Sta pregando, china e fronte a terra, immedesimandosi nella polvere che vela vecchie carabattole sugli scaffali, nel pulviscolo che volteggia nelle lame di luce. Candele fioche punteggiano la cappella, altrimenti sprofondata nelle tenebre, d'un arcipelago di puntini luminosi.
Lucciole, le paragona Chiara. Come quella notte di tanti anni fa.
L'urlo di Francesco infrange la contemplazione, un coltello che squarcia la membrana del suo raccoglimento.
Chiara non è l'unica a scattare al suo richiamo. Le sue consorelle - Benvenuta e Pacifica forse, accompagnate da altre, non le identifica bene tra ombre e luci - si mobilitano a frotte di sai e veli alla capannina di frasche.
Non osano entrare, attendono lei. Ma l'urlo continua, spezzato dai singhiozzi, rantoli, altalenante e doloroso. A un suono disarticolato segue un nome, un'invocazione.
Il suo.
«Chiara! Chiara!»
La chiama. La vuole. Un bambino disperato che cerca la mamma. Chiara striscia all'interno, l'oscurità trafitta dalla candela che si è portata. Francesco è un ammasso lamentoso, una prominenza di pelli ruvide e coperte che si gira e rigira e contorce.
Ricaccia a forza un urlo giù per la gola.
Sangue. Ovunque. Fresco e rosseggiante, imbrattante la paglia, le coperte, l'erba. La candela ne intensifica il colore. Sangue che sgorga dalle ferite aperte, le bende zuppe. Sui palmi, sui piedi, sul costato. Il saio ne è fradicio.
«F-Francesco...»
Miracoloso che non perda i sensi, spiritato e cadaverico. Al bagliore della candela è spaventoso, gli occhi gonfi e irritati dalle lacrime.
Quelle ferite. Il loro segreto. Non rivelarlo ti prego, non dovrà mai saperlo nessuno tranne te e pochi altri finché sarò in vita. Il timbro vivente dell'Amore. Chiara ha giurato, non lo dirà mai a nessuno. Angelo lo stesso. Ma tutto questo sangue...
Chiede pezze pulite, acqua e un cambio per Francesco, precisando perentoria che nessuno dovrà avvicinarsi alla capanna finché lei non sarà uscita. Si avvicina lenta quando riceve quanto richiesto. Devota, atterrita.
Le ferite estreme, il dolore e l'amore suggellati sul corpo martoriato di Francesco. Chi è lei per toccarle? Per curarle e fasciarle e intingere palle di tessuto nella carne angariata di un uomo che ha patito la passione di Cristo? Solo un'allieva, una timida, ignorante allieva. Lui il suo Maestro.
Nessuno. È nessuno.
Controlla le lacrime, lotta contro il pianto incombente. Non riavranno mai più quei giorni felici, non in questa vita. Appartengono a un tempo morto, al relitto di una nave affondata.
«A n-n-nessuno...» Francesco è debolmente aggrappato al filo della lucidità. «R-Ricorda... a ness-nessuno...»
«A nessuno.» rinnova la sua promessa Chiara, fasciando il grumoso chiodo di carne, un'escrescenza rappresa. Tutto ciò che venera, che ama, parla attraverso quei segni. «Ti andrebbe di raccontarmelo ancora una volta?»
Le parole di Francesco si dipanano limpide, un ruscello scorrente e dilaniante la terra. Chiara se lo accoglie in grembo, la nuca sul guanciale delle ginocchia. Abbassa le palpebre e immagina, rievoca.
Rievoca le foglie avvizzite e ardenti d'autunno, l'impervia scalata di Francesco sul monte della Verna, scuro e folto di boschi, una bestia irsuta in agguato in mezzo alla valle. Venuto a commemorare la festa di San Michele, Principe delle Milizie Celesti.
Rievoca il Sasso Spicco, la roccia in bilico sopra la gola che spacca in due un pezzo di montagna. Il brusio della natura, il suo respiro e affanno segreto nel cuore della foresta. Rievoca Francesco in perenne, implorante preghiera su quel Sasso, supplicante al Signore di palesarsi, di irrompere a inondare di luce e gioia la sua angustiante, terribile notte della Fede.
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Il canto del sole e della luna
Historical FictionFrancesco d'Assisi Santo amatissimo. Eccentrico sognatore. Portentoso poeta. Un nome intrinseco nei cuori di molti. Un mio tributo a questo grande, piccolo uomo che mi è caro da anni