8. disgrazie e rivelazioni

631 24 19
                                    

Elisabetta
Avevo chiuso l'ultima valigia, pronta ad andare via da lì.
Giravo la casa per l'ultima volta, dopodiché tutto questo sarebbe stato soltanto passato.
Un bello ma anche brutto passato.

Guardavo la solita cornice con all'interno noi due.

Sentì il mio cellulare suonare, chi poteva essere?
Solo tu mi chiamavi, non avevo nessun altro che potesse farlo a dire il vero.

Era il tuo numero.

Perché mi chiamavi?
Era strano.
Sentivo una strana sensazione al petto, c'era qualcosa di veramente strano.

<pronto?> chiesi cliccando il tasto verde.

<buongiorno, parlo con la signora Elisa Ricci?
La chiamo dall'ospedale policlinico.> mi mancò il respiro quando capì che al telefono era un medico.
Che ti era successo?

<sono io, che è successo?> chiesi tremante, avevo paura di ciò che avrei potuto ascoltare da lì a poco.

<suo marito è ricoverato d'urgenza qui, è stato colpito in zone vitali da due proiettili.
Abbiamo già chiamato il resto della famiglia.>

<vabbene...arrivo.> sussurrai.

La sola idea che ti fosse successo qualcosa, perlopiù grave, mi stava facendo sentire malissimo.

È vero, tra noi era finita ormai, ma come potevo fingermi indifferente quando sei stata l'unica persona che ho amato?

Presi il primo taxi che trovai e dopo averlo pagato piombai in ospedale.
Dovevo controllare come stessi, e soltanto dopo essermi accertata della tua ottima salute sarei riuscita ad andare via.

Come potevo abbandonare tutto sapendo che tu stessi lottando tra la vita e la morte?

Trovai fuori la sala operatoria Don Salvatore.

Notai anche la presenza della ragazza con cui Ciro doveva sposarsi.
Capivo cosa ti piacesse di lei, era molto più bella di me.
E non aveva nemmeno tutte quelle macchie in faccia che avevo io.
Un fisico palestrato e le forme apposto, e per quanto riuscì a sentire in casa ti soddisfava molto più di me a letto.
E infine, poteva regalargli tutti i figli che voleva, cosa che me non potevi assolutamente fare.

Provavo invidia, tanta.
Mi sentivo inferiore.

Mi guarda come se fossi una sua nemica, lo ero, anche lei era la mia.

Guardavo la porta della sala dove ti operavano aspettando che un medico uscisse da lì.

Regnava il silenzio.

Nel frattempo erano arrivati Edoardo e Cadmela, si leggeva in faccia la loro preoccupazione.
Solo lei poteva capirmi, aveva vissuto questa situazione qualche mese prima, per fortuna anche Edoardo era riuscito a salvarsi.

Solo lei poteva capirmi, aveva vissuto questa situazione qualche mese prima, per fortuna anche Edoardo era riuscito a salvarsi

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Passò circa un ora, e finalmente uscì uno dei medici avvicinandosi a noi.
Ci alzammo in piedi aspettando che parlasse.

<abbiamo estratto i proiettili e ricucito le ferite.
È un miracolato, pochi si sono salvati in una situazione del genere.
Al momento è ancora in coma farmacologico, dovrebbe svegliarsi domani.>

<posso restare con lui?
Aspetterò che si svegli.> si intromise Maria, avevo scoperto da poco il sùo nome.

La trucidai con lo sguardo, fino a prova contraria ero tua moglie e lei non era nessuno.
Ero io che dovevo entrare in stanza e controllarti.

<devo entrare io.
Sono la moglie.> mi intromisi con malo tono.

<per poco, sarò io la sua nuova moglie.
Sono già incinta.> annunciò, non ne ero ancora a conoscenza.
Rimasi di pietra ma feci finta di nulla.
Come se non avessi mai sentito quella frase sconvolgente.

<in futuro, brava.
Ma al momento lo sono ancora io, e se permetti, ho bisogno di prendermi cura di lui.> continuai a sfidarla.

<bast!
Mari và!
Tu aspiett ca, quand s scet lo scoprirai.> bloccò quel conflitto, Don Salvatore, mio suocero?

Se ne andò via, come faceva sapendo che suo figlio era stato da poco sparato ed era vivo per miracolo?
Lasciamo stare.

Dopo avermi spintonato con il braccio, fiera di sé entro nella stanza dove ti avevano "collocato".
Con l'aprire della porta riusci a vederti di sfuggita.
Fili attaccati sul petto, nel naso, una fascia bainca intorno alla testa, un cerotto sull'addome e uno sotto l'ombelico.
Eri bellissimo anche così.

Si avvicinò a me Carmela, che mi vedeva andare a fuoco.
Sembravo un toro in quel momento, giravo per il corridoio avanti e dietro come per smaltire la rabbia.

<calmatì Elì.
Ij o sacce ch stane pruvann, anche se la tua situazione è diversa dalla mia.
Pure un po' più complicata.
Vieni sediamoci.> mi circondò le spalle, entrambe ci sedemmo sulle sedioline poste in sala di attesa.

Fece un grande sospiro, Edo ci guardava ma restava in silenzio.

Poi ricominciò a parlare.

<sai bene tutto quello che si è scatenato qui sopra qualche mese fa.
P mezz e stu strunz.> sdrammatizzò indicando suo marito.
Ma poi tornò subito seria.

<è qua che ho conosciuto Teresa, come tu hai conosciuto Maria.
La tua storia però è diversa dalla mia.
Io sono sicura che anche lui ti ama ancora, c'è qualcosa che lo blocca.
Ti aiuterò a scoprirlo, riprenditi tuo marito e la tua vita.>

<che vuoi dire?
Non c'è nulla che lo blocca.
Non mi ama più, me l'ha detto lui.>

<nun è over.
Secondo me è tutta colpa di Don Salvatore.
È stat iss ch facett sparà Edoardo, ij nun mo scord.
Ciro e Eduard nun vinn capì, ma io so sicura.
Tu non puoi avere figli e per lui è grave.> continuava sicura di sé.

<non ti seguo Carmè...
Perché mi stai dicendo tutto questo?> chiesi guardandola interrogativamente.

<svegliati Elì!
È Don Salvatore che lo costringe, vuole un erede da Ciro. Lo sta pressando.
Ne sono sicura.>

Era sensato il suo discorso.
Ma non sapevo se crederla.
E adesso?

L'unica cosa certa era che aspettavo che ti svegliassi.
Il resto al momento era niente.

lesioni al cuore// Ciro Ricci Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora