ma non dopo avergli chiesto se ci fosse qualche problema. Aveva negato tutto dicendo di essere un po' stanco, ma non sta frequentando né l'università né l'ospedale, per cui mi era sembrato molto strano.

Apro la porta e il biondo che occupa ogni angolo della mia mente é lì, davanti a me. Le labbra si aprono in un sorriso sincero quando lui infila una mano dietro la mia schiena e mi attira a sé.

"Mi sei mancata" mugugna, vicinissimo alla mia bocca. Adoro quando mi fa sentire importante, mi fa impazzire.

"Ci siamo visti stamattina. Hai dormito qui, ricordi?" ridacchio. Mi piace metterlo in imbarazzo, farlo sentire una ragazzina che non riesce a stare lontano dall'amato per un secondo. Lui é un uomo, si vuole mostrare forte, lontano dai sentimenti. Ma non ci riesce ed ogni volta ammette di essere debole quando si tratta di me. E la cosa mi rende così felice che ripeto la stessa battuta anche la volta successiva.

"Non fa niente. Finché non vivremo insieme, mi mancherai".

"Dovremo andare a lavorare durante il giorno" sto al gioco, anche se so che parla seriamente. Progetta davvero una vita insieme, che non sono sicura di essere pronta ad affrontare. Ma mi ha promesso tempo e mi voglio fidare di lui.

"Ma sarà diverso, perché sarai mia moglie".

Non gli ho mai parlato del mio sogno. Non vorrei che si facesse strane idee e si dimenticasse intenzionalmente il preservativo. L'idea del matrimonio occupa già fin troppa parte dei suoi discorsi, ci manca solo un figlio. Ho ventitré anni, diamine. Almeno mi voglio laureare. É quello che dicevo anche prima di essere violentata, ma quello é un altro paio di maniche.

"Ti ho portato una cosa" confessa con un sorrisino malizioso. Mi fa paura quando si comporta così.

"Che cosa?" chiedo dubbiosa.

"Siediti".

Apre un sacchetto che teneva in mano e che non avevo ancora notato. Mi mostra un grande album che sembra contenere delle fotografie. É blu, con disegnato un orsetto sulla copertina. Uno dei classici album fotografici dei bambini. In un angolo vi é un'etichetta dove vi é scritto il suo nome.

"Voglio che ci conosciamo meglio, vedendo le nostre foto e raccontandoci quello che ci ricordiamo" mi propone. Trovo l'idea carina, un ottimo modo per scoprire qualcosa dell'altro.

Sposto un paio di volumi dalla libreria alla ricerca del mio album. Alcune foto le conserva mamma a casa sua, ma so che qualcosa deve essere anche qui da me.

Dietro un romanzo che non sapevo neanche di avere trovo quello che cercavo. Torno a sedermi sul divano con aria soddisfatta, tenendo tra le mani quel volume rosa con un grazioso fiocchetto che lo tiene chiuso.

"Però inizi tu" gli impongo. Muoio dalla voglia di vedere un piccolo Leo.

Inizia a sfogliare le pagine. Le prime lo ritraggono da neonato, irriconoscibile. Da quando aveva un anno in poi il viso inizia a somigliare incredibilmente a come é adesso, soltanto senza l'accenno di barba.

Rido di gusto vedendolo con la bocca sporca di cioccolato e con le ginocchia sbucciate dopo una caduta.

"Oh, pensavo che le foto con mio fratello fossero tutte sull'album in comune" parla più tra sé e sé, indicando una foto che ritrae due bambini praticamente identici.

"É tuo fratello?" chiedo, ricordando che quando l'aveva nominato al nostro primo incontro si era rabbuiato.

"Mh-mh, il mio gemello. Però siamo eterozigoti, come i tuoi".

"Eppure vi assomigliate molto" noto.

"Già, é vero. I nostri occhi qui sembrano uguali a quelli che hanno Matilde e Manuele in quella foto" si riferisce alla grande cornice appesa alla parete principale.

Ci faccio caso. Ed è davvero così. Rido per quella strana coincidenza.

"Come si chiama tuo fratello?".

"Luca" mi risponde, senza guardarmi. Non faccio neppure caso a quel nome, troppo impegnata ad osservare la foto successiva.

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