Chapter 42

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LEONARDO'S POINT OF VIEW

"Ha due figli?" chiede incredulo Stefano, al telefono. Sono in macchina perché sto andando a prendere mia madre per l'appuntamento con Rebecca. Lei dice di essere molto agitata all'idea di conoscere i nipoti, ma soprattutto perché dovrà rivedere una ragazza che le ricorda il figlio defunto.

Sto raccontando ai miei amici che ci siamo lasciati perché lei mette al primo posto i figli. Non le sto dando la colpa, con i miei amici la voglio difendere. Loro sono insieme a casa di Giorgio, con la chiamata in vivavoce. In questo modo posso parlare con tutti loro contemporaneamente, senza dover ripetere le cose centinaia di volte.

"Sì, ha due figli. Il padre non ha mai voluto occuparsene e lei, però, non vuole far entrare nessuno nella loro vita" spiego brevemente.

"Oh porca puttana" esclama Mattia "no, cioè, scusa Leo. Ma non potevi trovarne un'altra?".

Rido. "Tia, mica lo sapevo. Dai, non é la fine del mondo. Volevo che lo sapeste perché siete i miei migliori amici. Ma non andate in giro a dirlo a destra e a manca!". Mi faccio forte quando parlo con i miei amici. Fingo di essere un duro, uno con il cuore di ghiaccio. In realtà ci sto di merda, così di merda che mi vergogno ad ammetterlo perché so che sembro ridicolo. Anzi, probabilmente lo sono.

"Ma figurati, non lo faremmo mai" risponde Gio "Tu come stai?".

"Bene, tutto sommato. Supererò anche questa" affermo, più per convincere me stesso che loro.

"Massi, la rimpiazzi presto. Sei innamorato? In quel caso ci metti un po' di più" parla nuovamente Stefano.

"Mm, forse un po'..". Bugia colossale. Sono innamorato pazzo di lei. Amo quando sorride, perché è incantevole. Amo quando si porta una ciocca di capelli dietro l'orecchio, di solito lo fa se é in imbarazzo. Amo come parla, il suono della sua voce. Amo la sua forza e la sua determinazione, anche quando mi risponde male. Amo il fatto che voglia essere indipendente, che dica di non avere mai bisogno di nessuno, perché non mi sono mai piaciute le persone che si comportano come parassiti. Amo lei, in tutto e per tutto.

"Un po'? Che significa?".

"Ma boh, facciamo che mi piace parecchio parecchio. Ma adesso basta, la devo dimenticare, no?". E come faccio a dimenticarla, se tutto mi parla di lei.

"Oh, okay. Se lo dici tu, ci fidiamo" ride Giorgio.

"Scemo! Sei tu quello innamorato pazzo".

"Certamente. Elisa é fenomenale". Anche Rebecca. Ma lo tengo per me.

"Anche a letto?" scherza Mattia. Sento delle risate e poi rumori di passi veloci.

"Che succede?" domando.

"Gio sta inseguendo Tia" mi risponde Stefano, non riuscendo a contenere le risate.

"Fammi sapere chi vince. Ci sentiamo".

Accosto davanti a casa dei miei genitori. Verrà anche mio padre, a giudicare dal fatto che é fuori dal cancello con mamma, pronto a partire.

"Salite su".

Un paio di minuti dopo siamo nuovamente in viaggio. Mia madre ua accettato immediatamente l'idea di incontrare Rebecca, probabilmente anche presa dalla paura che potesse cambiare idea. Ne ha approfittato, insomma. E penso abbia fatto bene perché, conoscendo il soggetto, avrebbe potuto far saltare tutto all'aria per protezione nei confronti dei figli. È una madre fantastica.

"Non sapevo saresti venuto anche tu, papà" mi rivolgo all'uomo seduto sul sedile posteriore. Sono passato a prendere mamma perché non volevo che guidasse per così tanto tempo, so che lei odia stare al volante. Ma se anche mio padre doveva venire, avrebbe potuto farlo lui.

"Ho deciso all'ultimo momento. Mi fa male pensare di avere dei nipoti, mi fa sentire vecchio" ride "ma poi ho pensato una cosa".

Vedendo che non continua, lo sprono. "Che cosa?".

"Che se non riesci a tenerti stretta quella ragazza, probabilmente potrebbe essere l'unica occasione per me di vederli. Così sono venuto".

Non fa una piega. Se io, l'incompetente, non mi fidanzo, i miei genitori non avranno quei due nipotini. Anzi, magari non ne avranno mai. Perché io resterò sempre troppo innamorato di Rebecca per trovarmi un'altra donna.

"Non dici niente?" chiede mia madre.

"No, beh.. per il momento le cose non vanno bene. Ah, Manuele ha un cerotto in testa perché é caduto dalle scale e gli abbiamo messo i punti".

"Gli abbiamo, chi?" si incuriosisce mio padre.

"Era in cura nell'ospedale dove lavoro. Il mio superiore mi ha permesso di seguirlo io, dato che lo conoscevo. Rebecca ha chiamato me quando é successo".

"Questa é una buona notizia, figliolo. Quella ragazza ha sempre voluto fare tutto da sola, da come la ricordo. Non voleva aiuto da nessuno. É una buona cosa il fatto che ti abbia chiamato" continua.

"Sì, ma poi é tornato tutto esattamente come prima. Cioè, ognuno per conto suo. Sono riuscito a strappargli quest'ultimo appuntamento -se così possiamo chiamarlo- solo per far conoscere alla mamma i gemelli. È l'ultima volta che la vedo".

"Leonardo" strilla mia madre "ti ho fatto con gli attributi, o mi sbaglio? Qualche volta mi sembri una femminuccia. Ne abbiamo già parlato, noi due. Devi distruggere quello scudo!".

"Mamma, pensi sia facile? Prendi la determinazione e la testardaggine di Rebecca sei anni fa e moltiplicale per mille. Quello che ottieni sono la sua determinazione e la sua testardaggine oggi. È praticamente impossibile farle cambiare idea".

"Hai detto 'praticamente'. Una possibilità c'è" mio papà mi fa l'occhiolino. Mi sento un bambino di pochi anni che necessita di chiedere aiuto e consiglio ai genitori per qualsiasi cosa. Sono felice di avere una famiglia che mi vuole bene, anche se sono scappato. Ma qualche volta mi vergogno del fatto di non sapermi arrangiare da solo.

Il resto del viaggio lo passiamo a parlare del più e del meno. Man mano che ci avviciniamo al luogo dell'appuntamento, un carinissimo parco giochi nel paesino dove vivo, i battiti del cuore aumentano considerevolmente. Quando parcheggio, ormai sembro in preda ad un attacco di tachicardia.

Scorgo Reb seduta su una panchina non molto lontano. La indico ai miei genitori. "È là".

"Che bei capelli biondi. Le sono cresciuti" commenta mia mamma sorridente. Non sta più nella pelle.

"Non una parola alla parentela con i bambini, mi raccomando".

"Oh Leo, ma ti sembriamo così sbadati? Assomigliano a Luca?" domanda mio padre.

"Tantissimo. Hanno i nostri occhi, papà. Anche se si vede che sono figli di Rebecca, Manuele è la copia di noi da piccoli".

I miei si prendono a braccetto e si dirigono lungo il vialetto in pietra, verso la panchina dove lei é seduta. Li seguo, restando qualche passo indietro. Non sono ancora sicuro di questo appuntamento, perché ho paura che mia madre si affezioni subito a loro. Reb è stata chiara: li possono incontrare una volta sola. È questa volta è oggi.

Tra pochi istanti.

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