XVII - Giulio Angeli

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Quella parte del diario non l'avevo ancora terminata, dovevo prendermi una pausa. Quando trovava Lorenzo tutto quel tempo per scrivere?

Non avevo scoperto nulla d'interessante, se non questo fantomatico Laclausola, che sembrava pensare solo al proprio tornaconto. L'avevo già sentito nominare, ma digitai lo stesso il suo nome sul motore di ricerca. Sbucarono diversi articoli: Laclausola trasferisce il talento argentino al Milan, Laclausola in ferie a Dubai, Laclausola ha scovato un nuovo campioncino... Laclausola ha compiuto un omicidio? Ci cliccai sopra senza pensarci due volte: non si trattava di lui, ma di suo figlio, un certo Dario Canefreddi. Canefreddi?

Ecco perchè Giovanni aveva cambiato il cognome! Lessi l'articolo: pareva proprio che l'ultimo rampollo di Laclausola non fosse un pezzo di santo. Era infatti finito in carcere qualche anno prima per avere spinto al suicidio un rivale in affari torturandolo con minacce ed entrando in casa sua di nascosto con una pistola per spaventarlo. Se il figlio di Laclausola era un delinquente simile, avrebbe potuto, se pagato per farlo, uccidere anche Lorenzo. L'unico mandante che mi poteva venire in mente era il procuratore stesso, ma perché avrebbe voluto la morte del suo assistito? Certo, appena aveva saputo che si era dopato aveva sicuramente fatto in modo di sciogliere il contratto che aveva con lui, ma poteva essersi limitarsi solo a questo. Perchè avrebbe dovuto anche togliergli la vita? Ma io stavo iniziando a dubitare di chiunque.

Anche quel giorno Giulio Angeli era in casa Strozzi. Se mi notò fu un grandissimo attore, perché non si voltò mai verso di me e non mi salutò nemmeno quando entrai in casa.
Stava chiacchierando con il signor Strozzi, ma fu costretto a interrompersi quando a quest'ultimo suonò il cellulare. Il padre di Lorenzo scorse il numero estraendo il telefono dalla tasca e i suoi occhi si dilatarono in preda all'agitazione. Rispose con un groppo alla gola

"Pronto, Giovanni?"

E stavolta sapevo chi fosse.

Ero convinta che Giulio avrebbe voluto rimanere solo con me, e me lo rese evidente quando chiese al signor Strozzi

" Vuoi che spieghi io alla donna delle pulizie che stanze deve lavare oggi?"

"Grazie, Giulio, fai pure."
tirò un sospiro di sollievo l'uomo, che non voleva avermi attorno durante la conversazione con il procuratore. Avrei voluto ascoltare, non capivo perché Laclausola si ostinasse a chiamare ancora il padre di Lorenzo. Giulio mi lanciò un'occhiata sfuggente e, senza sorridermi, mi fece cenno di seguirlo. Camminando dietro di lui sentii il padre di Lorenzo commentare soddisfatto

"Che ragazzo servizievole!" Non aveva capito nulla.

"Oggi tocca alla palestra, te l'eri dimenticata, vero?"

domandò il giovane portando gli spazzoloni nella stanza eletta senza che glielo chiedessi, non credevo che in quella casa qualcuno si sporcasse ancora le mani.

Chiuse con cautela la porta a chiave dopo che fu entrato anche lui. Cercò di fare un sorriso che non gli riuscì alla vista di tutti quegli attrezzi che dovevano essere tanti quanti quelli presenti alla Continassa, Lorenzo doveva averci speso chissà quanti stipendi. Si tolse il felpone scuro che, come aveva raccontato il mio mentore, sembrava avere comprato al mercato e montò su una panca, pronto a sollevare i pesi. Ecco perché aveva optato per la palestra, voleva solo allenarsi!

Mi sedetti su un altro attrezzo di cui ignoravo l'utilità, a me sembravano tutti uguali. Non sapevo bene cosa fare, aspettavo che iniziasse un discorso e intanto osservavo i suoi muscoli al lavoro. Mi accorsi che aveva il braccio destro zeppo di... numeri!

"Perché ti sei tatuato delle cifre?" gli chiesi incuriosita

"Perché tu respiri?" ribattè lui.

"Non mi sembra la stessa cosa: puoi sopravvivere anche senza i numeri."

VA TUTTO BENEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora