E poi all'improvviso...

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22 Ottobre:

   «Sei la mia rovina! Prima di conoscerti ero una brava ragazza», scherzò Ilaria, varcando la soglia della scuola alle sei del pomeriggio.

La risata cristallina di Alessandro la fece sobbalzare. Dal giorno del fattaccio, la vicinanza del ragazzo la mandava in confusione.

 «Una volta per me… sciopero o autogestione significavano vacanza!» sospirò platealmente. «Da quando ti conosco, invece: ho rischiato di finire in Presidenza, sono uscita dall’Istituto senza permesso, e ora… pure questo!» brontolò col sorriso sulle labbra.

«Se non ricordo male… Sulla scala antincendio mi ci hai portato te!» precisò scompigliandole i capelli. «Io ho solo aggiunto un po’ di pepe alla tua vita», si divertì a farle notare. «Viola ha persino accettato di prestarti il suo sacco a pelo. Cosa puoi volere di più?» la punzecchiò, porgendole il rotolo imbottito.

«E se sgomberano la scuola con una retata?» gli domandò allora preoccupata.

«Non verrà nessuno ad arrestarci. Tranquilla! Al massimo ci porterebbero al Commissariato di zona e, nel tuo caso, visto che sei ancora minorenne, chiamerebbero i tuoi genitori», la rassicurò guardandola dritta negli occhi.

«Sembri esperto», mormorò distogliendo lo sguardo.

«Ehi… Fidati di me!» esclamò afferrandole il volto fra le mani e, senza alcuna esitazione, le stampò un bacio sulla fronte.

Delusa da quel gesto, decisamente troppo fraterno per le fantasie che da giorni Alessandro aveva acceso in lei, Ilaria volle solo allontanarlo. Cucendosi sulle labbra il più falso dei sorrisi, pertanto gli disse: «Ora va’! Non mi serve la baby-sitter».

Stupito da quel cambio repentino, lui aggrottò le sopracciglia, ma prima di poter chiedere spiegazioni, Gabriele e Filippo lo avevano già agguantato per le braccia e se lo stavano portando via.

°°°

   Dopo aver girovagato in cerca di qualche volto amico, Ilaria si diresse verso la propria classe e, una volta là, trovò una decina fra ragazzi e ragazze intenti ad accostare i banchi alle pareti.

«Vogliamo giocare a obbligo o verità. Ti unisci a noi?» le chiese un tipo mai visto né conosciuto, mentre tirava fuori da uno zaino dei liquori. Lei rifiutò con un cenno del capo. Dopo aver lasciato il sacco a pelo nell’armadietto in fondo alla stanza, incuriosita, però si fermò a guardare.

 «Chi gioca si sieda a terra. Dobbiamo formare un cerchio!» gridò una certa Annalisa. «Ora faccio una domanda, poi giro la bottiglia. Chi viene scelto deve rispondere, sennò dovrà pagare pegno», spiegò poggiando la vodka sul pavimento.

Il gioco, fin da subito, prese una  piega molto osé: le richieste, com’era prevedibile, ruotavano tutte attorno al sesso.

«La vostra prima volta: Con chi?” Quando? Dove?… Insomma qualsiasi dettaglio», domandò una biondina.

Senza nemmeno accorgersene, Ilaria chiuse gli occhi e, immaginandosi distesa sui sedili posteriori dell’auto di Alessandro, sentì le mutandine bagnarsi.

«Vi dà fastidio essere baciati dopo un rapporto orale?» chiese la tizia che solo pochi giri prima aveva buttato giù un sorso di whisky, pur di non dire con quante persone era andata a letto.

Stavolta la bottiglia si fermò sul tipo con cui Ilaria aveva parlato al suo ingresso in aula.

Lorenzo, così si chiamava, con una spavalderia da rasentare quasi la sfacciataggine, squadrandola da capo a piedi, iniziò a dire: «Giocare con la lingua di lei mi eccita da morire…». Quindi, allungandosi per girare il recipiente in vetro, continuando a fissarla, aggiunse: «Però… baciarla, quando ho ancora in bocca il suo sapore… Me lo fa diventare di marmo».

Quelle parole oltre a suscitare commenti e risatine, finirono coll’accendere anche le fantasie di Ilaria, che d’istinto accarezzò le labbra. Mi serve una boccata d’aria, sospirò sentendo il viso andare a fuoco. Tuttavia accortasi dell’espressione malandrina comparsa sul volto di Lorenzo, immaginò che avesse frainteso. Poverino! Esclamò sentendosi quasi in colpa. Di sicuro crede siano state le sue parole a farmi arrossire!

Dovendo placare i bollenti spiriti, si diresse allora verso il bagno per lavare la faccia. Ale mi vede solo come un’amica! Continuava a ripetersi. L’altro giorno, comunque gliel’ho fatto alzare! ridacchiò fra l’imbarazzo e la soddisfazione.

Assorta in quei pensieri raggiunse la toilette, ma… spinta la porta dell’antibagno… Tutte le sue fantasie svanirono o… peggio:
Col fondoschiena poggiato contro a un lavandino, Alessandro a occhi chiusi, ansimava  profondamente, mentre una brunetta, inginocchiata davanti a lui, si stava impegnando a regalargli piacere.

Che schifo! Avrebbe voluto gridare disgustata da quell’immagine. Invece, le parole le morirono in gola, perciò corse via prima di essere vista.

Tornata in classe, afferrò una bottiglia a caso, fra le tante allineate sopra alla cattedra, e buttò giù un abbondante sorso di liquore. Le lacrime, oramai copiose, le rigavano le guance.
Bevve ancora.
L’alcool però le dette il voltastomaco, pertanto ritrovandosi a lottare contro l’improvviso bisogno di vomitare, portò un palmo sopra alla bocca.

«Piano ragazzina! Se continui così, Finirai coll’ubriacarti!» la rimproverò Lorenzo. «Che ti succede?» domandò strappandole il Fernet dalle mani.

«Voglio tornare a casa!» farfugliò singhiozzante, scansando il ragazzo per andarsene. Ma, appena alzò il piede dal pavimento perse l’equilibrio. «Perché la stanza si è messa a girare?» chiese ritrovandosi fra le braccia del moro dai lunghi capelli rasta.

«Andiamo principessa! Ti porto a prendere un po’ d’aria», le propose cingendole la vita con un braccio.

«Ce la faccio anche da sola!» protestò infastidita da quel contatto.

«Lo so! Comunque, appoggiati lo stesso…» le sorrise stringendola con maggior forza.
 

Troppo presto...Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora