Capitolo 2

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"Farfalla di sogno, assomigli alla mia anima,
e assomigli alla parola malinconia"
Wislawa Szymborska

Il lato positivo dell'inizio è vivere nella totale incertezza della fine. Ti lasci, semplicemente, travolgere dalle irruenti illusioni, che in un battito di ciglia, costruiscono castelli di scenari irrealizzabili. D'improvviso, vieni colpito da quello che i medici diagnosticherebbero come "Tachicardia sinusale".

Il cuore pompa così velocemente da lasciarti col fiato sospeso.

Come un φαρμακός, l'immaginazione era antidoto e veleno per il nostro corpo e noi, dipendenti, la cercavamo in ogni dove, anche, negli spazi vuoti.

«Sei davvero bella Iris» disse Dalia, accarezzandomi la spalla mentre osservavo le nostre sagome riflesse nello specchio.

Sorrisi perché sapevo che dietro quelle parole, si celava una pura sincerità.

Dalia era un esemplare raro di quelli che non si erano mai interfacciati con la fantasia ed era tra quelli che si allontanavano, disgustati, da qualsiasi dimostrazione eclatante d'affetto. Non era particolarmente espansiva ed aveva un modo tutto suo nel dimostrare le cose. Eppure, nella sua glaciale apatia, riusciva a racimolare dal fondo, una delicatezza che riserva solo con me.

Sebbene, tra di noi ci fosse solo qualche settimana di differenza, lei si prendeva cura di me, come se fossi la sorella minore che non aveva mai avuto.

«Non so se ho più ansia nell'aspettarlo o nel vederlo» sbuffai.

Mi allontanai dallo specchio prima che la mia immagine cominciasse a prendere le sembianze di quell'orribile ammasso di Blob. Per la prima volta, avevo optato per un outfit semplice, rispetto al solito, anche se un tocco di Iris nei capelli c'era sempre.

«Mi chiedo se esista un ragazzo non ritardatario. Tra mezz'ora inizia lo spettacolo di Lucia Lacarra e quell'imbecille di Joseph è ancora a casa. Gliel'avrò ripetuto un miliardo di volte che dovevamo anticiparci! Te lo giuro che, se per colpa sua me lo perdo, gli scavo la fossa» sbraitò, attendendo che dall'altra parte del telefono, quel povero malcapitato del ragazzo, rispondesse.

«Cerca di stare tranquilla, che stasera non posso aiutarti a disfarti del corpo» risi, mentre metteva in scena il suo spettacolo dell'orrore.

Purtroppo, all'apice dell'atto finale, dove finalmente Dalia avrebbe fatto a pezzi la sua vittima, il mio telefono vibrò.

«Cazzo, è arrivato. No, ora scappo» mi avviai alla finestra, pronta a spiccare il volo.

«Dove pensi di andare deficiente» mi afferrò il lembo del top «Porta questo culo fuori di qui e questo vale anche per te, Joseph».

La tragedia continuò, ma questa volta a cadere nella trappola della vedova nera, ero io.

«Divertiti e usa i preservativi, che di certo non ho intenzione di sopportare un altro moccioso che frigna».

Dalia svanì ed io rimasi pietrificata alla vista della personificazione dell'Amore.

«Accidenti, ora, mi tocca cambiare i piani» sogghignò, facendo un tiro dalla sigaretta che aveva in mano.

«Oh, sei qui» furono le uniche parole che riuscì a pronunciare.

Eros era tensione pura, nonostante esteriormente fosse quiete. Se ne stava lì, appoggiato al muretto di casa, godendosi la nicotina scorrere nelle vene. La sua presenza fisica non aveva nulla a che fare con lo sconosciuto con cui parlavo da settimane.

Gettò il mozzicone sull'asfalto e si avviò verso l'auto, «Pensi di seguirmi o hai intenzione di rimanere lì impalata? Non credo che la tua amichetta gradirebbe se ti prendessi in braccio»

Come un forestiero che si lasciava guidare dalla propria bussola, così, io, seguii fiduciosa Eros. Automaticamente, la ragione si annebbiò, imponendomi dei comandi meccanici prestabiliti.

Apri la portiera, siediti, chiudi la portiera, allaccia la cintura ed infine guarda verso il finestrino.

Mi sentii sopraffatta ed impotente difronte all'equazione più semplice del mondo. In quel momento, il mio disperato tentativo con Dalia in terzo superiore, parve una sciocchezza.

«I walked through the door with you...» All Too Well di Taylor Swift, prorompente, riecheggiò all'interno dell'auto.

Fu così inaspettato che mi voltai di scatto verso di lui con, ancora, la bocca e gli occhi sbarrati.

«So che ami Taylor» il suo sguardo si spostò immediatamente sul volante, fece ruotare le chiavi e premette sull' acceleratore.

Il tramonto, abbracciando Storge, come una madre con il proprio figlio, emanava pace e sicurezze. L'aria calda dell'estate spostava con leggerezza qualsiasi frenesia che, interrottamente, aveva accompagnato il giorno. Lontani dal pieno centro potevi masticare la naturalezza della vita, così semplice, ingenua e calma. Storge, dall'alto, era cornice di una purezza disarmante.

«Non hai mai pensato di lasciare questa città?» domandò Eros, puntando, per la prima volta, gli occhi su di me.

Quelle immense distese d'erba mi ispezionavano il viso, avidi di trovare una insicurezza da accartocciare.

«Da quanto so, la mia famiglia ha vissuto per generazioni qui. Seppur un giorno dovessi andarmene, Storge, rimarrebbe sempre la mia casa» lo raggiunsi timidamente col capo chino.

«Psyché, non lo sai che è mal educazione non guardare le persone quando ti stanno parlando?»

«Phyché?»

«Sono farfalle quelle?» allungò una mano verso la ciocca di capelli su cui, precedentemente, avevo intrecciato il mio fermaglio.

Involontariamente, a tali parole, feci lo stesso anch'io.

«Farfalla di sogno, assomigli alla mia anima, e assomigli alla parola malinconia» recitò « Sei così presa da quello che ti circonda, mia Psyché, che non riesci a vedere le tue ali e capire quanto siano belle. Sei luce ed oscurità, però bisogna capire quale delle due vincerà» continuò, accarezzando con grazia le mie dita, prima di allontanarsi brutalmente. Afferrò il pacco di sigarette nella tasca destra e ne estrasse una.

«Luce ed ombra possono convivere» ribattei.

«Non nelle persone. O siamo l'uno o siamo l'altro, non c'è via di mezzo» espirò il fumo verso la mia direzione.

«E tu, Eros Reyes? Cosa sei?»

«Io sono passione» si avvicinò «Irrazionalità» ancora un altro passo «follia».

I nostri nasi si scontrarono ed aspirai la sua stessa aria come se fosse un inalatore.

«Attenta Psyché, la notte non porta nulla di buono. Sei sicura di volerla rincorrere?».

Oramai, i tratti dei nostri volti erano perfettamente allineati, quasi s'incastonavano tra di loro, come se fossero stati forgiati dallo stesso fabbro.

«Anche nell'oscurità, una luce può sempre comparire» sostenni la sfida, contraendo la mascella.

«Il problema è cosa accadrebbe se il buio incontrasse un suo simile. Saremmo capaci di dare uno spettacolo degno di quello della Supernova?» sorrise, lasciando uno sguardo fugace alle mie labbra.

Ritornò a fumare, restituendomi lo spazio che mi aveva furtivamente rubato e l'aria cominciò a circolare autonomamente.

«L'isola di Himeros, ci darà delle risposte, ma solo se avrai il coraggio di metterti in gioco. Fin dove sei disposta a spingerti?»

Effettivamente, conoscendomi, non sarei mai stata capace di affrontare le mie paure, ma quando in ballo c'era una sfida, l'orgoglio era l'unico sentimento a prevalere.

L'audacia ci porta a prendere decisioni affrettate, insensate e fuori dalla nostra portata, per il semplice gusto della provocazione.

«Quanto, invece, riuscirai a resistere prima che la mia luce ti accechi?» ritornai a perdermi tra gli edifici di Storge mentre Eros consumava ogni piccolo nostro silenzio.

Agosto a Himeros non sarebbe stato come gli altri anni, l'Amore aveva deciso di bussare alla porta.

The way I loved YouDove le storie prendono vita. Scoprilo ora