10. in trappola

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Elisabetta
<è il momento che io vadi via.> dissi voltandomi verso la porta pronta ad andarmene, non volevo passare un secondo in più ad osservare la famiglia che da lì a breve si sarebbe venuta a formare.

<Elì...> di nuovo, la tua maledetta voce, mi fermai per un attimo ma poi sicura di me uscì da quella stanza pronta a tornare a casa dove sarei rimasta fino al suo rientro.

Fuori c'erano ancora Edo e Carmela, Don Salvatore era andato via senza nemmeno sapere come stesse il figlio.

Ciro
<come stai?> mi chiese Maria accanto a me.

<sto buon, ma devo uscire da qua.
Agg risolver cu ess!> ero più che convinto che mai, doveva finire ora questa storia.

Rischiavo la vita fino a qualche giorno fa.
E se fossi morto?
Avrei dovuto lasciarti ignara della triste realtà?
Ci avevo pensato bene.
Prima di essere un futuro boss, sono un uomo.
E come uomo voglio te come mia donna, aldilà della tua fertilità.
Non mi interessa.
Perché stare con una donna senza amarla solo per un figlio?

<tuo padre è stato chiaro.
Devi lasciarla stare, non può darti eredi.
È con me che dovrai passare la vita.>

<ma tu chi cazz si p t mettr miezz mh?
Fatt e sfaccimm re cazz tuoij.> la aggredì.

Non era nessuno per me, non aveva nessun ruolo nella mia vita.
Non poteva affatto credere di poter inferire in questa questione.

<sono ordini di tuo padre.
Ch boss vuo essr?
Poi quando muori finisce l'epoca dei Ricci, capisci?>

<bast, vattenn!
Nun so cazz re tuoje!
Vogl sta cu ess, nun m n fott e l erede!
E a te nun te vogl vrè chiù.>

A finale la cacciai in malomodo dalla stanza.

Una volta dimesso avrei messo tutto in ordine.

Elisabetta
Eri tornato a casa, e io pronta ad andare via da quella casa per sempre.

Chiusi l'ultima valigia, oltre i miei affetti personali avrei portato nel mio cuore tutti i momenti felici passati qui.

Ero pronta ad uscire, ma tu fosti più veloce di me.

Sentì la porta sbattere e successivamente una chiave girare all'interno della serratura.
Mi voltai rassegnata, non volevo affrontarti nuovamente, volevo solo andare via.

<Ciro che cosa vuoi?
Davvero finiamola una volta e per sempre, dai fammi uscire.> lo dissi con scioltezza e
con tono gelido che mi meravigliai da sola.

<nun t n ij.
Riman ca, cu me.>

Negavo con il capo, davvero non ce la facevo più con questa situazione.

<hai una ragazza da sposare, e un figlio in arrivo.
Io per te sono una storia vecchia.> naturalmente non riuscì a fermare le lacrime che iniziarono a scorrere.

<ij nun a vogl, e nun teng nisciun figl.>

<si, è incinta.
Me l'ha detto lei.> ribadì di nuovo, ma rimasi a bocca aperta da ciòche dicesti dopo.
Non sapevo cosa credere e cosa no.

<t'ha pigliat p cul.
Nun aspttamm nisciun figl.
Nun o vogl.>

<che significa non lo vuoi?
Prenditi le tue responsabilità Ciro!
È tuo figlio!> urlai.

Mi prendesti il viso tra le mani, guardandomi disperatamente.

<non è incinta lo vuoi capire o no?!> mi urlasti in faccia.

<va bene ho capito, ma non mi interessa voglio andare via di qui!> mi scansai brutalmente le tue mani dalla faccia.

<fammi spiegare, t preg.> ti spingevo e tu con il tuo corpo cercavi di fare da muro per non farmi passare.

<non ce nulla da spiegare!
Ho provato mille volte a capire come starti vicino.
Ma tu non mi apprezzi, io non posso farci nulla, e quindi vado via, ti accontento.
Lasciami andare, è tutto sbagliato.>

<ascoltami, poi fai quello che vuoi.>

<non ti voglio ascoltare!> urlai.

Non so con quale forza gli lanciai una delle mie valigie addosso, ma non gli fece nulla ovviamente, se non farlo innervosire.

<non farmi arrabbiare.
Stammi a senti-> ti bloccai di nuovo urlando.

<no!
Basta vado via da qua, non ti voglio più vedere lo vuoi capire?!> ti spinsi avvicinandomi alla porta, ma era chiusa a chiave.

<ah si? Vabbuò.
Allora facciamo cosi> dicesti fin troppo calmo.

Mi ritrovari come un sacco di patate sulle tue spalle, provavo a dimenarmi picchiandoti ma mi ignoravi totalmente.

<ma dove mi porti?
Fammi scendere!>

Stavamo salendo al primo piano della nostra casa e non sapevo cosa frullasse nela tua mente.

Niente buono, questo era certo.

<inutile che urli.
Non ti può salvare niente e nessuno da me > mi desti uno schiaffo sul sedere continuando a salire tranquillamente.

Apristi una stanza che apparteneva agli ospiti, di solito ci dormiva Edoardo quando litigava con Carmela.

<quando ti decidi ad ascoltarmi, allora ti apro.>

Mi gettasti sul letto e velocemente uscisti chiudendo la porta a chiave.

Mi avevi chiusa dentro una stanza.
Mi tenevi in ostaggio.
Sentivo la testa scoppiare davvero.
Cercavo solo tranquillità.
Perché non potevo averne un po?

<bene allora marcirò in questa stanza, perché non ti ascolterò mai!> urlai sperando che fossi ancora dietro la porta, dovevi sentire cosa avevo detto.

Beh se pensavi che sarei rimasta chiusa qui sottoponendomi al tuo volere, ti sbagliavi di grosso.
Avrei trovato un modo per scappare a tutti i costi.

lesioni al cuore// Ciro Ricci Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora