Per sempre con te

2 - Teresa

La bottiglia di vino rosso che ho davanti è quasi vuota. Era l'ultima per giunta. Non ho idea di quanto tempo io abbia passato seduta su questa sedia arrugginita a rimuginare sui miei pensieri. Quando vedo lo schermo del cellulare illuminarsi leggo la notifica di sfuggita.

Richiamami Teresa, è importante.

Volto il telefono all'ingiù. Non ho proprio voglia di rispondere al mio avvocato. A cosa servirebbe poi? Vorrà sicuramente dirmi che quel bastardo del mio quasi ex marito mi ha citata nuovamente in giudizio per qualcosa che non ho commesso.

Il telefono vibra di nuovo. Lo ignoro ancora e mando giù l'ultimo sorso.

La mia vita sta andando a rotoli; ormai non c'è più niente che vada per il verso giusto. Ho perso tutto.

Il mio lavoro.

I miei affetti.

Non ho più niente, se non questa casa ma ridotta nel bel mezzo del nulla. L'unica persona sulla quale credevo di poter contare era la mia amica Taliha, ma anche lei mi ha tradito. Quando sono tornata e non l'ho trovata, ho dato di matto. Ho cercato di contattarla più volte; l'ho aspettata a casa; l'ho cercata in lungo e in largo, ma di lei nessuna traccia. Ho contattato la sua famiglia, ma nemmeno loro sapevano dirmi dove fosse. Non mi ha lasciato altra scelta se non rivolgermi alle autorità e denunciare la sua scomparsa. Credevo di impazzire e poi, di punto in bianco, si presenta sulla soglia di casa raccontandomi una strana storia e pretendendo che non facessi alcuna domanda. Beh, mi dispiace. Sono arrivata ad un punto della mia vita in cui esigo delle risposte e se non si fida abbastanza di me da darmele, che vada per la sua strada. Ho trentasette anni e penso proprio di meritarmela una maledetta verità.

Il telefono vibra insistentemente, ma la mia mano si ostina a non voler capovolgere lo schermo. Il mio ex marito mi sta facendo la guerra e non sono abbastanza forte da poterla vincere. Lui è un pezzo grosso, mentre io sono una semplice bibliotecaria. Non ho gli agganci che ha lui, né tantomeno la stessa faccia tosta.

Decido di uscire di casa perché tutto l'alcol che avevo è terminato e il mio corpo ha bisogno di qualcosa di estremamente più forte. Non ho più la macchina perché mi è stata pignorata, ma per fortuna ho due gambe forti che possono sostenermi per la mia lunga camminata. A circa tre chilometri da casa mia c'è un locale parecchio in voga. È distaccato rispetto al centro della cittadella, ma è molto frequentato. Puoi trovarci ogni genere di persona, dalla più stimata, alla meno rispettabile. In questo momento ho solo bisogno di svago, divertimento e tanto alcol.

Non cammino a passo svelto; il freddo pungente mi fa chiudere a riccio. Ci impiego un po' ad arrivare, ma la lunga camminata non ho fatto altro che farmi venire ancora più voglia di alcol. Non appena metto piede all'interno del locale, l'odore pungente della sregolatezza mi inonda le narici. Se si osserva attentamente, si può notare l'innumerevole quantità di gente che frequenta questo posto. Nell'angolo più remoto ci sono alcune donne che assomigliano vagamente a delle squillo e stanno sedute sopra le gambe di uomini con barba e pezzi di panino attaccati sopra di essa. Verso il centro ci sono tutti quelli che stanno giocando a biliardo e a freccette. Loro sembrano divertirsi parecchio. Ci sono moltissime persone, eppure c'è un gruppo in particolare che attira il mio sguardo. Dall'altra parte del locale, seduto su un divanetto di pelle rossa, c'è un uomo che beve una birra. Non so perché attiri così tanto la mia attenzione; se ne sta semplicemente seduto a fissare il nulla e beve come se fosse la sua ultima bevuta. La mia tensione viene catturata nuovamente dallo schiamazzo dei giocatori di biliardo. Mi avvicino al bancone e ordino da bere.

«Cosa posso portarti bellezza?» Mi chiede il barista sfoggiando un ampio sorriso.

«Qualunque cosa, basta che sia forte.» Gli rispondo cercando di non sembrare una stronza acida.