Capitolo 6.

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L' espressione "la luna è bella, non è vero?" è un' allusione letteraria giapponese inventata dall'autore Natsume Soseki per dire "ti amo".

Una cosa che mi aveva colpita sin da subito. Una cosa che, in quanto amante della luna, avevo amato dalla prima volta che lessi quella frase. E il desiderio che qualcuno mi amasse a tal punto era così alto che avevo quella frase scritta ovunque, per ricordarla, e con la speranza di sentirla pronunciare da qualcuno che mi amasse davvero, un giorno.

"El, svegliati. Dobbiamo andare da dallo sceriffo." Urló mio fratello spalancando la porta della mia stanza e svegliandomi di colpo.

Lo scrutai con gli occhi semi aperti e sbadigliai.

"Che ore sono?" Fu l'unica cosa che riuscii a dire con la voce ancora impastata dal sonno

"Aspetta. Che ci fai lui qui?" Chiese facendo irruzione nella mia camera con prepotenza.

Improvvisamente mi ricordai del clandestino che attualmente di trovava nel mio letto.
Mi voltai immediatamente verso il biondino, che ancora stava beatamente dormendo a pancia in giù e con una mano sotto alla guancia. Quanto era dolce in quel momento.

Mi alzai velocemente dal mio adorato letto per evitare di svegliarlo con le nostre voci e presi John B per mano.

"Vieni." Dissi mentre lo trascinava in salotto, chiudendo la porta di camera mia alle mie spalle.

"Ieri notte si è presentato qui ubriaco... Luke l' ha picchiato..." Sussurrai la parte finale della frase facendo sussultare mio fratello.

Era chiaro che entrambi odiavamo il padre di Jj, odiavamo sopratutto come trattava il figlio. Insomma, Luke era un gran figlio di puttana!

"L' ho fatto rimanere qui a dormire, devi vederlo John: è pieno di lividi..."

"Ei sorellina. Risolveremo questa faccenda dopo. Finché Jj starà da noi sarà al sicuro, promesso." Mi abbracciò mio fratello rassicurandomi alla vista fei mie occhi lucidi.
"Ora però dobbiamo andare dallo sceriffo, deve parlarci Aggiunse poi dandomi un bacio in fronte e staccandosi definitivamente dall' abbraccio.

Annuii ancora scossa, avevo un sacco di paura per quel rompipalle, ma mio fratello aveva ragione.

Andaii nella mia stanza e, prima di ogni cosa strappati una foglio da uno dei mie quaderni e ci scrissi sopra "Siamo in città, torniamo tra poco.", lasciandolo sul mio cuscino un modo che il biondino lo avesse visto appena sveglio, dopi mi cambiai velocemente prendendo un paio di pantaloncini dall' armadio e una maglietta scolorita di mio fratello, sotto misi un costume arancione e subito dopo essermi tirata su i capelli con una pinza per capelli tornai in soggiorno da mio fratello, che come avevo previsto si stava accordando con gli altri per il pomeriggio.

"Ho lasciato un biglietto a Jj, ci ho scritto che torniamo presto." Informai mio fratello mentre lo seguivo fuori dallo chatou.

John B guidò fino alla centrale di polizia, dove ad attenderci c'era quel coglione di shoupe, lo sceriffo idiota dell' isola, che vi condusse nel suo ufficio con una superiorità che mi fece ribollire il sangue nelle vene.
Datti una calmata, amore! Avrei voluto dirgli.

Quanfo entrammo nell' ufficio, che in teoria era dello sceriffo, trovammo una donna sulla trentina. Aveva i capelli legati in una coda di cavallo bionda ed era vestita come fosse una avvocato di quelli importanti.

"Ellen e John B Routledge, giusto?" Chiese sorridendendoci mentre si alzava in piedi e vi porgeva la mano.

Ma che cazzo, se ci aveva fatti chiamare lei doveva sapere chi eravamo, o no?

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