Capitolo 11. The Entertainer - Scott Joplin

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"È abbastanza umiliante."

"No, perché?" chiesi, legandomi i capelli e fermandoli con la penna mangiucchiata che avevo nella mia borsa.

"Ma come perché? Cioè, tu pubblichi una raffica di foto profilo al giorno, sempre con questa bocca a culo. Super truccata, manco ti pagassero, e poi per cosa? Per i like dei morti di figa che zoomano sulle tue tette appositamente gonfiate dentro il push up?"

"Ha un bellissimo viso."

"Ma è finta. Un po' too much."

Osservai Emma scuotere la testa, e dopo poco annuire per dare forza alle sue affermazioni. Ce l'aveva con lei, Sabrina. Una ragazza che le piaceva. Una ragazza decisamente etero, aggiungerei. Manco la guardava, a Emma.

Emma, che continuava a stalkerarla e a commentare ogni singola foto che questa ragazza pubblicava sul suo profilo.

Mi ero affacciata al suo studio di estetica poco prima della chiusura per la pausa pranzo, e l'avevo osservata dal vetro della porta di ingresso, mentre batteva l'ultimo scontrino della mattinata. Sorridente, amichevole, ammaliante, come le brave titolari e imprenditrici sanno essere. Chissà cosa pronunciavano le sue labbra rosse che si muovevano, suadenti, verso la signora davanti a lei. Non appena l'ultima cliente aveva varcato la soglia per uscire soddisfatta dal suo centro estetico, l'espressione di Emma si era trasfigurata nel giro di un nano secondo, divenendo un demone, con artigli e fuoco alle spalle annessi. Mi aveva guardato, come si fa con un insetto fastidioso, e mi era subito venuta incontro.

"Devo dirti due cose: la prima, è che devi spostare la tua bici dalla soglia sennò le clienti non capiscono da dove entrare." Mi sventolò le mani contro il viso mentre cercavo di schivarle: "Sì, lo so, sono tonte e non ci arrivano, poverine. Inoltre, è esteticamente brutta questa bici, soprattutto davanti al mio studio." La indicò, come si fa quando vuoi evitare di sfiorare un gatto randagio con le pulci.

"Ok." Le risposi, remissiva: "qual è l'altra cosa?"

"L'altra cosa è: invece di prendere una triste insalata di riso al Green and Go, perché invece non ci facciamo una spaghettata di vongole al ristorantino qui all'angolo? Ps: così siamo giustificate a bere il vino?"

Quindi pranzo al ristorante, oggi, con Emma. Avevo patito questa storia per mesi. Sabrina non era interessata, mi veniva il dubbio che forse non sapeva nemmeno che esistesse, Emma. Forse per Sabrina non esistevano proprio, le altre donne. La osservai nella foto del display, scorrendo sulle immagini che aveva pubblicato. Questa ragazza ostentava il suo fisico perfetto da ogni angolatura possibile: culo sodo, tette belle e rotonde fasciate da mini-canotte, vita sottilissima, sguardo serio e leggermente imbronciato, ciglia lunghissime (finte) e affascinanti. Che cosa la spingeva a pubblicare ossessivamente queste foto? La pagavano? No. Aveva bisogno di lavorare? No. Cercava delle scopate? Probabile.

Emma non si dava pace. Per lei era strettamente necessario possedere quel corpo, e non poterlo avere così facilmente la dilaniava dentro. Come un virus che ti mangia tutti gli organi vitali, lentamente e dolorosamente. Pensai, distrattamente, mentre mi versavo un altro bicchiere di vino, che fosse semplicemente un altro anello da aggiungere alla sua catena di conquiste fatte ed archiviate. Ma non glielo ricordai. Sperai solo che, stavolta, si mettesse l'animo in pace e abbandonasse l'idea di convertire la povera Sabrina ai piaceri del sesso lesbico.

"Potresti, che ne so, chiederle di vedersi? Almeno tagli la testa al toro e vedi come reagisce." Buttai lì, afferrando l'ultima vongola rimasta nel piatto di Emma con le dita, prima che lei se ne accorgesse.

"Ci ho pensato, sai? Ci ho seriamente pensato, Emi. Ma ho deciso che voglio soffrire ancora un po'."

"Vuoi soffrire ancora un po'?"

Emilia Koll - Il velo sul visoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora