Capitolo 27. Rise - Eddie Vedder

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Stesi i piedi lungo la branda sotto il porticato, prendendo l'aria fresca che veniva dal mare. Osservavo il giardino, socchiudendo l'occhio destro quando mi avvicinavo la sigaretta alla bocca: davanti a me c'era un'esplosione di colori, di begonie e oleandri, e sulla destra una fila ordinata di grandi vasi di lavanda, che a detta di Teresa tenevano lontane le zanzare e altri ospiti indesiderati. La cassa bluetooth stava trasmettendo una chiacchierata dei due vj, in una pausa tra un pezzo e un altro. Mi assopii leggermente, grattandomi la testa. I piccoli riccioli schiacciati dalla garza stavano prendendo pieghe inaspettate, ancora più assurde di quanto mi ricordassi. Provai a tirarmi quelle ciocche corte per lisciarle sopra l'orecchio destro, per testare quanto tempo ancora ci sarebbe voluto perché arrivassero a coprire tutta la parte sotto al collo. La sinistra ci avrebbe messo un pochino di più. Avvicinai lentamente, con gli occhi chiusi, la mano al lato sinistro, cercando il padiglione scomparso dell'orecchio, trovando il vuoto intorno e la pelle indurita sotto il cerotto che aveva sostituito la garza. Ci spinsi sopra la mano, formando una conca, chiudendo quel lato su di me come se stessi tenendo in mano una conchiglia per ascoltare il rumore del mare.

Decisi di mettermi seduta ai bordi del lettino prendisole, per risistemarmi la sciarpa azzurra di Dino sulla testa, come un turbante.

"Tè al limone?" Teresa uscì sul porticato, venendomi incontro con due bicchieri trasparenti di tè ghiacciato, strusciando le ciabatte di gomma sulle assi di legno. Il pareo che le copriva le belle gambe abbronzate era annodato attorno ai fianchi larghi e robusti.

"Grazie, Teresa." Tenni stretto a me il bicchiere con entrambe le mani, poggiandomelo contro la maglietta, contro il mio corpo leggermente accaldato, sentendo i cubetti di ghiaccio tintinnare e goccioline di acqua fresca colarmi sul petto.

Alex e Melanie avevano portato Giò al mare, e papà si era unito volentieri per dare una mano. Teresa aveva deciso di restare con me per farmi compagnia. Così per tutta la mattina ci eravamo stese sotto il sole come due lucertole, lei con il suo costume intero nero con stampe floreali rosse, io in reggiseno e pantaloncini arrotolati all'insu, sciarpa di Dino a coprire l'intera faccia, per non ustionarmi. Ora le mie gambe erano decisamente arrossate, come due gamberetti rosolati in padella. Stirai i piedi sul pavimento in legno, cercando un po' quell'ombra che ci stava avvolgendo, nell'ora tarda del pomeriggio.

Mi ero sentita bene, quel giorno al sole.

Poi il messaggio di Dino:

Lo sai che giorno è oggi?

Continuava a farlo. Voleva sorprendermi, rendermi felice, strapparmi un sorriso. Sapevo quanto fosse difficile, continuare la propria vita come se nulla fosse. Si doveva avere una corazza forte per lasciarsi scivolare tutto addosso. E né io né lui ce l'avevamo. Non l'avevamo mai avuta. Osservai il display, con Dino tornato offline. Non saprei spiegarlo, ma nonostante ci mettesse tutto l'impegno, io continuavo a provare ansia ogni volta che lo sentivo arrivare. Mi mancava il respiro, sentivo crescere i brividi lungo la schiena, sentivo il dolore della cicatrice sulla spalla diventare una fiamma viva che mi bruciava lentamente fino a consumarmi. Era questo l'amore? Era questo l'amore che consuma, come diceva Carrie? Io non ero pronta a questo nuovo dolore.

Digitai una risposta veloce:

Mercoledì

Dino tornò online, visualizzò il messaggio. Attesi la sua risposta con il fiato corto, che si contraeva ogni secondo di più.

"Tesoro, stai bene?" Teresa si avvicinò, lisciandomi la spalla ferita. Le scrollai la mano con uno scatto secco.

"Tutto bene, Teresa, grazie. Vorrei stare un po' sola, adesso."

"Va bene, torno di là a stendermi un po' sul letto, così finisco il libro che mi avevi prestato. Se hai bisogno..."

Il suono del telefono ci fece voltare entrambe sul mio schermo:

Emilia Koll - Il velo sul visoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora