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Manuel riflette a lungo sul bacio — o meglio, sui baci — che lui e Simone si sono scambiati durante quel periodo che il ragazzo ha trascorso a casa sua insieme a lui e Martino soltanto per non lasciarlo solo con suo fratello mentre aveva la febbre.

Ora, qualche giorno dopo, si sente decisamente meglio e sta cercando di cucinare un semplice piatto di pasta mentre sua madre è a lavoro ma il pensiero di Simone è così opprimente da rendergli difficile anche una cosa così semplice come pesare gli spaghetti.

Qualcosa dentro di lui gli dice che dovrebbe "rallentare", che Simone lo abbandonerà come hanno fatto tutti prima o poi, semplicemente perché Simone è perfetto e lui è così banale, così pieno di difetti. Eppure, se anche volesse, non saprebbe porre un freno alle sensazioni che prova soltanto se pensa agli occhi di Simone, al modo in cui lo guardano, al modo in cui sembrano volersi prendere cura di lui ma soprattutto di suo fratello.

È per questo che dopo aver prodotto la peggior pasta al sugo della storia e pranzato da solo, decide di andare a prendere Martino a scuola con un solo obiettivo.

«Oggi non devi anda' al laboratorio, ve'?» chiede infatti al fratello, non appena questi incastra la manina nella sua, ed una volta ricevuta la conferma di ciò che già sapeva, parte in direzione del centro commerciale.

«Che facciamo, Manu?»
«Ti ricordi i nostri bicchieri con la M?» chiede Manuel, cautamente.

Gli occhi di Martino immediatamente si illuminano, iniziano a brillare, segno che debba aver capito il piano del fratello.

«Sei felice?» ridacchia infatti Manuel.

Il bambino annuisce, «mi piace Simo.» afferma, tirandosi dietro il maggiore.

«Simo.» Manuel ripete, abbozzando una risatina, cercando di capire perché quel nome suoni così tanto bene se a pronunciarlo è lui o suo fratello.

Ed è perso nei suoi pensieri quando gli viene rivolta una domanda piuttosto strana.

«A te piace Simo?» Martino chiede, perplesso ma sorridente.

Poi «vi ho visto, vi date i bacetti.» aggiunge, scrollando le spalle e puntando gli occhi nei suoi, in modo impertinente, alzando anche le sopracciglia.

«Non è possibile che te mancano i denti e vieni a parla' a me di bacetti Marti'.» sospira Manuel, passandosi una mano sul viso ma sorridendo ampiamente.

Si china all'altezza del fratello e per qualche ragione a lui sconosciuta, poco prima di entrare nel negozio di bicchieri, sente il bisogno di specificare una cosa.

«Tu lo sai che io ti voglio bene e ti vorrò sempre bene, vero?» afferma, poggiando entrambe le mani sulle spalle del bambino che, non captando la profondità del momento, semplicemente fa spallucce e sorride, mettendo in mostra gli spazi lasciati vuoti dai denti caduti.

Annuisce e felice «andiamo ora.» dice.

In realtà Manuel neppure si spiega perché comprare quel bicchiere renda suo fratello così soddisfatto, forse se riuscisse a concentrarsi su qualcosa che non siano le farfalle che sembrano aver preso possesso del suo stomaco sarebbe più facile. Martino ha sempre vissuto con lui e sua madre, non ha avuto una figura che, oltre loro due, gli volesse davvero bene, si mostrasse interessata a lui, per cui Simone deve rappresentare esattamente questo. È naturale che sia emozionato al solo pensiero di interagire con il ragazzo.

Emozionato però lo è anche lui, quando si ritrova a rigirarsi tra le mani quel bicchiere con una S gialla sopra e non sa cosa farci. Razionalmente sa che sarebbe facile invitare Simone a casa, magari a mangiare una pizza, questa volta pagarla — dato che Simone si era offerto di pagare la prima volta affermando che avrebbe potuto considerarlo un primo appuntamento un po' particolare — e semplicemente fargli trovare il bicchiere, ma se non si complicasse la vita arrovellandosi il cervello per problemi che in realtà nemmeno esistono, non sarebbe Manuel.

Il tavolino di DinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora