9. non finirà mai tra noi

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Elisabetta
I dottori ci avevano assicurato che nel giro di qualche ora ti saresti svegliato, fu così.
Ma prima di farlo, avevo dato i numeri in quell'ospedale.
A causa tua stavo perdendo la testa, non sembravo più lucida.

Maria era venuta da me, mi ha provocata, mostrato il vostro anello, lo stesso che avevi regalato a me.
In quel momento avevo anche dimenticato che fosse incinta.
Non sapevo più quello che facevo.

Iniziammo a picchiarci, anche se le prendeva di più lei.
Era soddisfacente colpirla in faccia.

< ma ch stat facenn?!> urlò Edo provando a tirarmi via da lei.
Falliva, ormia ero attaccata ai suoi capelli come una sanguisuga.

<lasciami troia!
Sono incinta!> urlava, ma nemmeno riuscivo a sentirla.

Soltanto la forza di Edo mi portò lontano da lei, che non perse tempo ad avvicinarsi alla porta dove custodivano te, che stavi per svegliarti.

<no!
Ciro è mio!
Sono io che devo stare là!> urlavo cercando di avanzare verso di lei, ma le braccia di Edo mi tenevano ferme.

In un certo senso mi guardava anche dispiaciuta, forse nemmeno lei voleva trovarsi in quella situazione.
Ma se era così allora doveva soltanto farsi da parte.
Per me era una vipera.

<Mariaaa!!> urlai con tutta la voce che possedevo in corpo, che unito al pianto mi fece venire un mancamento.

Ahimé, prima di svenire completamente tra le braccia di Edoardo, vidi Carmela disperarsi e Maria che entrava nella tua stanza.

Ora ad essere ricoverati eravamo in due.

Ciro
Al mio risveglio venni a sapere da Edoardo ciò che ti era successo a causa mia e del dolore che ti ho trasmesso.

Inutile dire che nonostante i dolori e le mie condizioni ero corso nella stanza dove avevano ricoverato te.

Dormivi, ma mi avvicinai lo stesso sedendomi sulla sediolina accanto al letto.
Eri coperta dalle lenzuola e avevi quel volto pulito, corrucciato.

Elisabetta
Aprì gli occhi quando sentì delle dita scorrermi sulle braccia e il suo odore, quel profumo di colonia che non potevo fare a meno di riconoscere.

Ti guardavo ma non parlavo, non sapevo cosa dire e nemmeno avevo la forza di parlare con te.
E a dire il vero nemmeno volevo.

Girai la testa nella direzione opposta guardando un punto vuoto della stanza, ritrassi anche il braccio.
Ti sentì sospirare.

<Elì...> mi richiamasti ma io non mi mossi affatto dalla mia posizione.

<guardami, p piacer.>

<che altro vuoi?
Pensavo di essere stata chiara a casa.> dissi voltandomi.

<o sacc ca nun e piens chelli cos, o nun fuss vnut ca.>

<ti hanno sparato, cosa dovevo fare?
Tra noi è finita.
Non ho voglia di parlare, esci.> mi sentivo esaurita.

<non finirà mai tra noi.
Mi ami ancora lo so.
Fammi spiegare, niente è come pensi tu.> eri serio lo vedevo ma io feci una piccola risata tornando poi seria.

<si è vero, ti amo ancora e non me ne vergogno.
Ma passerà.
La fine arriva quando ci si rassegna, e io l'ho fatto.
Ormai niente tornerà indietro.
Smettila di farmi altro male.>

Ti alzasti finalmente, stavi per uscire dalla mia stanza e io potevo essere dimessa, era stato soltanto un mancamento niente di grave.

Poi però ti sei messo la mano sulla ferita, mi ero accigliata.

<Ciro?> ti richiamai per capire cosa ti stava accadendo e quando ti voltasti la maglietta bianca era diventata rossa.

<Ciro che hai?> mi alzai preoccupata per te, come una stupida mi preoccupavo ancora.

<nun è nient.> maledetta la tua testardaggine.

<Ciro stai perdendo sangue, si è aperta sicuramente la ferita non fare lo stupido!> non potevo fare a meno di rimproverarti.

Ti portai dal braccio fuori dalla mia stanza chiamando dei medici che, riconoscendoti, vemnero subito a visitarti.

Dovevi operarti nuovamente, o meglio, la ferita si era aperta e dovevi essere ricucito subito prima che potessi prenderr qualche tipo di infezione o altro.

Dopo il tuo intervento, ora nella stanza tua, c'eravamo noi tre, anzi quattro.
Io, tu e Maria con in grembo tuo figlio.

lesioni al cuore// Ciro Ricci Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora