11. la verità

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Elisabetta
Sia la mattina che la sera mi portavi i piatti, e aspettavi con me che terminassi di mangiare.
Erano tre giorni che ero chiusa qui.

<mi ascolti ora?>

Ti dedicai una di quegli sguardi maligni che nemmeno avevi idea, presa dalla rabbia ti sputai in faccia la cena che avevo in bocca.

Non mi importava che ti arrabbiassi.
Mi ero stancata di tutto, c'era da aspettarsi una ribellione da parte mia, di qualsiasi tipo.

<non mi provocare.
Non so essere gentile, o saje buon.> sospiravi cercando di stare calmo, ma dalla vena del collo ormai gonfia si notava non lo fossi affatto.

<e perche no?
Non lo sei mai.
Sfogati pure, non sarebbe la prima volta che lo fai.> scossi le spalle mostrandoti la mia totale indifferenza.

E di nuovo un sospiro da parte tua, senza dire nulla andasti via chiudendo la porta.
Come potevi non farlo, sapevi sarei scappata all'istante.

Beh però io un piano lo avevo.
Mi trovavo al primo piano e lanciarmi dal balcone era pericoloso, ma non mi importava.

Presi un lenzuolo attorcigliandolo alla ringhiera.
Proprio come nei film.
Scesi stando attenta e con il rischio che il lenzuolo potesse spezzarsi in qualche modo.

Mi passò tutto quando mi trovai giù, non avevo nulla con me se non trecento euro trovati in un cassetto e i vestiti che indossavo.
Non sapevo dove andare ne cosa fare, ma l'importante era essere andata via da quella casa.

Mi incamminai pensando a dove potessi rifugiarmi.
I miei "genitori" non li consideravo più tali ormai, tornare lì avrebbe significato essere torturata ogni giorno.

Pensai a casa Conte, ma mi avresti cercata e per quanto mi volessero bene non avrebbero potuto mentire.
Anche perché se lo avresti scoperto avresti ucciso sia me che Carmela e Edoardo.

E così mi incamminai, mi sarei fermata al primo albergo o hotel, con trecento euro potevo permettermi di rimanere una notte lì.
Il mio piano però era quello di sparire dalla città.
Sapevo mi avresti trovata e riportata con la forza a casa "nostra".

Camminavo nel buio della citta, e nemmeno mi accorsi di avere qualcuno dietro che mi seguiva.

Quel qualcuno eri proprio tu.

Avevo sottovalutato quanto attento fossi in realtà.

Con la macchina ti parasti avanti a me accecandomi con i fari, e per poco non mi ritrovavo coinvolta in un incidente per quanto improvviso fu il tuo arrivo.

Mi voltai pronta a correre, ma tu più rapido di me scendesti dalla macchina acchiappandomi dal braccio.

<aro vuo ij?
Te piens ca so scem?>

<e tu credevi davvero che non avrei provato a scappare?>

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<e tu credevi davvero che non avrei provato a scappare?>

<e ci provi inutilmente.
Ti troverò sempre, pure dall'altra parte del mondo.> sorrisi ironico lanciandomi letteralmente in macchina.

Mettesti ovviamente la sicurezza e partisti per tornare a casa, ovviamente io sbattevo le mani ovunque per dare fastidio.
Se non le misi sul volante fu solo per non restare vittime di un incidente, ma lo avrei fatto volentieri.

<non scendo.> dissi ferma quando parcheggiasti sotto casa.

<se non scendi tu, ti porto io.>

Scesi soltanto perché non volevo essere portata da te.
Ma avrei preferito mille volte rimanere chiusa in quella macchina.

Entrati in casa la prima cosa che facesti fu chiudere la porta a chiave.
Io sbuffando mi buttai sul divano, seguito da te che ti sedesti di fianco.

<perfavore ascoltami.
Io non ho mai smesso di amarti, mai.
È stata tutta una recita per tenerti lontana da me, per farmi odiare.
Hai ragione, il motivo era per l'erede.
Ma non è come credi tu.
Per un boss è importante avere un erede avanti, ecco perché papà voleva che divorziassi da te.> iniziasti a spiegare tutta la verità, e qui capii che aveva ragione Carmela.

<bello da parte tua, essere comandato a bacchetta da tuo padre.
Pensavo fossi forte, invece sei sottomesso a tuo padre.> risi io nervosa.

<è importante l'erede, o sacc buon ecco pcchè l agge stat a sentì.
Ma non avrei mai divoriziato da te.
Avrei soltanto avuto un figlio da Maria, e basta, nient'altro.
Quando avrei avuto il coraggio ti avrei  detto la verità.
Dopo l'incidente, ho capito che non potevo farti tutto questo.> stavo per fermarti, ridendo nuovamente, ma tu continuasti.

<se fossi morto...avresti pensato per sempre che avevo smesso di amarti.
Se fossi morto, non avrei mai potuto riappacificarmi con te.
Maria era solo un gioco, ma si tu l unica femmna mij.
Non merito perdono o sacc, t agge fatt mal assaje.
Ma dovevi saperlo.
Le sape, che continuerò sempre ad amarti.>

Mi focalizzai alla frase "se fossi morto", già forse avrei pensato fino alla morte che avevi smesso di amarmi.
Ma non era quello il punto, mi venivano i brividi solo al pensiero di te morto.

Quanto cazzo avrei voluto perdonarti, ma come potevo?
Come potevo passarci sopra così velocemente a tutto ciò?

<dimmi qualcosa, nun m guardà accussì.
M sent chiù assaje nu schif accussì.>

lesioni al cuore// Ciro Ricci Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora