EROI DELL'OLIMPO - LA PRIGIONE DELLA DEA

XVIII - LEO

    Leo credette di dover partecipare al guinness dei primati, perché ritrovarsi a precipitare nel vuoto per due giorni di fila contro la sua volontà doveva essere una specie di record che aveva appena battuto. Inoltre, il figlio di Tiche aveva anche deciso che questa abitudine di fare parapendio senza parapendio non gli piaceva particolarmente. A pensarci, anche farlo con quella cosa non gli sembrava proprio il massimo.

    Leo vide il drago di bronzo Festus diversi metri più in basso, ma le cose che lo mandarono ancora più nel panico furono l'assenza di Jason e Piper e il terreno che si avvicinava sempre di più.

    «Leo!»

    Il figlio di Tiche si sforzò per provare a guardare sopra di lui e vide Piper e Jason che cadevano qualche metro più in alto di lui. Jason stava allungando il braccio verso di lui, e sembrava sbandare continuamente, come se fosse finito all'interno di un piccolo tornado che lo sbatteva da una parte all'altro. Ad un certo punto qualcosa spinse in avanti il ragazzo biondo, facendolo avvicinare un pochino al figlio di Tiche, ma non abbastanza da riuscire a raggiungerlo. Lo guardò di nuovo in basso e il terreno continuava ad avvicinarsi sempre di più.

    Leo, per provare a rallentare la caduta e semplificare il lavoro di Jason allargò le braccia e le gambe, e la sua velocità all'improvviso rallentò in maniera considerevole. Grazie a questo e alle continue leggere spinte di Jason, i due si avvicinarono sempre di più, fino a che non furono alla distanza che permise a Leo di allungare la mano e raggiungere quella dell'altro semidio. Il vento vorticava velocemente attorno al semidio biondo, cosa che impedì alle due mani di incontrarsi e ci vollero diversi tentativi prima che i due riuscissero ad afferrarsi.

    Il figlio di Tiche era convinto che il suo amico, nel momento in cui fosse riuscito ad afferrarlo, avrebbe fermato la caduta, o avrebbe accelerato in modo da raggiungere Festus, invece continuò a sbandare da un lato all'altro, con il veno che soffiava in tutte le direzioni e sembrava non volersi decidere a dargli una mano.

    «Jason! Dobbiamo raggiungere Festus!» urlò Leo.

    «Non riesco a controllare il vento!» ribatté il biondo, che aveva lo sguardo rosso per lo sforzo.

    All'improvviso, una forte raffica li colpì in pieno, spingendoli in un'altra direzione allontanandoli da Festus, facendoli precipitare verso un'altra direzione.

    «Festus!» gridò Leo, mentre osservava il drago schiantarsi al suolo con un boato.

    I tre mezzosangue non fermarono la caduta, e proprio quando Leo pensava che sarebbero morti, quando il terreno era ormai fin troppo vicino per i gusti del semidio, un'improvvisa folata di vento deviò la loro caduta, spingendoli di qualche metro più in alto e solo allora i tre caddero a terra, rotolando per qualche metro sul terreno innevato, sbattendo tra di loro, e Leo vide cielo e terra fondersi e il mondo farsi sempre più confuso.

    Quando finalmente tutto si fermò, Leo capì come mai, nei cartoni, mettevano le stelle sulla testa dei personaggi quando prendevano una botta in testa, perché in questo momento lui vedeva attorno a sé solo stelle ed uccelli, e il ragazzo non era proprio sicuro che le specie che vedeva in quel momento esistessero davvero.

    «Inizio a pensare che fosse il caso di portarci anche dei caschi» disse il figlio di Tiche, portandosi una mano alla testa. Quando la tirò via e la osservò, vide che le dita erano sporche di sangue. "Grandioso" pensò Leo. Provò ad alzarsi, ma il terreno sotto di lui sembrò iniziare ad inclinarsi pericolosamente da un lato e dall'altro, impedendogli di tirarsi in piedi e facendolo ricadere sulla schiena.

    «Piper, Leo, state bene?» chiese Jason, anche se la sua voce era distorta e molto più profonda. Il figlio di Tiche pensò che, probabilmente, la sua testa aveva preso una botta in testa molto più forte di quanto credesse.