VIII - JASON

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    Jason un po' si vergognava ad ammettere che si era dovuto trattenere per non attaccare la ragazza riccia con i capelli rossi, che gli avevano detto si chiamasse Rachel. Per fortuna se l'era sempre cavata nel mostrare un certo contegno e a trattenere le emozioni. Aiutò leggermente il fatto che la ragazza sembrava essere sinceramente sconvolta da quello che apparentemente aveva fatto, così misero delicatamente Piper sul divano, mentre Percy correva in un'altra stanza a prendere il kit di pronto soccorso.

    Jason si sedette per terra, vicino a Piper, tenendole delicatamente la mano, osservandola respirare lentamente. Quella era una consolazione, ma il fatto che non sembrasse intenzionata a svegliarsi e il fatto che fosse molto più pallida rispetto al normale lo preoccupava non poco. Le accarezzò delicatamente la guancia, un gesto che probabilmente non poteva fare niente per aiutarla, ma serviva a lui per avere la certezza che la sua ragazza fosse ancora viva. Erano due gesti che aveva ripetuto un migliaio di volte, eppure questa volte fu... strana. Non percepì quel brivido che lo aveva attraversato in passato, quando le loro mani si erano anche solo sfiorate per sbaglio. Questa volta non sentì niente, solo la sua pelle fredda.

    «Possiamo... possiamo guarirla, vero?» chiese dopo un po', decidendo che quei dubbi potevano aspettare dopo.

    Chirone posò una mano sulla fronte di Piper e il viso si deformò in una smorfia di preoccupazione. «In questo momento sembra trovarsi in uno stato mentale piuttosto fragile. Rachel, cos'è successo?»

    La ragazza tirò su col naso. «Io... io non lo so» rispose. «Appena sono arrivata al campo ho avuto una premonizione di Era. Sono andata nella sua capanna e poco dopo sono arrivati anche Percy e Piper. Abbiamo parlato per un po', ma poi tutto si è come oscurato. Quando sono tornata in me, Percy mi ha detto che ho iniziato a gridare con un'altra voce.»

    «Era una profezia?»

    «No. Anche se non sono l'Oracolo da molto, conosco la sensazione di quando lo spirito dentro di me prende il sopravvento. Questo, anche secondo la descrizione di Percy, era... diverso. Era come se qualcuno avesse usato il mio corpo per comunicare qualcosa da molto lontano.»

    Percy arrivò di corsa spalancando la porta e passando la sacca di pelle a Chirone.

    «Percy, Rachel mi ha detto che non era l'Oracolo a parlare. È vero?»

    «Sì. Ho visto l'Oracolo parlare più volte, e l'ho sentito anche quando Rachel è lo diventata. Questo è stato diverso. Sembrava essere una donna anziana. Ha preso Piper per le spalle e le ha detto...»

    «... di liberarla dalla prigione» concluse Jason, attirandosi uno sguardo accigliato da parte di Percy.

    «Tu come fai a saperlo?»

    «Jason, dillo anche a lui» disse Chirone, mentre versava alcune gocce di una fialetta nella bocca di Piper. Nel frattempo, Jason raccontava al figlio di Poseidone tutto quello che era successo nel momento in cui il tempo nella stanza si era congelato e la misteriosa donna si era presentata a lui con quelle meravigliose notizie.

    Una volta che ebbe finito Chirone non parlò, ma Percy gemette, «Bene. Cinque mesi di pace e tranquillità. Lo considero un record.»

    «Quindi ricevere delle chiamata da detenute che chiedono un aiuto per evadere è una cosa normale qui?» chiese Jason.

    «Non per forza questo, ma sì, è abbastanza comune che qualcuno venga a rompere le scatole.»

    Un tuono rombò dall'esterno e Jason, per qualche ragione, si irrigidì e guardò Percy con terrore, ma il ragazzo si limitò ad alzare gli occhi al cielo.

EROI DELL'OLIMPO - LA PRIGIONE DELLA DEADove le storie prendono vita. Scoprilo ora