6. Una nuova vita

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La vita dei Chung era davvero assurda, Chul aveva vinto un milione di euro alla lotteria, la famiglia rimase esterrefatta dalla notizia. Inizialmente l'uomo iniziò a spendere i soldi a vanvera, ma per la prima volta Sooyun prese in mano la situazione, lo rimproverò e gli disse di mettersi in riga, comprare nuova casa, smettere con gli alcolici e trovare un buon lavoro.

Quella montagna di soldi aveva acceso una scintilla di speranza in quei quattro cuori grigi sotto il tetto di quel palazzo, che avrebbe potuto migliorare la loro vita.

Passarono due mesi e Chul era riuscito a riprendere la patente, non aveva più tracce di alcool nel sangue, ed era pronto a trasferirsi in una zona tra Padova e Treviso con tutta la famiglia.

Aveva comprato una casa molto ricca, o almeno, molto ricca per i loro standard, aveva promesso a se stesso che sarebbe cambiato, e sembrava davvero un uomo per bene, ma gli schiaffi verso gli altri membri della famiglia c'erano sempre.

L'unica cosa che fece piangere il cuore a Pietro fu lasciare Daniele e Jacopo, a loro aveva dato tutto, dicevano che si sarebbero rivisti prima o poi, ma sapevano bene tutti che la distanza avrebbe schiacciato i rapporti.

Aveva già concluso la seconda superiore quando si trasferì in Veneto, frequentava il liceo scientifico e rimaneva sempre il primo della classe.

Sooyun impose un'attività a Pietro, per inserirlo meglio nella scuola partendo dall'estate: era un progetto che comprendeva più scuole della provincia, svolta durante tutto il periodo estivo, un'attività conoscitiva. Potevano scegliere tra attività artistiche, teatrali, sportive o musicali...sempre lasciando libera scelta allo studente.
Pietro non era d'accordo, ma dovette assecondare la madre.

Guardava fuori dal finestrino con lo sguardo assonnato e svogliato, odiava il pensiero di stare con i suoi coetanei, e ancora di più quello di stare con ragazzi più grandi, temeva che fossero antipatici, che si sentissero superiori, nonostante quello era un atteggiamento che assumeva lui per contrastare le sue paure.

Scese dall'auto sbattendo con violenza la portella e salutando la madre di sfuggita.
C'era un piazzale enorme, un sacco di gente, parlavano e scherzavano.

-Buongiorno ragazzi, benvenuti, io sono Mary, l'organizzatrice di questo campo, sono felice di vedervi così numerosi, molti ragazzi più grandi sono qui da un mese e vi aspettano. Riguardo i dettagli tecnici lui è Maurizio responsabile dei club e infine lì infondo c'è il tabellone con assegnate le stanze, spero facciate nuove conoscenze e che vi divertiate.-

Il sole batteva cocente sull'asfalto, Pietro copriva i suoi occhi con la mano dalla luce, si incamminò verso le scale sapendo che la stanza era la numero quarantasette.
Era enorme la struttura, con uno stile architettonico che ricordava l'età neoclassica, colonne di marmo ed enormi bifore.

Mentre saliva le scale le ragazze lo guardavano, lo seguivano con lo sguardo, ma nessuna avrebbe mai avuto il coraggio di parlargli.
Pietro era molto carino effettivamente, la pelle marmorea, perfetta, gli occhi asiatici non troppo allungati, il naso piccolo che puntava verso l'alto e le labbra carnose e rosee. I suoi capelli erano castani, ma non troppo scuri, quasi ricci. Era mediamente alto, magro, ma non troppo, aveva un bel fisico, e sì, aveva un bellissimo sorriso, con i denti perfettamente allineati, che però, non mostrava mai.

Appena entrò nella stanza roteò gli occhi vedendo che c'erano già tre ragazzi all'interno, camminò fino al suo letto dove si butto violentemente a pancia in giù. Gli altri non sembravano altezzosi, lo guardavano perplessi mentre Pietro dormiva ancora con le scarpe addosso.

Le camere erano molto diverse dal resto dell'edificio, spoglie e bianche con finestre enormi e moderne.

I ragazzi che c'erano lì erano:
-Dylan: muscoloso, rasato a zero, americano, il più grande e maturo;
-Aidan: anche lui americano, capelli scuri e occhi verdi, con una sola fossetta in una guancia. Era alto, molto magro;
-Pola: non era il sul vero nome, ma aveva un nome impronunciabile quindi lo chiamavano tutti così dato che era polacco. Mediamente alto, capelli lisci di media lunghezza, biondo cenere, viso dolce e molto magro.

Dopo qualche ora Pietro si svegliò, gli altri gli si presentarono e chiesero lui di che anno fosse. Pietro li guardò con due fessure al posto degli occhi e a basso tono rispose:
-Sono Pietro, devo andare in terza.-
Dylan stava per porgli un'altra domanda quando qualcuno bussò alla porta.

-Avanti.- Disse Aidan.

Capitolo piuttosto noioso, con pochi dialoghi, scusate se mi dilungo un po' troppo, ma voglio rendere bene l'idea di ciò che racconto!

Sentimenti Blu  ||  Gay StoryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora