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«I due bambini arrivarono a scuola mano nella mano, approfittando dell'assenza degli altri compagni di cl-»

Simone sta leggendo la fine della penultima pagina del libro quando si accorge che Martino è ormai addormentato e soprattutto che Manuel è poggiato alla porta, scalzo, avvolto da una coperta e si sta stropicciando un occhio.

Quello che non sa è che Manuel crede di essersi appena innamorato, alle undici di sera di un giorno qualunque.

«Simone...» biascica, inclinando la testa.
«Stai male?» Simone lo mima con le labbra, prima di alzarsi lentamente, e raggiungerlo.

Manuel scuote il capo, «ti devo dare una cosa.» però sussurra, prendendolo per mano e trascinandolo fino alla sua camera, sul suo letto.

«Mi devi dare una cosa? Cosa?» Simone chiede perplesso, ma seguendolo.

Manuel aspetta che siano entrambi seduti sul suo letto prima di baciarlo, costringendolo a distendersi così da potersi poggiare sopra di lui.

Il più piccolo ride, «che cretino che sei, Manu.» borbotta, baciandogli la punta del naso.

«Metti bene i piedi, tanto non c'hai le scarpe, non te faccio sposta' più ormai. Dormi qua.» dichiara il maggiore e Simone non può non sorridere quando fa come gli viene detto e si sistema meglio, di fatto stendendo anche le gambe sul materasso, prima di abbracciarlo e farlo poggiare meglio a metà tra il suo petto e la sua spalla.

Inizia ad accarezzargli i capelli e di tanto in tanto sfiora la sua fronte con le labbra, senza effettivamente baciarla ma scaldandogli il cuore con quel contatto.

«Vuoi un fazzoletto?» gli chiede dopo un po'.
«No, sto bene.»

Manuel sembra fare fatica a tenere gli occhi asciutti, e di conseguenza il naso, e Simone, con la mano che ora sta accarezzando la sua schiena, si chiede perché.

«Possiamo anche fare finta di niente, ma preferirei se mi dicessi perché piangi?» dice, a bassa voce, prima di coprire entrambi con la coperta.

«Non sto piangendo.» biascica Manuel, incastrando meglio il viso nel collo di Simone per nascondersi. «So' solo commosso, so' felice

Simone aggrotta la fronte, sta zitto nella speranza che l'altro continui a spiegarsi.

«Mio padre ha abbandonato me e mia madre quando avevo quattro anni... un giorno è... è sparito e c'ha lasciato come se non contassimo un cazzo.»

Simone questa volta un bacio sulla fronte glielo lascia davvero, poi lo stringe un po' di più.

«Mi dispiace, davvero.»
«Non te dispiace', meglio così...»
«Però?»

Manuel sorride, si chiede quale sia il pianeta di provenienza di Simone e soprattutto cos'abbia fatto di speciale per meritarselo.

«Però poi mia madre ha iniziato a frequenta' uno...» sussurra, con la gola schiacciata dalla consapevolezza che quella storia non l'ha mai condivisa con nessuno, prima di quel momento.

«Ed è... insomma, il padre di Martino... che quando ha saputo di lui è scappato ancor prima de conoscerlo, ancor prima che nascesse.»

«Manuel, non devi parl-»
«No, va tutto bene.» Manuel sorride, gli bacia una guancia mettendosi ben posizionato accanto a lui, sul cuscino. Inizia ad accarezzargli i capelli dall'altro lato della testa. Simone si limita ad annuire e sorridere.

«Quando l'ho preso in braccio la prima volta era così piccolo che neanche gli stavano le tutine, avevo solo sedici anni, ma ho giurato che non l'avrei mai fatto soffri' come ho sofferto io, pure se è solo mio fratello, non mio figlio.»

Il tavolino di DinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora