"La gente ha cicatrici in tanti posti impensabili. Sono mappe segrete delle storie personali, diagrammi di tutte le vecchie ferite. La maggior parte delle nostre ferite guarisce, lasciando solo cicatrici, ma alcune non guariscono. Certe ferite le portiamo con noi ovunque, e anche se si sono rimarginate da tempo, il dolore resta"
- Greys Anatomy«A chi arriva prima?» domandai già in posizione.
«Se vinco io, devi sparecchiare al posto mio per una settimana» propose Mason, posizionandosi sulla stessa linea di partenza.
«Se vinco io, lo farai tu al posto mio» sogghignai, consapevole che pur non essendo la persona più agile del mondo, lo ero sicuramente più di mio fratello.
«Affare fatto. Pronta? Al mio tre»
Annuii semplicemente, tenendo lo sguardo ben fermo, come il resto del corpo, verso il mare.
«Uno...» partì, senza terminare il conto allo rovescia.
«Stronzo che non sei altro, dovevamo partire al tre»
«Sei tu la stupida che mi hai creduto» urlò non voltandosi mai indietro.
Strinsi i denti e velocizzai il passo. Nonostante l'iniziale farsa, toccammo entrambi l'acqua nello stesso momento
«Alla faccia tua» gli bagnai ulteriormente il corpo con degli schizzi.
«Ogni anno siete sempre gli stessi. Non crescerete mai?» papà scosse la testa accavallando le gambe.
«Mai!» esclamammo all'unisono, cominciando la nostra battaglia.
«Sean, sono ancora dei bambini. Falli divertire, non fare sempre il vecchio burbero» lo rimproverò nonna Grace, spalmandosi della crema solare sulle braccia.
Il sole picchiava forte quella giornata.
«Per una volta concordo con mia madre. Sean questi 40 anni te li porti male» scherzò mamma col volto coperto dal capello di paglia per non arrossarsi.
«Papà non fare il cattivo» minacciò Desy con la paletta per poi ritornare a fare formine di sabbia con Anthony.
Io e Mason, stufi, ci lasciammo andare alle onde, che leggere si muovevano sotto di noi.
La quiete dominava quella piccola spiaggia, che generazioni di Ellis (cognome di mia madre) e di Garey credevano propria. I miei genitori erano i discendenti di due tra tante famiglie che illo tempore occuparono il tormentato arcipelago. . Ed era proprio su quell'appezzamento di sabbia, sconosciuto sia ai navigatori che alle cartine, che gli adolescenti Sean e Rose s'incontrarono.
La storia di come sbocciò il loro eterno amore, io ed i miei fratelli la conoscevamo a memoria, dato che quasi sempre la spolveravamo come se fosse un relitto prezioso.
Dalla mia nascita, questa era la ventesima estate nel cuore degli eccessi e del divertimento. Se ne avessero avuto la possibilità, giovani di tutto il paese sarebbero stati disposti a barattare la loro anima col diavolo, pur di trascorre una notte nell'isola che non dorme mai. Girava voce che una volta entrati nelle taverne di Dioniso, quasi come se fossero eroina, se ne usciva dipendenti. Il piacere sfrenato scorreva endovena, rilasciando morfina, che nel giro di pochi secondi ti rendeva schiavo di quel mondo.
Fino ad all'ora, quel lato di Himeros mi era sempre stato sconosciuto. Nonostante, avessi trascorso la mia intera vita lì, non avevo mai avuto un gruppo di amici estivo a parte la mia famiglia. Quindi, tutto ciò che accadeva dopo la mezzanotte nel nero pece era un mistero.
«Ehilà gente» una voce squillante emerse dai cespugli.
«Non ci credo» spalancai la bocca dallo stupore, trascinandomi fuori dalla riva «Voi? Qui?»
«Tutto merito dei signori Garey!» Juliet, insieme alle altre, appoggiarono le borse sui teli, già stesi, e diedero inizio ai cori.
«Continuo a non capire» la confusione non mi permetteva di realizzare cosa stesse succedendo. Ero incredula.
Mamma si alzò dalla sdraio, si avvicinò e mi prese le mani.
«Sono stati anni di alti e bassi. Sappiamo quanto tu tenga alle tue amiche e sappiamo, anche, che sei abbastanza matura da poterti permettere una vacanza tutta per te. In fondo, mica trascorrerai tutte le estati con noi?» prese fiato «Staremo per qualche settimana fuori. Abbiamo prenotato mesi fa una vacanza all'estero»
«Dalia ci ha dato lo spunto» puntualizzò papà, spuntando dietro la figura di nonna.
«Quindi, volete dirmi che per mesi mi avete tenuto allo scuro di tutto?» uscì con un tono talmente serio da far si che tutti i presenti si guardassero intimoriti.
Con titubanza Anthony rispose di sì.
«Oh mio Dio!» cominciai ad urlare e a saltellare per l'emozione «Grazie, grazie, grazie. Non potete capire quanto sia felice»
Non era un eufemismo, lo ero davvero.
«Ora perché piangi? Non ce la posso fare» Dalia si batté la mano in fronte. Non era la prima volta che assisteva ai miei fiumi di pianti. Essendo una persona particolarmente sensibile mi capitava molto spesso di farlo. Non era sicuramente una cosa di cui andavo fiera, più che un pregio, l'avevo sempre considerato un difetto.
«È un soggetto estremamente fragile» disse una donna dal camice bianco, rileggendo gli appunti accumulati dalle sedute.
I miei genitori si strinsero preoccupati sull'uscio della stanza, rivolgendomi una rapida occhiata prima di riportare l'attenzione al primario di psichiatria.
«Avrà bisogno di attenzioni particolari. Le sue condizioni ci preoccupano» dicevano «Dovrete eliminare qualsiasi fonte di stress. Direi di cominciare dalla scuola» dicevano ancora.
Tutti parlavano di me, io, invece, gli riservavo solo un arido silenzio. Le voci degli adulti facevano da sottofondo alla bolla che mi ero creata sin da piccola. L'emozioni avevano preso il sopravvento, erano esplose insieme a me. Mi strinsi alle candide coperte del mio letto d'ospedale e mi ripetevo «Iris non sei un mostro, non sei un mostro, non sei un mostro, non sei un mostro» così velocemente che ne perdevo il conto. Così come perdevo il conto, anche, delle volte che finivo al pronto soccorso per i dolori lancinanti al ventre. Persino il mio medico di base dava la colpa all'emozioni, a quelle maledette emozioni che non sapevo gestire.
Quando si è persi a causa del dolore, fisico o mentale, trovare la strada del ritorno era paragonabile allo scalare l'Evererest, arduo. Riacquisire la fiducia nelle parole dette agli altri, lo era altrettanto.
Finalmente, non ero più accecata dalla sensazione di vuoto, finalmente potevo godermi tutto il calore che mi circondava.
«Ci siamo noi qui con te, ora» Dalia abbozzò un sorriso per poi spintonarmi in mezzo a quelle che sarebbero state le mie nuove coinquiline.
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The way I loved You
RomanceFin dagli albori della civiltà, l'amore si presentò agli uomini sotto dodici vesti diverse. E se è vero che ognuno di noi ha un anima gemella sparsa per il mondo, allora, Iris ed Eros saranno destinati a stare insieme?