Chapter 44

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LEONARDO'S POINT OF VIEW

È passata una settimana dall'incontro di Rebecca con i miei genitori. Loro sono rimasti molto contenti per aver conosciuto i bambini, hanno ripetuto diverse volte quanto lei avesse fatto un ottimo lavoro nel crescerli. Non sono per niente viziati e, anzi, sembrano molto maturi per avere la loro età. Sono educati, non piangono per ottenere quello che vogliono. Insomma, potrebbero essere ritenuti i figli perfetti. Mamma continua a ripetermi che, da piccolo, ero un completo disastro: urlavo e correvo ovunque. Dice che, se potesse, tornerebbe indietro e farebbe cambio con Matilde e Manuele. Sono felice del loro entusiasmo, perché era da tempo che non li vedevo così sereni. Penso sia cambiato qualcosa anche in Rebecca e credo anche di sapere che questo abbia qualcosa a che fare con il discorso che mia madre le ha fatto. Quindi, per una volta, la devo ringraziare per essersi intromessa. Comunque, sono andato più volte al bar quando lavorava. Non ha mai tentato di fuggirmi e ha scambiato sempre due chiacchiere. Apparentemente sembrava molto rilassata. Continua a negare gli inviti a cena che le porgo, ma lo fa con il sorriso. Mi sembra tutto frutto di un miracolo, di un sogno. Come se, improvvisamente, aprendo gli occhi mi rendessi conto che avevo immaginato ogni cosa.

Mi presento a casa sua con un girasole. È da parecchio che non gliene porto, spero le faccia piacere. Anche quando si rifiutava di parlarmi, i fiori che le lasciavo quotidianamente non li ha mai rifiutati.

Suono il citofono, trattenendo il respiro. Dopo aver fatto passi da gigante nel nostro rapporto ho così paura di essere respinto che quasi non dormo la notte. Rebecca è la cosa più bella che mi sia capitata nella vita e non mi potrei mai permettere di lasciarla andare via.

Apre la porta e nei suoi occhi leggo la sorpresa. Spalanca la bocca e mi fissa, come se fossi un miraggio.

"Che c'è? Ho la maglietta sporca?" chino lo sguardo ad esaminare il tessuto sul petto. Scoppia a ridere.

"Scemo! Non pensavo di trovarti qui, ecco".

"Tieni, é per te" le porgo il girasole. Questa volta ha anche un bigliettino, attaccato al fiocco.

"Oh addirittura un biglietto" ridacchia.

"Leggilo. Ad alta voce".

"No, dai. Tanto sai cosa c'è scritto".

"Voglio sentirtelo leggere. Forza, aprilo" le ordino, mentre incrocio le dita dietro la schiena. Spero tanto che la sorpresa le piaccia.

"Cosa sono?" indica i quattro bigliettini di carta che sbucano dalla busta bianca "Perché c'è lo stemma del parco divertimenti?".

"Mi vuoi ascoltare? Leggi".

"Sperando di passare una splendida giornata con l'amore della mia vita e i suoi meravigliosi bambini, che vorrei potessero essere un po' anche miei. Leo, che significa?" mi chiede con gli occhi lucidi. Dentro di me esulto come un bimbo che ha appena ricevuto il regalo dei suoi sogni. Ho ottenuto l'effetto che speravo!

"Significa che adesso tu e i gemelli vi preparate perché andiamo a divertirci".

Stranamente non oppone resistenza, ma si lascia convincere con facilità. Un'ora e mezza dopo tutti e quattro alziamo lo sguardo, all'unisono, davanti al meraviglioso parco divertimenti. Ai bambini brillano gli occhi per la gioia e per l'entusiasmo e Reb, anche se non lo ammetterá mai, é quasi più felice di loro.

"Partiamo da questa zona con tuuutti i giochi per i piccoli" annuncio, prendendo Matilde per mano e avviandomi verso la coda per salire sulla giostra. Si tratta di un trenino che compie il suo tragitto su una pista simile alle montagne russe, soltanto che senza giri della morte. Manuele ci segue per mano a sua madre.

"É una giostra per veri coraggiosi. Siete sicuri di non avere paura?" scherza Reb.

"Io sono coraggioso" annuncia il figlio, incrociando le braccia al petto e mettendo il broncio. É adorabile.

"Lo sappiamo, Manu. Mamma ti sta prendendo in giro" concludo la frase con una boccaccia, rivolta proprio a Rebecca che si china ad abbracciare il figlio.

"Io lo sapevo che stava dicendo una bugia" dice Matilde orgogliosa. Scherziamo per tutta la durata della fila, qualche volta Reb si lascia abbracciare. Sono certo che, visti dall'esterno, sembriamo quasi una famiglia felice.

Eppure, io so che non lo siamo. Non ancora.

Prendiamo posto su un vagone. Mati mi si siede in braccio spontaneamente. Per quanto sua madre si sia ostinata a negarle una figura paterna, dicendo che non era necessaria, la bambina ha sentito la mancanza di un papà.

Dopo la giostra del trenino ne proviamo altre. Dieci, forse quindici. Sono una più bella dell'altra. I gemelli sono entusiasti, corrono da una parte all'altra scegliendo i giochi che preferiscono. Vinco per loro un peluche a forma di orso gigante ad una di quelle bancarelle in cui bisogna fare canestro. Fortuna che ho sempre avuto un'ottima mira.

Continuando a camminare verso l'ennesima giostra, lo sguardo mi cade su un cartello affisso alla parete. Si tratta di un cinema in 4D per bambini, con seggiolini riservati a loro. In poche parole, i genitori non sono ammessi. Il cartone dura un'ora soltanto, ma sessanta minuti solo con Rebecca mi sembrano quasi un sogno. Non passiamo tempo insieme da molte settimane.

Lo propongo a Matilde e Manuele che, fortunatamente, sono gasati quanto me. Lei all'inizio é un po' restia a lasciarli andare, forse perché la spaventa stare sola con me, anche se mi auguro che non sia così. Tuttavia, vedendo la gioia negli occhi dei suoi figli si convince e li lascia entrare nella piccola saletta.

"Abbiamo un'ora di libertà" le annuncio.

"Se mi hai portato in questo parco apposta perché sapevi di questo cinema, giuro che me ne vado" mi guarda curiosa.

"Giuro che non ne sapevo nulla!" alzo le braccia al cielo, sollevandomi da questa colpa.

"Okay, ti credo. Che si fa?".

"Montagne russe per adulti. Di quelle che vanno velocissimo a testa in giù" la prendo per mano e mi dirigo verso destra, dove ci sono gli intrattenimenti per i più grandi.

"No! Sei pazzo! Ho paura di quel robo!" esclama, fissando la struttura di metallo sopra le nostre teste.

"Ti fidi di me?".

Mi guarda di sbieco. "No".

"Mi stai sfidando?".

"Mm forse" sorride maliziosa. Oh, quanto mi fa impazzire. Muoio dalla voglia di baciare quelle belle labbra.

"Veloce, che poi escono i gemelli" la trascino in fila.

Noto la preoccupazione nel suo sguardo, man mano che si avvicina il nostro turno.

"Hei, tesoro. Stai tranquilla, ti piacerà".

"Non ne sono così sicura".

"Te lo prometto".

Prendiamo posto sui seggiolini e chiudiamo le protezioni. Degli addetti passano a controllare che tutto sia a posto. Danno l'ok alla centrale che mette in moto l'attrazione.

"Ho paura" balbetta Rebecca, afferrandomi la mano. Speravo lo facesse!

"Mi stai conficcando le unghie nella carne".

"Zitto".

La salita preparatoria finisce e iniziamo a sfrecciare a massima velocità su quella pista. Urliamo come matti, stringendoci forte le mani.

Quando il meccanismo rallenta fino a fermarsi ci danno l'autorizzazione per slegarci. Rebecca non sta in piedi, probabilmente perché le gira la testa. Cammina tutta storta e continua a ridere.

Le metto una mano dietro la schiena, per sorreggerla. Si sporge verso di me, fino a stamparmi un bacio sulle labbra. Un leggero ed innocente bacio, che a malapena ho percepito. Ma che é sufficiente ad accendermi un fuoco dentro.

"Grazie. É stato.. figo" mi sorride, prima di staccarsi.

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