Max Verstappen II

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In the night II
T/n's POV

Respiro profondamente lasciando che l'archetto sfiori le corde del violino così come le mie dita, gli occhi dei clienti non mi toccano, non si allontanano dai loro piatti strutturati e raffinati, non fanno caso ne a me ne alla mia identità, per lo...

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Respiro profondamente lasciando che l'archetto sfiori le corde del violino così come le mie dita, gli occhi dei clienti non mi toccano, non si allontanano dai loro piatti strutturati e raffinati, non fanno caso ne a me ne alla mia identità, per loro sono un sottofondo musicale e loro, per me, sono lo sfondo di un quadro dove, mi sento io la protagonista. Qui non sono la sorella minore di Charles e Arthur Leclerc, qui sono me stessa, nell'essenza più intrinseca e profonda della mia passione nascosta: il violino, non la testa calda delle gare di dressage, non l'eterna seconda in quasi ogni competizione per qualsiasi sorta di sfortuna.

Le note emesse dallo strumento sfiorano quello che io non riesco a comprendere di me stessa, mi estraneo per vedere la me da un punto di vista differente, più sincero e dettagliato, la musica diventa un tutt'uno con me fino a farmi scordare il resto, le competizioni andate male, la mia vita amorosa disastrosa, la mia costante sfortuna.
L'incantesimo però non dura a lungo come speravo, viene interrotto da due occhi color ghiaccio ma vibranti come una fiamma di un rogo, Max Verstappen è entrato nel locale e mi fissa come fossi l'unica presente, non mi aspettavo di vederlo, non dopo che entrambi abbiamo cercato di evitarci così tanto da far insospettire Daniel.

Cerco di ignorare i suoi occhi brucianti su di me, sul mio vestito bordeaux, sulla mia pelle, su tutto quello che ha già visto e assaporato. Si siede al bancone del bar e rivolge un rapido sguardo al barista, che con velocità quasi come quelle di una Formula 1 gli prepara un bicchiere di Whisky, l'olandese lo butta giù in un sorso, ha avuto una giornata orrenda, lo delineano le piccole occhiaie sotto gli occhi, la mascella tirata in tensione e la rabbia che brulica dentro le sue iridi.

I miei occhi incrociano i suoi nel momento in cui l'ultima nota lascia lo strumento musicale, mi basta quello per far scattare nella mia mente gli scenari delle notti passate assieme, in primis, da quella in quel maledetto locale dove mi sono abbandonata ad un istinto che trattenevo da troppo tempo. Tutto però si era fatto "troppo", io iniziavo a sentire il fiato mancare quando i tabloid lo avvicinavano a qualche modella, lui cominciava ad essere, beh, Max, come mai potrei descriverlo?

Le emozioni classiche di una coppia si erano presentate alla porta del mio cervello come un tuono a ciel sereno, non pensavo potessi riprovarle così in fretta, non dopo aver chiuso con l'unica storia della mia vita.

«Grazie T/n» il padrone del locale mi sorride ed io ricambio, solo per sentirmi presentare alla sala solo con il mio nome, così da evitarmi problemi

«Grazie per avermi concesso di suonare qui» sistemo il violino e l'archetto nell'apposita custodia con cura, è stato l'ultimo regalo prima che mio padre peggiorasse ed è l'unica cosa che mi lega a lui in modo indissolubile

«Hai un ragazzo che ti cerca, e penso dovrò tralasciare di raccontare a tuo fratello che è Max vero?»

Annuisco in silenzio e imbarazzata mentre lo raggiungo, non ci parliamo nemmeno, tra noi regnano solo i nostri gesti, usciamo assieme dal locale, l'aria serale di maggio mi fa rabbrividire leggermente ma lui nemmeno si scompone «Non sei andata male» commenta il biondo sfiorando la mia mano per poi afferrarla e stringerla

«Solo? Era la prima volta che suonavo di fronte a qualcuno che non fosse la mia famiglia» ammetto abbassando lo sguardo sulla custodia

«Senti dobbiamo parlare» il suo tono è freddo, distaccato, tanto da costringermi a fermare il passo, non oso alzare lo sguardo, posso solo percepire la luce del lampione ai nostri piedi

Il contatto che prima c'era tra le nostre mani si rompe, spezzando così tutta quell'atmosfera e lasciandomi sprofondare in un mare di insicurezze e paranoie, ma, come a volermi sorprendere per l'ennesima volta sulle mie spalle si posa la sua giacca, marchiata RedBull, mio fratello, potesse vedermi, mi darebbe fuoco; alzo il viso verso di lui e le sue labbra si posano sulle mie in un gesto ricolmo di qualcosa che non riesco a comprendere, come del resto lo è Max nel suo insieme, alterna momenti come questi a sfuriate in cui non si sa mai come prenderlo, è un'altalena fatta di emozioni contrastanti e sentimenti repressi.

«Cosa significa? Non ti fai sentire da giorni, ti presenti nel locale dove suono dal nulla, sei freddo ma poi fai questo, che succede?» domando nella mia confusione, tutto quello che avevo pensato di sapere crolla come un castello di sabbia all'arrivo dell'alta marea

«Ho avuto da fare» risponde secco, senza far trasparire alcuna emozione

«Immagino» commento sarcastica levandomi la felpa e porgendogliela «Se devi fare così puoi pure andare a fanculo, non muoio» forse peggio, sento la sua mancanza come se fosse tatuata su di me

«Puoi farmi parlare prima di fare la solita T/n cazzuta delle gare? Perché ti ho visto mentre suonavi, ti conosco e sei molto di più di quei meravigliosi commenti sarcastici e dei tuoi vaffanculo» interviene rimettendomi la felpa con cura sulle spalle «Non sono bravo con le parole, non lo sono mai stato, e ti odiavo così tanto perché ai miei commenti tu avevi sempre la risposta pronta, così spero tu ce l'abbia anche oggi»

Lo guardo confusa con il cuore che batte a mille, come se stessi correndo al cento miglia senza allenamento «A cosa Max? Vuoi spiegarmi?» divento quasi impaziente, odio le attese, mi distruggono ogni volta

«E se mi piacessi davvero?» domanda semplicemente dopo aver tentennato, guardato il mare in fondo alla discesa accanto a noi e poi essere tornato a concentrarsi su di me

Rimango bloccata per qualche istante, il mio cervello smette di connettere, il mio corpo sembra non reagire a nessuno dei miei comandi fino a quando non decido di baciarlo io, stavolta lasciandomi trasportare, lasciando che le sue mani stringano i miei fianchi fino a farmi quasi male, mi morde il labbro inferiore più e più volte come fossimo adolescenti «Ti direi che dovremmo dirlo a Charles e che ti prenderai un pugno sul naso»

𝐈𝐦𝐦𝐚𝐠𝐢𝐧𝐚 || F1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora