Capitolo 3

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"Ognuno di voi è una combinazione magica che non si ripeterà mai più; e a me
non interessa chi siate, o quanto vi sentiate euforici o depressi. Ognuno di voi è
qualcosa di unico, di speciale. Vorrei che potessimo dir questo ai bambini, molto
presto, perché non debbano impiegare tutta una vita per scoprirlo!"
Leo Buscaglia



«Signorina, è stato veramente un ottimo esame. Io direi che un 28 sia sufficiente. Buona giornata» l'uomo di mezza età sorrise, spingendo verso di me la mia carta d'identità prima d'invitarmi, con un gesto della mano, ad uscire dall'aula.

Era il 24 luglio e le aule dell'università erano, ancora, gremite di studenti ansiosi. La sessione era, ormai, finita e, finalmente, potevo ritornare a vivere.

Trattenni il fiato fino a quando l'edificio del "Dipartimento di giurisprudenza "non fosse stato abbastanza lontano da non potermi più risucchiare nel suo vortice.

Quel sistema di pressioni e competizioni, almeno, per qualche settimana non avrebbe accompagnato ogni mio singolo risveglio. Nessun libro si sarebbe intromesso tra me e Himeros.

Himeros era una piccola isola che distava un ora e mezza da Storge, un piccolo angolo di paradiso giovanile. Da generazioni, la mia famiglia possedeva una vistosa viletta a tre piani nel cuore dell'oasi, racchiusa tra la fitta vegetazione. Non c'era estate in cui non facessimo tappa fissa lì, non c'era estate senza sorseggiare succo di frutta sotto al gazebo, non c'era estate senza corse per raggiungere per primi il mare, non c'era estate senza quelle persone che consideravo casa, ovunque mi trovassi.

«Com'era il detto? Rossa di capelli e golosa di?» una mustang nera del '65 accostò sulla mia sinistra.

«Vale anche per quelle tinte?» ammiccai, gettando lo zaino nei sedili posteriori e sistemandomi al lato passeggero.

«Soprattutto per quelle finte» sbeffeggiò Dalia, sistemandosi gli occhiali da sole.

«Allora, quando ti decidi a cambiare colore, amore mio? Questo nero non rende giustizia alla tua più grande passione» gli strizzai la guancia «Come mai sei qui?»

«Potevo mai lasciarti prendere quegli squallidi mezzi pubblici per ritornare a casa? La morte dei nonni non deve essere vana» accarezzò il volante come se fosse il suo gatto.

La mia migliore amica non aveva mai conosciuto i suoi nonni, entrambi morirono a distanza di pochi mesi a causa delle forti esalazioni di gas, ma in compenso lasciarono alla nipote non, ancora, nata un vero gioiellino per gli appassionati di automobili.

«Grazie nonni!» urlammo ad usignolo con le mani al vento, alzando, più del limite consentito, il volume dello stereo.

Con lei, la mia vita era, notevolmente, più semplice. Potevamo passare l'intera giornata appollaiate sul letto, ma sarebbe stata, comunque, memorabile in qualche modo. Tutto quello che facevo con Dalia era degno di esser ricordato perché era capace di darmi, nel suo mondo, momenti indelebili.

Credo che immaginarmi un futuro senza le sue occhiatacce equivarrebbe a vivere in una realtà sbiadita. Sebbene, vestisse di nero, riusciva a far brillare la mia anima come mai prima.

«Dove stiamo andando?» mi voltai verso di lei, accigliata per lo scorrere di cartelli stradali a me sconosciuti.

Non rispose e continuò il suo tragitto indisturbata verso un ampio vialone colmo di vilette a schiera.

Parcheggiò e con l'agilità di un felino saltò fuori dall'auto, non disturbandosi, neanche, di aprire la portiera. Troppe azioni per una persona così pigra.

«E' il tuo ultimo giorno a Storge e credevi di andartene senza salutarci?» dalla porta d'ingresso sbucarono quattro teste familiari.

«Credevo di farla franca, vero?» mi strinse Evie, coprendo la mia visuale.

«La signorina deve imparare le buone maniere» si aggiunse Selene.

«'Sta scostumata!» esclamarono le sorelle Evans per poi aggiungersi a quella soffocante poltiglia di corpi.

In quelle situazione era palpabile, effettivamente, quanto la nostra differenza d'altezza fosse evidente, rendendoci, per l'ennesima volta, un gruppo bizzarro.

«Ragazze, se non mi mollate potrei morire per asfissia» bofonchiai tra uno spiraglio d'aria e un altro.

Il gruppo si sciolse, lasciando riempire nuovamente i polmoni.

«Sto bene!» affermai, trascinando, con il palmo, i capelli che si erano appiccicati al viso «Non mi dite che stiamo occupando illegalmente questa casa. Non so se potrei scagionarvi»

«I miei zii sono partiti per una settimana e, in cambio di soldi, devo starmene seduta su quel comodissimo divano ad accudire Ronnie, il loro cane» pensavo di non poter mai avere l'occasione di vedere Evie interagire con un animale.

«Sei proprio disperata per accettare una cosa del genere» scossi la testa incredula.

«Molto disperata. Dai, entriamo, Ronnie sarà felice di vedere altre facce, oltre la mia»

Dalia mi spronò dalle spalle ad allungare il passo, così avrebbe potuto fare amicizia con quella piccola palla di pelo scodinzolante che attendeva eccitato il nostro ingresso.

Riunioni del genere non erano delle novità. Infatti,trascorrevamo spesso i nostri weekend nella tavernetta di Ellen, che in un batter d'occhio si trasformò nel nostro "quartier generale". Lì, lontano dagli occhi indiscreti, potevamo dar sfogo alla nostra più totale fantasia.

Fin dall'infanzia, tutto quello che non rientrava nel nostro concetto di "normalità" ci spaventava. Ci veniva inculcato un canone di comportamento in modo tale d'apparire secondo quello che, in ambito giuridico, viene definito "buon costume". Quest'ultimo è inteso come il comune sentire di un data comunità in un dato momento storico. Pertanto, noi dovevamo apparire come la perfetta personificazione di tutto ciò che può essere accostato alla calma, al riserbo, alla diligenza e ad un pizzico di raziocino. Ma qual è la differenza tra un uomo ed un infante? In queste situazioni, seppur la paura dilagava,il secondo non frenava l'agognante desiderio di conoscenza. Così, gettandosi a capofitto in quello che pareva esse un innocua avventura, si apprendeva l'arte della vita.

Allo stesso modo feci per tutte quelle scelte che mi avevano portato ad accovacciarmi su di un parquet, circondata da quelle che, per sempre, saranno l'ingranaggio che mette in moto il mio sorriso.

Non sarà mai possibile avvistare un amore così puro e genuino in un qualsiasi altro legame. Non puoi scegliere la famiglia con cui crescerai, ma quella con cui vorresti trascorre il resto della tua mortalità, si!.

Famiglia è casa e casa è ovunque siano le tue persone.

«A noi, alla nostra amicizia e a tutto quello che verrà» con fermezza sollevai il calice di vino, rovesciandone un po'.

«A noi!» le superfici di vetro si scontrarono.

Il frastuono si mescolò alle nostre melodiose risate.

Se mai avessi pensato a Storge in quel mese, era solo per loro.

The way I loved YouDove le storie prendono vita. Scoprilo ora