VI - L' appuntamento

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La fermata dell'autobus era il luogo migliore dove riflettere. Avevo al mio fianco solo un'anziana seduta con il bastone tremolante fra le gambe e dei ragazzi in piedi che si spintonavano per scherzo. A nessuno importava di me, così potevo immergermi nei miei pensieri. E nei miei ricordi. Infatti, mi ero accorta che avevo dimenticato di rivelare a Zaveri alcuni dettagli interessanti che mi legavano ancora di più a Lorenzo Strozzi con catene composte da un materiale singolare: sensi di colpa.

***

L'intervista a Lorenzo Strozzi che avevo fatto qualche anno prima era stata qualcosa di più di una semplice intervista, al contrario delle precedenti.

Dapprima mi ero occupata della punta della primavera, che avevo dovuto richiamare ogni volta perchè, prima di ogni mia domanda, controllava le notifiche del telefono perchè chattava con tre ragazze diverse. Poi avevo intervistato il portiere, con il quale avevo dovuto avere una pazienza infinita: non sapeva parlare! Balbettava, biascicava parole incomprensibili e s'inventava dei nuovi vocaboli come "attraniamento". Giuro, ancora oggi mi domandavo cosa intendesse con quella parola che aveva ripetuto tre volte.

Alla fine era arrivato Lorenzo Strozzi. Con sua mamma e qualche minuto di ritardo, poiché veniva da un paesino della bassa, Sissa, Roccabianca, San Secondo, uno di quelli. Avevo capito fin da subito quanto fosse introverso, rispondeva con poche parole ma scelte con cura. Era interessato solo a quesiti attinenti al calcio, a domande sulla scuola o sulla sua vita privata non aveva voluto rispondere, cosa che mi aveva colpito visto che di solito nessuno faceva storie durante le interviste, anzi: i giovani calciatori ne approfittavano per pavoneggiarsi delle loro conquiste o per rivelare con un sorriso sornione che avevano la media esatta del cinque.

A un certo punto, a seguito di una mia domanda sull'onestà nello sport, mi era sovvenuta una citazione letteraria.

" Secondo te, come disse Machiavelli, il fine giustifica i mezzi?"

" Scusi se devo contraddirla, ma quella frase lui non l'ha mai scritta."

Io ero rimasta interdetta, ma mai per nulla al mondo avrei voluto interromperlo. Lui mi guardò di sottecchi con la testa china, giocherellando con le unghie delle sue mani, lasciando intravedere un sottile imbarazzo.

" Ho letto alcuni testi di Machiavelli per curiosità." disse come se fosse stata una colpa tremenda e lui dovesse in ogni modo giustificarsi. Come potevo spiegargli che non c'era nulla di male nello sfogliare libri al di fuori di quelli scolastici, al contrario di ciò che lo studente medio credeva? Mi addolcii un poco, aveva bisogno di una spintarella per aprirsi.

" Sul serio? Hai letto dell'altro? Non lo scriverò nell'articolo, è una curiosità personale: questa passione ci accomuna." lo rassicurai.

Lo vidi finalmente rivolgermi un sorrisone rilassato e da lì aveva iniziato a raccontarmi dei libri che leggeva e della fotografia, di cui era un grande appassionato. Io ascoltavo e parlavo a mia volta, era diventata una chiacchierata informale, avevamo interessi comuni. Fu un dispiacere quando l'intervista finì.

Mai mi sarei aspettata, il giorno seguente, di ricevere una chiamata:

" Possiamo continuare la nostra chiacchierata?".

La voce era la sua.

Ci eravamo dati appuntamento in un bar in centro, quel giorno non aveva allenamento. Aveva dovuto prendere la corriera per venire a Parma, ma mi disse che ci era abituato. Io non volevo andare in un locale così affollato, non volevo correre il rischio che qualcuno mi vedesse in compagnia di un ragazzo che... Insomma, faceva le superiori! Era però stato lui a insistere sulla location, diceva che in quel bar le brioches erano molto buone. Evidentemente, a quell'epoca sgarrava la dieta del calciatore.

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