Capitolo 16

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Era un caldo pomeriggio e il filosofo in erba era intento a sistemare un banale guasto della sua moto nel suo piccolo garage.

Dopo essersi passato un braccio sulla fronte ad asciugarsi il sudore, decise di fare una breve pausa prima di ricominciare.

Si sedette su delle vecchie gomme che utilizzava come se fossero una sedia e diede un'occhiata al suo smartphone.

Sullo schermo del telefono notò una chiamata proveniente da un certo "simò👊🏻" e subito si precipitò a rispondergli.

"Pronto Simò, dimme".

"Ciao Manuel, ho saputo che c'è una clinica abbandonata qui nei paraggi e volevo sapere se ti andava di andare a farci un giro... sempre che tu non abbia paura" lo punzecchiò Simone.

"Ma che paura Simò, stai a scherzà?
Possiamo annà anche subito se vòi".

"Ti andrebbe?"

"10 minuti e so' da te... cacasotto" ridacchiò staccando la chiamata, senza dunque lasciar modo all'altro di poter ribattere.

Dodici minuti più tardi Ferro era sotto casa dell'amico per partire e trentacinque minuti dopo i due erano davanti alla struttura in questione.

Scesero dalla moto e si fermarono a osservare il lungo edificio adornato da edere e altri rampicanti.
La clinica era circondata da piante che non venivano tagliate da decisamente troppo e sulle pareti campeggiavano qua e là strani simboli e scritte.

"Che roba ao" sussurrò il più grande, affascinato.

"Già, entriamo dai" propose Balestra che si stava avviando verso l'entrata quando fu fermato dall'altro che lo afferrò per un polso.

Simone si voltò e Manuel gli disse: "Damme la mano che così nun ce perdiamo".

"Lo vedi che hai paura?" ridacchiò il più alto prendendogli la mano.

"È che nun voglio essè accusato d'avè perso el perfettone che risponde ar nome de Simone Balestra, nonchè prossimo matematico de successo" ribattè ironicamente Ferro.

Simone alzò gli occhi al cielo e poi esclamò: "Guarda che io, a differenza tua, sono particolarmente onorato di essere mano nella mano al futuro e brillante filosofo Manuel Ferro".

"Ma vaffanculo Simò" rise il diretto interessato, tirando l'altro verso l'entrata.

Attraversarono diverse stanze che in passato erano adibite alla cura dei malati.
Il tutto aveva un aspetto piuttosto macabro, ma i due non si persero d'animo e proseguirono la camminata.

A un certo punto, però, Simone notò una figura in fondo a un corridoio.
Era parecchio lontana da loro, ma al più alto fece comunque raggelare il sangue nelle vene.

Non riuscì ad aprir bocca e per comunicare questa sua scoperta all'altro, che era impegnato a guardarsi intorno, decise di tirargli leggermente il braccio della mano che stringeva nella sua.

Ferrò lo guardò e con aria confusa gli domandò cosa stesse succedendo.

Balestra voltò la testa verso la creatura non identificata e il più basso ne seguì i movimenti con lo sguardo.
Non disse nulla nemmeno lui, ma strattonò l'amico per poi iniziare a correre con lui verso l'uscita.

Una volta fuori si fiondarono immediatamente sulla moto e Manuel partì di colpo.

Si fermò presso uno spazio verde non molto lontano dalla clinica per accertarsi che Simone stesse bene visto lo spavento preso.

"Che fai Manuel?" domandò curioso il passeggero.

"Scendi un attimo Simò".

L'altro ubbidì e Manuel si mise di fronte a lui.
Gli prese le mani facendogliele appoggiare alle sue spalle come a segnalargli che lui fosse lì per sostenerlo, dopodichè gli domandò se stesse bene.

Simone annuì.

"Sei sicuro?" si accertò il più grande.

"Sì - rispose abbozzando un sorriso per la premura che l'altro gli aveva riservato - e tu?" domandò infilando le mani nei suoi ricci indomabili.

"Tutto ok Simò" lo rassicurò l'altro.

Il più giovane continuò ad accarezzare la testa all'altro, cosa che sembrava farlo rilassare fino a quando non sentì un bernoccolo al tatto.

"Manu che hai fatto alla testa?" decise quindi di domandargli.

Ferro aprì gli occhi e sussurrò un: "Mh?"

"Alla testa".

"Niente..."

"Ma come- Hai tipo un bozzo... aspe fammi dare un'occhiata" disse Simone, le cui mani furono velocemente allontanate da Manuel.

"A Simò me sa che l'hai pestata te la testa, te porto a casa va..." cercò di sviare il discorso il più grande.

"Ma cosa stai dicend-" riuscì a controbattere Balestra prima di venire interrotto.

"Viè qua" disse infatti l'altro facendogli cenno di accomodarsi sulla moto.

Il più alto sbuffò e, non appena montò sul veicolo, si sentì dire "E stringime che sennò poi me cadi e te devo portà al cimitero".

"Che cretino che sei" ribattè Simone attaccandosi al busto di Ferro e appoggiando il mento sulla sua spalla.

Soprav(vissuto) | SimuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora